"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi": quante volte abbiamo sentito la frase più iconica di Il Gattopardo? Ebbene Netflix è partita proprio da qui per portare sul piccolo schermo il celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa, già adattato per il cinema da Luchino Visconti nel film del 1963, capolavoro del cinema italiano e mondiale. In streaming dal 5 marzo, in sei episodi questo Principe di Salina, che stavolta ha il volto di Kim Rossi Stuart, parla ancora di un momento di cambiamento, in cui un mondo è al tramonto e una nuova epoca si fa sempre più forte e presente.

Sicuramente avete dei ricordi legati alla storia di questa nobile famiglia, i Salina, simbolo dell'aristocrazia: il libro spesso si fa leggere a scuola, così come si fa puntualmente vedere il film di Visconti. Probabilmente avete in testa il sorriso meraviglioso di Angelica (Claudia Cardinale) mentre balla con Tancredi (Alain Delon), nipote del Principe, ma sotto la bellezza di attori e costumi c'è un momento storico fondamentale: il Risorgimento.
Siamo infatti in Sicilia, dove i Salina hanno diversi possedimenti e controllano il territorio, precisamente nel maggio 1860: Garibaldi sbarca sull'isola, per portare anche lì l'unità. A lungo divisa e sotto varie influenze, la penisola sta infatti per trasformarsi nel Regno d'Italia. La storia è nota e Tomasi di Lampedusa l'ha pubblicata negli anni '50, mentre Visconti ha realizzato il film nei '60. Oggi siamo nel 2025 e tutto è differente: come può il punto di vista di nobili privilegiati essere ancora vicino al pubblico? Ecco, non lo è. E la serie l'ha capito.
Il Gattopardo: i Salina sono i cattivi?
Don Fabrizio passa le sue giornate tra stanze ricche di ogni metallo prezioso e scintillante e, tra una visita a un limoneto e una cavalcata, si riposa bevendo vino bianco nei suoi giardini, con il fedele cane sempre con sé. E poi feste, balli, colazioni che saziano soltanto a guardare i colori di paste sicuramente deliziose. Facendo un'ellissi azzardata, quella che vediamo - con molto più buongusto - sembra la vita degli influencer di oggi. Con la differenza che, se sui social è il pubblico a decidere se seguire o meno certe persone, a fine Ottocento i nobili erano investiti di un'autorità quasi divina, ottenuta in secoli di privilegi.
All'occhio di uno spettatore moderno la sicurezza con cui il Principe, detto, appunto, il Gattopardo, e la sua famiglia si sentono superiori a chiunque altro non può che risultare indigesta. Così come l'arroganza di Tancredi (Saul Nanni), che fa il ribelle con il futuro protetto dai soldi e dall'influenza dello zio, permettendosi di mettere da parte Concetta (Benedetta Porcaroli), figlia di Don Fabrizio, in malo modo, non appena arriva una donna più bella, Angelica (Deva Cassell), a catturare la sua attenzione.
Sì, oggi i Salina sono delle figure molto più ambigue, al confine con l'essere dei villain. Questo è ancora più evidente quando arriva a fare da contraltare Don Calogero Sedara (Francesco Colella, bravissimo come sempre), padre di Angelica e sindaco di Donnafugata: nonostante le umili origini, grazie alla propria intelligenza e abilità politica è diventato influente e ricco, guadagnandosi la propria posizione. Se in passato questo personaggio poteva apparire arrivista e subdolo, ritrovarsi ora a fare quasi il tifo per lui non deve stupire: sono i Sedara i più vicini a noi.
Concetta è la nostra Virgilio
La vera novità della serie Il gattopardo è però Concetta, figlia di Don Fabrizio: gli sceneggiatori Richard Warlow e Benji Walters l'hanno trasformata nel nostro Virgilio. Se infatti nel romanzo originale e nel film di Visconti ha un ruolo marginale, ovvero quello della donna illusa e poi abbandonata, qui vediamo la famiglia Salina attraverso i suoi occhi, che sono quelli di una giovane ragazza che, pur amando il padre, che la vorrebbe o suora o sposata con qualcuno che non ama, ne mette in discussione l'autorità, ribellandosi al suo potere.

Un'idea molto interessante, che influisce anche sul rapporto tra Concetta e Tancredi, chiaramente il preferito di Don Fabrizio, anche a discapito dei suoi figli. Al privilegio aristocratico ed economico, si aggiunge quindi anche quello maschile: le donne della serie hanno possibilità di manovra soltanto se sono belle, in grado di fare eredi e fungere da strumento per gli schemi dei genitori, come accade ad Angelica, usata dal padre come una vera e propria "arma segreta". Un discorso figlio del nostro tempo, che porta la serie Netflix a parlare direttamente con i propri spettatori.
Un grande sforzo produttivo

Il regista Tom Shankland, che ha diretto i primi tre episodi e l'ultimo, è inglese, ma ama l'Italia: l'ha visitata a lungo da bambino con il padre e qui non perde occasione per riprendere, come fosse un personaggio, la bellezza della Sicilia. Lo sforzo produttivo è grande, e si vede: paesaggi, location, costumi, oggetti di scena, tutto grida sfarzo. Possiamo definire tranquillamente Il Gattopardo un vero e proprio kolossal televisivo, che raramente abbiamo visto nella nostra produzione.

Se la confezione è impeccabile, non tutto però funziona, a cominciare dal cast: diversi interpreti non sono all'altezza dei loro ruoli ed è fastidioso sentire come ognuno abbia una cadenza diversa. Dovrebbero parlare con un accento siciliano, invece sentiamo forti inflessioni romane e bolognesi. Uno sforzo in più sulla lingua avrebbe reso i personaggi più credibili. Nella foga poi di mostrare più Sicilia possibile, Shankland sembra spesso filmare dei quadri da cartolina, più che raccontare questa storia.
In ogni caso il fascino di Kim Rossi Stuart tiene insieme la serie, aiutato da interpreti di pregio come Colangeli e Francesco Di Leva. In ogni caso, se amate le serie in costume e i grandi drammi familiari, al netto di queste imperfezioni, sicuramente vi appassionerete alla storia della famiglia Salina, anche se il suo fascino oggi è ancora più decadente. A maggior ragione, anche noi ci troviamo in un nuovo momento di svolta, segnato da tecnologie sempre più presenti nelle nostre vite e un quadro politico incerto. Chissà se Don Fabrizio potrebbe darci qualche buon consiglio.
Conclusioni
Il Gattopardo non può parlare al pubblico di oggi nello stesso modo di 70 anni fa: la serie Netflix aggiorna quindi il punto di vista, trasformando i Salina in figure più sfumate, quasi dei villain. Un cambiamento interessante, che porta il personaggio di Concetta ad avere un ruolo molto più importante. Grande sfoggio di costumi e location, cast di grande bellezza: gli amanti delle storie in costume potranno godersi tutto questo sfarzo. Anche se si doveva fare di meglio sugli accenti di diversi attori.
Perché ci piace
- La bellezza di costumi e location.
- Kim Rossi Stuart tiene insieme la serie.
- La sensazione di trovarsi di fronte a un kolossal televisivo.
- La bravura di Francesco Colangeli: una certezza.
Cosa non va
- Non tutti gli attori sono all'altezza dei loro personaggi.
- La differenza di accenti è fastidiosa.
- Spesso sembra di vedere uno spot per la Sicilia.