"Questo mondo fa paura ma noi lo superiamo perché non siamo soli. Tu non sei solo. Hai me! Mi vedi? Sai tenere un segreto? È questo il metodo Kominsky"
Ci accompagnano lacrime e risate nello scrivere la recensione de Il Metodo Kominsky 3, la comedy di Chuck Lorre con Michael Douglas che torna con il canto del cigno dal 28 maggio su Netflix. Canto del cigno metaforico, meta-narrativo ma anche letterale. Questo perché fin dal suo esordio la dramedy ha voluto raccontare la terza età dei protagonisti, interpretati da Michael Douglas e Alan Arkin entrambi in stato di grazia, così come della commedia in generale e ancor più nello specifico della comicità di Lorre, che non ha smesso di lavorare - ha in cantiere B-Positive e United States of Al, già rinnovate da CBS, oltre allo spin-off di The Big Bang Theory, Young Sheldon - ma con questo show ha lasciato ai posteri il suo ultimo manifesto di poetica.
TESTAMENTO COMICO
Quello che Chuck Lorre - la mente dietro successi come Pappa e Ciccia, Due uomini e mezzo e The Big Bang Theory - è riuscito a fare con Il Metodo Kominsky, fino all'ultima inquadratura, è celebrare, criticare tra le righe e guardare al passato come al futuro di Hollywood, della complessa professione dell'attore e della situazione attuale del genere comedy, che sta morendo e lascia sempre più spazio al dramma, all'elemento sociale. Allo stesso tempo Lorre, forte dei suoi tanti anni di esperienza, sa prendersi molto in giro come autore televisivo e comico, tanto da far apparire come guest star ex protagonisti delle sue sitcom di successo, come già fatto nelle prime due stagioni. Oltre a nomi importanti della scena cinematografica mondiale, come Morgan Freeman nei panni di se stesso o Kathleen Turner che torna nei panni dell'ex moglie di Sandy e madre di Mindy, dando vita a una serie di battibecchi degni de La guerra dei Roses, film che aveva visto l'attrice recitare insieme a Douglas.
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UN FUNERALE COME PRETESTO
Nei soli sei - e pienissimi, di eventi ed emozioni - episodi che compongono la terza ed ultima stagione, il deus ex machina è ancora una volta un funerale, arrivati ad un certa età, infatti, si va più che a veglie funebri che ad altri tipi di eventi. Funerale che, come rivelato dal trailer e dalla locandina, è quello di Norman, l'agente e migliore amico di Sandy interpretato da Alan Arkin, che aveva scelto di non partecipare alla terza stagione ma la sua scelta è stata ottimamente sfruttata per dare modo a Sandy e agli altri personaggi di riflettere ancora una volta sulla propria vita e fare un bilancio, interagire fra loro e creare momenti assolutamente spassosi e anche toccanti, e infine per tornare al discorso del "testamento". Quello di cui Sandy si ritrova esecutore e che deve far rispettare cercando di fermare la brama di denaro della problematica figlia di Norman, Phoebe (Lisa Edelstein) con figlio uscito da Scientology al seguito.
IL POTERE DELL'AUTOIRONIA
D'altronde la morte è ben presente nella serie fin dal suo esordio, proprio per il discorso che facevamo sulla "comicità della terza età". Sandy Kominsky è un insegnante di recitazione, che non è mai riuscito a sfondare davvero a Hollywood, ma è rispettato e apprezzato dai suoi studenti. Dimenticate i docenti come Gene Cousineau di Barry: Michael Douglas riesce a dare una gravitas e una dolcezza uniche al personaggio, condendole di mille sfumature, di speranza verso i propri studenti. Emblematico in questo senso sarà un brillante e toccante monologo sulla morte, la scena più desiderata da un attore ma anche la più difficile da interpretare "da trattare con riverenza" come dirà Sandy. Non si tratta solo di mescolare brillantemente dramma e commedia per Lorre, ma di riuscire a inserire mille sfumature nel mezzo e lasciare un breviario agli autori che verranno su come si possa far ridere ieri, oggi e anche domani.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione de Il Metodo Kominsky 3 estasiati da quello che Chuck Lorre è riuscito a fare con questa dramedy di Netflix, capace di generare lacrime di riso tanto quanto di commozione, e aver lasciato un perfetto testamento comico e meta-narrativo sulla propria carriera, sullo scintillante mondo di Hollywood e sulla terza età come nessun altro.
Perché ci piace
- Michael Douglas è in stato di grazia e insieme agli altri interpreti dà il meglio di sé.
- Kathleen Turner e i suoi battibecchi con Douglas sono la ciliegina sulla torta.
- La scrittura di Chuck Lorre supera se stessa, soprattutto nel monologo sulla morte.
Cosa non va
- Non ci sono sbavature o parti che non vengano curate in questi ultimi sei episodi.