Il futuro è arrivato ma era meglio il passato
Anno 2018, il Giorno del Giudizio è arrivato, il futuro annunciato da Kyle Reese nel 1984 si è inesorabilmente materializzato. La civiltà moderna è stata quasi completamente annientata dai Terminator e quelle poche colonie di umani che sono riuscite a mettersi in salvo si sono unite in un fronte di Resistenza guidato da John Connor (Christian Bale) e vivono nascoste in bunker sotterranei in attesa di colpire il potente nemico con ingegnose ma rudimentali trappole. Lui, l'unico uomo ad aver previsto la catastrofe può ora veramente poco contro la potenza delle gigantesche macchine assassine controllate da Skynet, il network di intelligenze artificiali create per scopi militari e che si sono ribellate contro l'umanità creatrice scatenando un'apocalisse nucleare. Neanche il nuovo sistema di disinnesco dei giganteschi mostri metallici messo a punto dai tecnici della Resistenza potrà mai essere efficace per vincere la guerra se non si troverà in fretta un modo per affrontare il nemico faccia a faccia e infiltrarsi nella fortezza di Skynet, che nel frattempo anziché uccidere gli umani ha iniziato a rapirli per tentare di replicarne i tessuti e progettare una nuova generazione di Terminator. Ma proprio quando le speranze di Connor in una pesante controffensiva contro i robot sembrano perdere di consistenza ecco comparire Marcus Wright (Sam Worthington), uno straniero proveniente dal passato che prima di risvegliarsi in questo nuovo mondo oppresso dalle furie meccaniche ricorda solo di essere stato rinchiuso nel Braccio della Morte e di essersi sottoposto ad alcuni esperimenti...
Tutte le storie a cavallo tra presente e futuro hanno sempre avuto grande fascino al cinema, ma quella al centro della saga di Terminator aveva ed ha tuttora qualcosa di speciale. Non si tratta di una semplice guerra universale tra uomini e macchine che rischia di cancellare per sempre il genere umano, ma anche di una vicenda familiare, di un amore capace di andare oltre il tempo, quello che unisce Sarah e John Connor, una madre coraggiosa che dal passato manda messaggi nel futuro a suo figlio, il futuro capo della Resistenza, l'uomo che per salvare il suo destino e quello del mondo intero a sua volta spedisce indietro nel tempo Kyle Reese - l'amico nel futuro che nel passato diventerà suo padre - per fermare il modello 101 T-800 (interpretato a suo tempo da Arnold Schwarzenegger) il robot inviato da Skynet per 'terminare' sua madre ed impedire la nascita dell'unico uomo in grado di rovinare i suoi piani.
Dopo il successo memorabile dei due Terminator di James Cameron e il deludente Terminator 3 - Le macchine ribelli arriva, accompagnato da enormi aspettative, un quarto capitolo che come era prevedibile non regge il passo con i primi due ma che si limita, senza infamia e senza lode, a raccontare un momento di transizione ben preciso e cioè l'inizio del futuro di cui tanto si è parlato nei film precedenti, un momento storico in cui il mondo e soprattutto John Connor non ha ancora scoperto i viaggi nel tempo che hanno dato vita alla storia tanti anni fa.Il futuro tanto atteso è dunque finalmente arrivato, ma seppur affascinante e profondamente dark come nelle premesse, non è esattamente come ce lo aspettavamo. Registriamo purtroppo poco coraggio, poche idee e poca personalità da parte del regista McG (come del resto anche da parte del suo immediato predecessore) che si cimenta in questa difficile prova con addosso troppe pressioni e troppi timori reverenziali nei confronti della storia e di quel che essa rappresenta per gli appassionati. Il 'suo' Terminator appare quasi 'impallato' nel riproporre situazioni, fughe e combattimenti che appartengono al glorioso passato della saga e che già qualcun altro ha raccontato, riducendo così al minimo il rischio di flop, con attenzione e rigore ma senza spunti stilistici degni di nota.
Sarà per questo che i nuovi Terminator somigliano ai Transformers (anche come emissioni rumorose), che le ambientazioni sembrano quelle di Blade Runner con escursioni desertiche che molto ricordano i moderni film di guerra, che le atmosfere post-apocalittiche appaiono quelle di Fuga da New York e che John Connor si trasforma in un eroe fantascientifico qualsiasi, mai combattivo e geniale come qualcuno ce lo aveva descritto tempo addietro. Sicuramente non è colpa dello straordinario Christian Bale, che poco può rinchiuso in un personaggio stereotipato, assai poco introspettivo e troppo fisico per un attore del suo calibro, nei panni di quello che avrebbe dovuto essere il ruolo più carismatico e agguerrito del film ma che più volte (per via di una sceneggiatura che tentenna e a volte non sa bene che direzione prendere) si trova a dover cedere il passo all'altro eroe, l'androide Marcus interpretato da un ottimo Sam Worthington, che dimostra di essere sicuramente più tagliato di lui in 'certe' situazioni. Sono sicuramente a livello di scrittura (e anche di dialoghi) i problemi maggiori di Terminator Salvation, priva di convinzione degli snodi narrativi cruciali e di approfondimento per quel che riguarda alcune sottotrame (specialmente quelle di coppia tra John Connor e la moglie Kate e quella tra Marcus e la donna pilota della Resistenza), incapace di conferire al film un respiro più ampio ed alla storia l'imponenza epica che a questo punto della saga si rendeva necessaria.
E' a livello estetico che il film offre invece le sue cose migliori a partire dai titoli di testa, dalle ambientazioni asettiche alla fotografia ruvida e fredda, all'uso convulso ma mai invasivo della macchina a mano appiccicata addosso agli attori e dei colori desaturati nelle scene di combattimento corpo a corpo, passando per due o tre sequenze di straordinaria intensità a livello di ritmo e di pathos, scene capaci di offrire grande spettacolo ed effetti speciali, su tutte quella della fuga di Marcus e Kyle a bordo di un tir dall'attacco di un gigantesco Terminator e quella nella fase iniziale a bordo dell'elicottero. Seppur mai con cadute di stile troppo pronunciate il film si lascia guardare piacevolmente per la prima ora abbondante per poi raggiungere il picco con la ricomparsa dello storico T800 (con l'irrinunciabile cameo digitale di Schwarzenegger accompagnato dalla colonna sonora originale) e scemare clamorosamente verso un finale raffazzonato che porta profondi e riconoscibili segni di manipolazioni in post produzione.Quel che latita purtroppo sin dall'inizio è un profondo coinvolgimento emotivo nella storia, quell'empatia che si instaura tra lo spettatore e gli eroi (o gli antieroi) protagonisti di questo tipo di avventure. L'impressione è che Terminator Salvation non riesca mai ad andare oltre la media dei kolossal hollywoodiani: bello fuori ma senza un'anima profonda a spingerlo da dentro. Il risultato è un divertente blockbuster fantascientifico pieno di citazioni, buone intenzioni e invenzioni, dai dischi volanti alle moto-Terminator che corrono come schegge impazzite, ma in definitiva una battaglia su pellicola che non trasuda mai le lacrime, il sangue e il dolore dei suoi guerrieri.
In memoria del grande Stan Winston, scomparso un anno fa e creatore degli effetti speciali e make-up di tutta la saga di Terminator (ma anche di Aliens e Jurassic Park), uno che di mostri, creature aliene e macchine se ne intendeva. Forse sarebbe stato d'accordo con noi nell'affermare che a volte il futuro è meglio immaginarlo che viverlo.Movieplayer.it
3.0/5