Il migliore dei mondi, la recensione: la rivoluzione di Maccio Capatonda e un ottimo film a 56k

La recensione de Il migliore dei mondi: Maccio Capatonda rivede il presente dove la tecnologia è ferma al 1999, tramite una notevole e intelligente commedia che fotografa la standardizzazione moderna delle emozioni. In streaming su Prime Video.

Il migliore dei mondi, la recensione: la rivoluzione di Maccio Capatonda e un ottimo film a 56k

Il migliore dei mondi è un film talmente pieno di cose, che vorremmo quasi sapere cosa sia stato lasciato fuori dal montaggio di Marco Spoletini. Del resto, abbiamo la voglia di arricchire un racconto che, ve lo garantiamo, finisce per prendere guizzi inaspettati, tra inseguimenti e mele morsicate, tra Bergman e la trippa alla romana. Da subito, ci rendiamo conto di essere davanti a qualcosa di estremamente intelligente ed estremamente pop nella sua sbalorditiva concezione. Un film citazionista, ma che non ruba mai, e anzi si struttura su di una propria linea narrativa originale, e molto riuscita.

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Maccio è Ennio Storto

Del resto, dietro i sorrisi e le risate, indotte da una comicità cristallina e, a tratti, sospesa nella sua svagata e assurda indole, Il migliore dei mondi fotografa perfettamente lo stato attuale delle cose: testa basta sullo schermo di un iPhone, rinchiudendo in compartimenti stagni una vita che ha perso la linfa della spontaneità: vivere al 40%, senza rischi, senza coraggio. Potremmo quindi definirla una commedia contemporanea e, a sua volta, post-moderna, quella diretta da Danilo Carlani, Alessio Dogana e Maccio Capatonda che, in fase di credit registico, sceglie di firmarsi con il suo vero nome, Marcello Macchia. Del resto, nella sua indole comedy, Il migliore dei mondi, disponibile in streaming su Prime Video, è il film più maturo di Maccio (e di Macchia), rafforzando una poetica comica indirizzata da una visione chiara. Ancora più chiara se il panorama in questione è di quelli riconoscibili, e a sua volta funzionali ad una nostalgia frutto del tempo sconnesso che ci troviamo a vivere.

Il migliore dei mondi, la trama: bentornato, 1999!

Il Migliore Dei Mondi Foto Di Katia Zavaglia 2
Il migliore dei mondi: Martina Gatti in una scena del film

Senza essere boomer (anzi!), Il migliore dei mondi colpisce sia per regia, sia per la scrittura. Anche perché il senso è tutto lì: non può esserci un buon film senza una buona storia. Non può esserci nessuna relazione tra il pubblico e il film che sceglie di vedere (in streaming), se il film stesso è incapace di catturare la sfuggente attenzione (uno dei temi della storia). A guardar bene, il film dei bravi Carlani, Dogana e Macchia, è il frutto diretto della distrazione attuale. Una distrazione, e una catalogazione delle emozioni. Concetto riassunto nel personaggio di Ennio Storto, tecnico informatico con un fratello scombussolato (Pietro Sermonti, una garanziaa) che vive immerso nella tecnologia. Alexa che accende la macchina del caffè, un giro su PornHub, l'ossessione per il suo smartphone, che scrolla in cerca dell'ennesimo video di gattini.

Le relazioni, per Ennio, sono il frutto della sua catalogazione: le sceglie su di una app per incontri, studiando poi le passioni delle ragazze tramite i post su Instagram. Nulla è lasciato al caso, tutto è pre-confezionato. Fino a quando si ritrova incastrato in un universo parallelo dove la tecnologia è ferma al 31 dicembre del 1999. Cercando di riparare il modem 56k di Viola (Martina Gatti, bravissima nella sua scapigliata naturalezza), eccolo in un mondo dove ci sono ancora i Nokia 3310, dove Instagram non esiste, dove i Pentium II sono il top, e dove si entra in un ristorante senza leggere prima le recensioni. Soprattutto, Ennio si ritrova in un un mondo dove la gente parla, si ascolta, si guarda negli occhi. Insomma, con le certezze ormai crollate, si ritrova catapultato nel migliore dei mondi possibili.

L'unica connessione che conta? Quella umana

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Il migliore dei mondi: Maccio Capatonda e Pietro Sermonti in una scena del film

Regia, scrittura, interpreti. Il migliore dei mondi è il cinema italiano che riesce ad essere diverso, avendo la capacità di essere trasversale nella sua struttura pop, agganciandosi poi all'iconografia di Marty McFly (Ritorno al futuro è il film preferito di Maccio) e, intanto, scoperchiando una realtà marcatamente oscura, se vista con distacco. Ennio, il protagonista, è una sorta di zombie che ha annichilito le emozioni e i sentimenti, nascondendo le proprie insicurezze dietro l'uso e l'abuso delle scorciatoie tecnologiche, al contrario di quel fratello che "non smette di credere nella rivoluzione, nonostante non ci siano più nemici comuni". Ed è forse vero: se Pietro Sermonti in feat. con Maccio Capatonda è un turbine di comicità, è notevole la sfumatura sociale e antropologica di una sceneggiatura che non punta solo a far ridere. Anzi, Il migliore dei mondi è il riflesso di una condizione sociale destrutturata e depersonalizzata, che ha perso i suoi riferimenti (anche negativi, perché no) in funzione di uno status quo da difendere inseguendo un like o un match, di conseguenza automatizzando l'empatia e l'emotività che sono implose durante il Millennium Bug.

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I sogni a 56k

Guardando in faccia la realtà di un multiverso che probabilmente rimpiangiamo peer la sua magia e i suoi sogni (in particolar modo gli over 30), Il migliore dei mondi stravolge il tempo presente immaginandolo davvero migliore, quando la lentezza era un valore e non un difetto: perché non c'è nulla di più bello che improvvisare, sbagliare, scoprire. Prendersi il tempo necessario, gustando un momento capace di durare per sempre. Dunque, nel film di e con Maccio Capatonda, che viaggia a 56k, coerente nella sua poetica, ritroviamo la vita vera; quella vita che abbiamo probabilmente accantonato, imprigionando i momenti in una foto che non rivedremo mai, per addomesticare noi stessi in funzione di un'apparente perfezione. Allora, dietro le risate, dietro l'avventura, dietro l'assurdità di un viaggio nel tempo che ci riporta nel presente, Il migliore dei mondi è un film capace di essere inaspettato nelle sue trovate, ed è la nostalgia portata al suo massimo cinematografico. È l'ebbrezza di una possibilità ritrovata che ci fa vibrare come una stampante a getto d'inchiostro. Perché l'unica connessione che conta è quella umana.

Conclusioni

Il migliore dei mondi, o di quanto Marcello Macchia alias Maccio Capatonda dimostri ancora una volta la sua intelligenza. Un film attuale, senza voler essere 'boomeroso', che rivede il 1999 come la terra dei sogni, a metà tra l'analogico e il digitale. Come scritto nella recensione, il film disponibile su Prime Video riflette sullo stato emotivo contemporaneo, rinchiuso nell'abuso di una tecnologia che ha invaso i nostri sentimenti. Invece, come capirà il protagonista, bisogna tornare a sbagliare, a sperimentare, a parlare. Grande film.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Maccio Capatonda, certezza e non più sorpresa.
  • Pietro Sermonti.
  • Il 1999.
  • Il rumore del modem 56k.
  • L'umorismo, a tratti inaspettato.
  • La sceneggiatura, a tratti inaspettata.

Cosa non va

  • Il film è pieno di cose, ma per questione di tempo non vengono approfondite.