Il menù della felicità, la recensione: cucina e inclusività da una storia vera

Ispirato a una vicenda effettivamente accaduta a Parigi, Il menù della felicità racconta la storia del ristorante La belle étincelle, famoso perché cuochi e camerieri erano ragazzi affetti da disabilità. Su Rai1 e RaiPlay.

Un'immagine di Il menù della felicità

Philippe, un famoso chef in attesa di ottenere la sua seconda stella Michelin, ha un temperamento fuori dal comune, senza parlare poi del suo smisurato ego che lo porta spesso a interagire con difficoltà con le altre persone. Noé è invece un ragazzo affetto da autismo ma che può contare su un olfatto infallibile, che trascorre le proprie giornate a preparare panini presso un camioncino itinerante. Il destino vorrà che le loro strade si incrocino in maniera del tutto imprevedibile, cambiando per sempre le loro aspettative immediate.

Il Menu Della Felicita Una Scena Tratta Dal Film
Mélanie Doutey e Bernard Campan

Ne Il menù della felicità vengono entrambi licenziati proprio lo stesso giorno, una situazione che spinge la madre single di Noé, Virginie, a progettare un piano tanto improbabile quanto ambizioso, ovvero quello di avviare un ristorante con "qualcosa in più": la maggior parte dei suoi dipendenti infatti dovrà essere composta da adolescenti vittime di disabilità intellettive. E proprio Philippe si ritroverà suo malgrado a gestire questa crew di giovanissimi alla loro prima esperienza dietro i fornelli...

Il menù della felicità e della simpatia

Alla base vi è un'incredibile storia vera, tanto che il ristorante La belle étincelle - tale era il titolo originario francese - è stato effettivamente aperto a Parigi ottenendo sin da subito ottime recensioni da parte dei clienti. Un successo iniziale che non ha evitato rischi di chiusura, tanto da portare all'avvio di una campagna di crowdfunding e alla realizzazione di un progetto televisivo nella speranza di sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica.

Il Menu Della Felicita Un Momento Del Film
Angélique Bridoux ne Il menù della felicità

Così ha visto la luce Il menù della felicità, che arriva sui nostri schermi televisiva nella versione accorpata dei due episodi, per una durata complessiva di un'ora e mezzo. Il classico progetto ideale per la prima serata generalista, capace di unire due tematiche tanto care al grande pubblico, ovvero la cucina e una storia a base di buoni sentimenti e dai messaggi condivisibili.

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Tutti insieme appassionatamente

Il tema dell'inclusività caratterizza la vicenda all'origine, con l'incredibile impresa - ma non l'unica, tanto che esempi simili sono diffusi anche in diverse città del nostro Paese - che segue in questa forma romanzata tutte le regole guida del filone, con la ricerca di commuovere il pubblico e spingerlo a identificarsi coi personaggi principali e ad affezionarsi ai giovanissimi cuochi e camerieri che prestano servizio nel locale. Un'operazione che punta tutto o quasi sul proprio assunto, schivando di fatto qualsiasi potenziale rischio in favore di una narrazione alquanto telefonata, che non si fa mancare ovviamente la classica love-story d'ordinanza tra i due personaggi principali e una serie di situazioni corollarie alla ricerca di facili emozioni.

Questione di feeling

Il Menu Della Felicita Una Foto
I protagonisti del film

Gran parte del cast vede degli interpreti realmente affetti da patologie fisiche o psicologiche più o meno gravi, dall'autismo alla sindrome di down, mentre nei ruoli chiave troviamo volti più o meno conosciuti del panorama transalpino come Bernard Campan (Un sacchetto di biglie, Beautiful Minds), Lionnel Astier - visto recentemente nella action-comedy Gli infallibili (2024) - e soprattutto Mélanie Doutey, che in carriera vanta diverse nomination ai premi César e qui riesce a offrire un ritratto femminile sincero e battagliero di una madre alle prese con una situazione difficile. Certo chi è in cerca di produzioni originali o di uno stile personale difficilmente troverà motivi di interesse ne Il menù della felicità: tutto è infatti caratterizzato da una medietà che sa precisamente come intercettare i gusti del suo target di riferimento, lontano sia da chi è appassionato da una serialità moderna sempre più complessa e sfaccettata chi in cerca di soluzioni nuove che si distacchino dal tipico clima da fiction pensata per il piccolo schermo.

Conclusioni

Una di quelle storie che aprono il cuore, soprattutto visto il fatto che alla base vi è una storia vera: Il menù della felicità va a colpo sicuro nel raccontare, in forma romanzata, gli eventi che portarono all'apertura a Parigi del ristorante La belle étincelle, che tra i suoi dipendenti aveva dei ragazzi affetti da disabilità. Miniserie televisiva in due episodi accorpata in un film di un'ora e mezzo, questa produzione francese punta tutto sulla propria premessa, senza sforzarsi troppo per abbellire la narrazione con colpi di scena e spunti originali, limitandosi a compiacere il proprio principale target di riferimento e a non correre rischi di sorta, con buona pace di originalità e qualità.

Movieplayer.it
2.5/5

Perché ci piace

  • Una storia gradevole.
  • Cast eterogeneo e inclusivo.

Cosa non va

  • Sceneggiatura che romanza in maniera fin troppo prevedibile la vicenda alla base.
  • Emozioni facili e a buon mercato.