"Siamo io e te, ma'". Per Riccardino, protagonista de Il mio compleanno, esordio al lungometraggio di Christian Filippi, non c'è altro desiderio che vivere con sua madre Antonella. La stessa dalla quale quattro anni prima è stato separato dai servizi sociali perché il disturbo bipolare di cui soffre non le permetteva di esserci come doveva per suo figlio. Un arco di tempo lungo in cui i due si sono potuti vedere solo una manciata di volte. Ma ora che il ragazzo sta per compiere 18 anni tutto - nella sua testa, nel suo cuore e nelle sue intenzioni - è destinato a cambiare.
Un mix equilibrato di scrittura, regia e interpretazioni

Scritto dal regista insieme ad Anita Otto, Il mio compleanno rientra a pieno titolo tra le migliori opere prime prodotte dal nostro cinema negli ultimi anni. Un'opera sincera, struggente, tenera, ironica, dolorosa. Un progetto sviluppato e prodotto nell'ambito della dodicesima edizione della Biennale College Cinema della Mostra del Cinema di Venezia che dimostra quanto il talento con il supporto necessario possano realizzare ottimi film.
A dare vita al protagonista ci pensa l'interpretazione strepitosa di Zackari Delmas. Un giovane attore magnetico che ci cattura fin dalla prima inquadratura in cui lo troviamo sul tetto della casa-famiglia da cui minaccia di buttarsi. Nonostante la sua educatrice Simona (l'ottima Giulia Galassi) speri per lui un futuro in quella struttura, Riccardino vuole solo ricongiungersi con sua madre (una sempre bravissima Silvia D'Amico), e per farlo arriva a scappare con lei ambendo ad una quotidianità familiare che gli era stata negata. Ma spesso quello che immaginiamo ha un esito profondamente diverso nella realtà e bisogna fare i conti con variabili non programmate.

Sebbene il film affronti tematiche non nuove, la sua riuscita sta tutta in un mix equilibrato di scrittura, regia e interpretazioni. Diviso narrativamente in due - con la prima parte all'interno della casa-famiglia e la seconda nel viaggio/fuga di Riccardino e sua madre - Il mio compleanno vede la sua genesi in un laboratorio di scrittura tenuto da Filippi proprio nelle case famiglia di Roma nel 2018. Un'esperienza diventata la base per la sceneggiatura grazie all'incontro con i ragazzi, i tutor e gli assistenti sociali delle strutture. Un approccio che ricorda quello di Dario Albertini in Manuel anche solo per il realismo che contraddistingue entrambi i film.
Lontano dai cliché

Girato in un formato 4:3, scelto per enfatizzare un senso di intimità quanto la costrizione nella quale si sente imprigionato il protagonista nella realtà protettrice ma limitante della comunità, il film ci mostra una piccola porzione di mondo. Quella di chi cresce ai margini, di chi - giovanissimo - non ha a guidarlo gli insegnamenti, l'amore e le regole dei genitori.
È un film drammatico Il mio compleanno, eppure Filippi lo infonde di ironia grazie all'attitudine di Riccardino così come a quella degli altri ragazzi con i quali si è ritrovato a vivere. Tutti a mascherare con un modo di fare un po' spavaldo il dolore che hanno dentro.
Altro punto a favore del film è la capacità dalla quale Christian Filippi si sottrae da facili cliché. Sebbene il protagonista e sua madre appartengano al mondo della periferia romana, Il mio compleanno non indugia in un racconto visivamente e narrativamente abusato da tanto altro cinema. Stessa cosa per quanto riguarda la rappresentazione della malattia mentale. Un debutto validissimo su una crescita emotiva capace di raccontare anche uno spaccato di società spesso lasciato nell'ombra. Quello che imparerà Riccardino compiendo 18 anni - e pagando emotivamente a caro prezzo l'essere diventato "adulto" - è ad affrontare il futuro. Un passo alla volta.
Conclusioni
Il mio compleanno, l'esordio cinematografico di Christian Filippi è un'opera prima di notevole valore, capace di toccare corde profonde attraverso la storia di Riccardino e il suo desiderio di ricongiungersi con la madre. Il film, nato da un reale contatto con le case famiglia romane, colpisce per la sua sincerità, l'equilibrio tra dramma e ironia, e per le interpretazioni intense, in particolare quella del protagonista Zackari Delmas. Evitando facili stereotipi e con una regia che enfatizza l'intimità, Filippi offre uno sguardo autentico su una realtà marginale e sul complesso percorso emotivo verso l'età adulta.
Perché ci piace
- Le interpretazioni del cast, in particolare quella di Zackari Delmas
- La scelta di evitare facili cliché narrativi e visivi
- L'equilibrio tra scrittura, regia e prove attoriali
- La rappresentazione della malattia mentale
- Raccontare una realtà spesso relegata ai margini
- L'uso di registri diversi
Cosa non va
- Le tematiche toccate non sono del tutto originali e potrebbero far desistere alcuni spettatori dalla visione