Il filo invisibile è dal 4 marzo su Netflix: il film di Marco Simon Puccioni racconta una famiglia come tutte le altre, in cui i componenti litigano, si tradiscono, ma nonostante tutto cercano di restare insieme perché si vogliono bene. A raccontare la vita domestica è Leone (Francesco Gheghi), che sta facendo un documentario sui diritti LGBTQ+ in Europa. Sì perché Leone ha due papà: Simone (Francesco Scianna) e Paolo (Filippo Timi).
Anche scritto da Marco Simon Puccioni, Il filo invisibile racconta una famiglia omogenitoriale nella sua quotidianità, che è fatta appunto di alti e bassi. Nel cast anche Valentina Cervi, nel ruolo di Monica, amica di Paolo, e Jodhi May, che interpreta Tilly, donna americana che è la madre biologica di Leone.
Abbiamo parlato di famiglia, dell'importanza di parlare e del diritto a essere scassati insieme al regista e ai suoi attori, Filippo Timi, Francesco Scianna e Francesco Gheghi, incontrati su Zoom.
La video intervista a Filippo Timi e Francesco Scianna
Il filo invisibile, la recensione: Una famiglia e i suoi disastri
Il filo invisibile: il diritto di essere umani e quindi imperfetti
È apprezzabile come abbiate ritratto questa famiglia esattamente come tutte le altre: ovvero una famiglia i cui componenti litigano, si tradiscono, sono imperfetti. Quanto era importante per voi?
Marco Simon Puccioni: È bello essere umani, con tutte le sfaccettature che possiamo avere. Non è che essere eterosessuali o omosessuali ci fa meno stronzi. Volevamo rappresentare dei personaggi che fossero veri, che fossero tridimensionali. Non volevamo creare né dei santini né delle macchiette. E ovvio che questo tipo di famiglia ha addosso un "minority stress", come si dice in inglese, cioè lo stress delle minoranze, ovvero il dover dimostrare di essere meglio degli altri, così da poter essere accettati. Questa è una pressione che si incontra col fatto che nessuno è meglio degli altri. Tutti siamo fallibili: il nostro desiderio sessuale non determina se siamo buoni o cattivi. Lo fa il nostro impegno nel tenere in mano tutti i fili invisibili dell'amore: è quello che ci rende dei buoni genitori o meno. Oltre che dei buoni esseri umani.
Com'è bello far l'amore con i consigli di Filippo Timi
Francesco Scianna: Forse, in qualche modo, il film invita anche ad avere il coraggio di volersi bene per quello che si è e farsi amare per quello che si è, non per qualcosa che pretendiamo di essere. Bisogna tirar fuori tutte le carte con grande fiducia nella vita: perché ne vale la pena, è l'unico modo per vivere veramente. Altrimenti è tutta una finzione.
Tu lo devi dire per forza visto come si comporta il tuo personaggio.
Francesco Scianna: Certamente. Potrei dirti che il tradimento è la forma anche per darsi in maniera più vera all'altro. Però apriamo un tema troppo grande. In questo caso io manifesto, anche al figlio, il mio bisogno di conoscermi e conoscere anche altro. Senza il quale non sarei mai pienamente me. Poi posso continuare a fare il percorso di vita assieme a mio marito oppure andare ognuno per la sua strada. Ma, secondo me, in questo cresciamo come genitori perché rimaniamo comunque molto vicini a Leone. E forse questa è veramente la cosa più importante per un figlio: sentire che, alla fine, i genitori comunque ci sono.
Il filo invisibile e l'importanza del dialogo
Su Netflix è uscita in questi giorni anche la serie Fedeltà, altro prodotto italiano in cui ci si interroga sul tradimento e sulla necessità di parlare, di dialogare di tutto quando si sta insieme. Quanto è importante secondo voi?
Filippo Timi: Ovviamente è molto importante il dialogo. È il mezzo che abbiamo per sciogliere tutti i nodi di questi fili invisibili. In questo caso abbiamo una famiglia di due uomini che hanno superato i quarant'anni: quindi hanno dovuto combattere, hanno scelto. Quindi necessariamente, crescendo un figlio, è proprio prerogativa il non dare niente per scontato. Tutti abbiamo dovuto combattere in adolescenza per sentire realmente chi eravamo, indipendentemente dall'eterosessualità o dall'omosessualità: magari eri punk o dark, per tutti c'è quella fase in cui c'è bisogno di appartenere a un gruppo. Come genitore hai già fatto questo percorso e quindi puoi portare questo come esperienza, dicendo a tuo figlio: scopri chi sei, indipendentemente da quello che ti dicono gli altri, dalla società o quello che tu credi. Piano, piano. Bisogna prendersi il tempo. Se i miei genitori mi avessero dato questo consiglio forse avrei sofferto un po' meno. Anche per il semplice fatto di voler far teatro: per me fu un tabù dire che volevo fare teatro. Per un'infermiera e per un operaio era strano, non era un lavoro. Poi un attore che balbetta! Giustamente mi dicevano ma dove vai amore? Vai a fare il ballerino in radio: è uguale. Eppure invece poi... Quindi, in questo film, c'è un bell'esempio: un bell'esempio di famiglia scassata!
Il filo invisibile: raccontarsi aiuta a capirsi
Nel film vediamo Leone fare sempre video con il cellulare, poi il corto: questa generazione cresciuta raccontandosi costantemente secondo te è più consapevole di se stessa proprio per questo?
Francesco Gheghi: Sì. C'è una frase di un mio caro amico, un cantante, che dice: Freddie Mercury ai tempi di oggi non sarebbe mai stato Freddie Mercury ma molti artisti di oggi negli '80 sarebbero stat fragili. I social ormai raccontano la quotidianità. Quindi Leone ha un po' paura di raccontare ciò che è. Però il messaggio del film è proprio quello: il coraggio di raccontare ciò che si è senza avere paura. Anche con il suo migliore amico, quando ne parla, gli dice che non vuole fare più il video perché per lui i suoi genitori sono due stronzi. Queste sono cose che succedono in tutte le famiglie.