Un paio di passaggi della docu-serie, particolarmente significativi ed emblematici. Silvio Berlusconi, che sposta i voli in transito da e per Milano Linate verso San Felice, per non disturbare i possibili acquirenti immobiliari del complesso di Milano 2. Sempre Silvio Berlusconi, che per recuperare (e superare) le reti Rai, sposta la programmazione de I Puffi su Italia 1, piazzandoli parallelamente al fatidico telegiornale delle 13 in onda su Rai 1. Il motivo? Perché i bambini, si sa, non vogliono mangiare, e allora forse, offrire alle famiglia un cartone animato durante l'ora di pranzo, avrebbe reso più serena la tavola. Immaginerete il cataclisma quando, nel 1984, le reti Fininvest vennero buttate giù dalla magistratura, in quanto "violavano il monopolio Rai" (e qui ci sarebbe tanto da discutere). Bambini in lacrime, barricate, discese in piazza.
Ad alzare la rivoluzione, Maurizio Costanzo grazie a un grande evento che arrivò a stuzzicare l'allora capo di governo Bettino Craxi, che grazie al famoso decreto Berlusconi liberalizzò le trasmissioni. Abbiamo riassunto e stringato un avvenimento epocale, ma il lungo incipit per dire: avevamo bisogno di un altro documentario (seriale) su Berlusconi? Forse, ma sta di fatto che Il giovane Berlusconi di Simone Manetti, arrivato su Netflix in tre puntata da cinquanta minuti, raccoglie uno spaccato sul Cavaliere ben poco inedito, ma comunque interessato e interessante. Il motivo? Semplice, nel bene e nel male, partendo dal 1974 e finendo con l'ingresso in politica "Questo è il paese che amo...", quello messa in moto da Manetti è un caleidoscopio di interviste, filmati d'epoca, digressioni che vanno a ri-comporre vent'anni di storia italiana.
Milano, Mike Bongiorno, Mediaset e la pubblicità
Dall'altra parte, la nostra recensione de Il giovane Berlusconi, non può distaccarsi troppo dalla domanda di cui sopra: se si è detto tutto quello che poteva dirsi, con più o meno adiacenza, e con più o meno oggettività, la docu-serie in questione effettivamente aggiunge poco, se non fosse che approfondisce il legame di Berlusconi con il piccolo schermo, diventando dunque uno spaccato che si rivela saggio storico sui modi e i costumi della televisione italiana. Anzi, dell'intrattenimento italiano (anche senza andar troppo in profondità). Del resto, potremmo riassumere la visione berlusconiana della tv in un altro momento decisivo, descritto da Giovanni Minoli: "Rai Uno era la DC, Rai 2 era socialista, Rai 3 era comunista. Se la Rai era quella del maestro Manzi che insegnava l'alfabeto ai cittadini, Berlusconi nelle sue reti parlava invece al consumatore". Da qui in poi la divisione netta, il contro-modo di pensare e vivere il medium, guardando per modus operandi alla CBS americana.
Diviso in tre atti - dagli esordi nella tv commerciali, la sua visione, e poi l'impero mediatico nonché sportivo, le forzature legislative e le inchieste, finendo poi con l'esplosione politica di Forza Italia - Il giovane Berlusconi ramifica il racconto attraverso le testimonianze di numerosi volti a lui contigui: da Achille Occhetto a Carlo Freccero, da Fedele Confalonieri a Marcello Dell'Ultri, da Iva Zanicchi ad Adriano Galliani. A giudicare dai nomi che ricompongono i tasselli del Berlusconi imprenditore c'è quindi una chiara benedizione da parte loro al progetto, che si apre con un dietro le quinte tra Mike Bongiorno e Berlusconi. "Il grande protagonista" è lui, dirà il presentatore, prima di chiedergli se prima o poi "entrerà in politica". Erano gli Studi di TeleMilano, e la Storia stava per essere scritta.
Silvio Berlusconi e la rivoluzione televisiva
L'epopea di Manetti, e firmata da Matteo Billi e Piergiorgio Curzi, in fondo, non è tanto il backstage dell'ascesa al potere di Berlusconi, bensì una specie di enorme sottolineatura che, spesso, mischia in contemporanea diversi discorsi, aprendo parentesi senza però aver sempre la lucidità di chiuderle. Curioso un'altra istantanea che esce fuori da Il giovane Berlusconi: secondo il Cavaliere "la tv è tutto ciò che sta intorno alla pubblicità". Un modo di pensare l'avanguardia (che piaccia o no), oggi divenuto il centro editoriale di gran parte delle produzioni televisive che si appoggiano quasi interamente sui fondi dei privati (Rai compresa, basti pensare a Sanremo!).
Del resto, "questo è Berlusconi", viene sottolineato in partenza del viaggio in tre parti (prodotto girato prima della sua morte, come viene specificato ad inizio episodi), con il retaggio (tanto combattuto quanto osannato) che si allungherà fino a riscrivere i canoni della comunicazione politica, sociale e, appunto, televisiva, fondendo nei tre macro-insiemi il Capitalismo e il consumismo figlio di Ronald Reagan e dei grandi tycon americani. Dunque, per rispondere alla domanda del titolo, serviva un'altra docu-serie su Silvio Berlusconi? In un'epoca di grandi sovraesposizioni e di grandi artificiosità (di cui la tv è cassa di risonanza), applichiamo il pensiero di Federico Fellini alla nostra più stretta contemporaneità, quando disse che "Voglio suggerire un'idea all'attivissimo Cavaliere che di idee ne ha fin troppe. Se riuscisse ad ottenere un decreto in Parlamento che lo autorizza anche a interrompere processioni, parate militari, i discorsi degli stessi parlamentari, e anche le funzioni religiose: una messa tre stop, una messa cantata sette stop. Può sembrare sacrilego, ma non è altrettanto sacrilego interrompere l'opera di un artista?".
Conclusioni
Il giovane Berlusconi? Una serie documentario in tre parti che racconta l'ascesa del Cavaliere, dalla tv alla politica: un periodo storico in qualche modo concentrato, che si allarga fino alla rivoluzione televisiva portata avanti con Mediaset. Dall'altra parte, molte parentesi vengono aperte troppo in fretta, e non c'è mai un netto approfondimento che non vada oltre i cenni già noti.
Perché ci piace
- Un buon ritmo.
- I materiali di repertorio.
- L'idea di concentrarsi solo su un periodo storico...
Cosa non va
- ...ma senza andare oltre il già conosciuto.
- Diverse parentesi aperte frettolosamente.
- Costruzione abbastanza canonica.