Il commissario Ricciardi 3: il senso di giustizia e la forza silenziosa dell’antifascismo

Nella terza stagione della fiction di Rai 1 i protagonisti devono fare i conti con un potere sempre più oppressivo, opponendogli la sola resistenza possibile, quella dell'etica personale.

Il commissario Ricciardi Lino Guanciale

Il commissario Ricciardi non è un sovversivo, o almeno non nel senso tradizionale del termine. È però un uomo che non piega mai la giustizia alle convenienze del regime. Il personaggio nato dalla penna di Maurizio De Giovanni e trasposto in TV nell'omonima serie si può considerare, quindi, un antifascista? Ebbene si.

Ma il suo antifascismo non passa per slogan o proclami, al contrario si manifesta nel rifiuto ostinato di chiudere un occhio, di sacrificare innocenti, di accettare la logica della sopraffazione. Nella Napoli degli anni Trenta - periodo storico in cui è ambientata la serie di Rai 1 con Lino Guanciale - dove la legge serve spesso gli interessi del potere, Ricciardi sceglie l'unica via possibile per lui: la verità.

Il commissario Ricciardi, l'integrità morale di chi non si piega

Il Commissario Ricciardi Lino Guanciale Foto Terza Stagione Serie Tv Rai
Lino Guanciale è Il commissario Ricciardi

Luigi Alfredo Ricciardi non ha tessere né ambizioni politiche. Il suo disallineamento è silenzioso ma evidente, specialmente per il ruolo che ricopre. come commissario di pubblica sicurezza in una città in pieno regime fascista non partecipa alle liturgie del regime, non si lascia intimidire dai gerarchi anche quando lo minacciano apertamente, non accetta scorciatoie.

Il suo "Fatto" - la capacità di vedere le vittime di morte violenta - lo obbliga a trattare tutti allo stesso modo: il ricco, il povero, il potente, l'emarginato. Una posizione inconciliabile con un regime che invece divide, seleziona, imbavaglia.

In un sistema che chiede obbedienza, quindi, Ricciardi resta fedele solo alla propria coscienza (che pure è popolata da angosce e paure). Ignora i richiami dei superiori, rifiuta promozioni "di comodo" e soprattutto continua a scavare durante le sue indagini finché i conti non tornano. È questa coerenza assoluta, più che una militanza esplicita, a renderlo un personaggio profondamente antifascista. E non è il solo.

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La giustizia come atto politico

Essere giusti in un sistema ingiusto è già una forma di dissenso. Il commissario, tra i più amati della letteratura e della TV, indaga senza piegarsi al colpevole "conveniente", come vorrebbe fin troppo spesso il suo capo. Non chiude i casi per quieto vivere, ma ridà - o cerca di farlo - complessità a una realtà che il fascismo vorrebbe semplificare.

Il suo modo di lavorare si basa sul dubbio, sull'ascolto, spesso sulla pietà o sulla compassione e proprio per questo contraddice alla base la violenza e la rigidità della dittatura. È un antifascismo che passa dai gesti quotidiani, il suo, mai dalle parole. E che ci ricorda un altro amatissimo commissario televisivo.

Il brigadiere Maione e il dottor Modo: una fratellanza contro il potere

Il Commissario Ricciardi Lino Guanciale Antonio Milo Enrico Ianniello Scena Terza Stagione Serie Tv Rai
Lino Guanciale, Antonio Milo ed Enrico Iannello

Accanto a Ricciardi ci sono il brigadiere Raffaele Maione (Antonio Milo) e il dottor Bruno Modo (Enrico Iannello), due amici speciali e due forme diverse di opposizione. Il primo è uomo del popolo ed è guidato da una moralità limpida che lo tiene lontano da ogni fanatismo. Anche quando il dolore per la morte del figlio rischia di travolgerlo, trova la forza nella sua comunità (e non nel regime) per restare umano.

Modo è invece antifascista dichiarato, palese e per niente spaventato. Ironico, brillante, colto, è nel mirino dell'OVRA proprio per la sua libertà di pensiero. In questa terza stagione, poi, il dolore per la perdita di Lina lo porta a una scelta profondamente controcorrente: prendersi cura del figlio della donna, colui che gli ha strappato la cosa più cara che aveva. Invece della vendetta sceglie la cura. E non è una scelta da poco. È un gesto potentissimo che ribalta la logica della violenza.

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Le donne di Ricciardi: la resistenza più silenziosa

Il Commissario Ricciardi Serena Iansiti Immagine Serie Tv Rai
Livia (Serena Iansiti)

Le donne intorno a Ricciardi rappresentano ancora un'altra forma di dissenso. Enrica (Maria Vera Ratti), con la sua dolce determinazione, sceglie un amore non approvato dal regime. Bianca (Fiorenza D'Antonio), nobildonna sensibile, rischia la reputazione pur di proteggere le persone a cui vuole bene.

Poi c'è Livia (Serena Iansiti), spirito libero ma ingabbiato in un amore a senso unico, che paga carissimo la sua indipendenza e finisce nel mirino di Falco, il volto più oscuro del potere.

Accanto a loro c'è Bambinella, figura liminale e amatissima dei Quartieri Spagnoli. Non rientra nei canoni della mascolinità fascista (o della mascolinità in generale), e proprio per questo il suo semplice esistere, il suo farsi rispettare da Maione e da tutta la comunità, è una piccola forma di resistenza quotidiana.

Bambinella è un femminiello che conosce i segreti dei vicoli, si muove tra i margini che il regime vorrebbe cancellare e, con la sua ironia e il suo istinto di protezione, mostra che la dignità non ha nulla a che vedere con le etichette. Non è un caso che sia diventato uno dei personaggi più amati dal pubblico della serie: nella sua fragilità orgogliosa, il pubblico riconosce un'umanità che sfugge a qualsiasi cartolina d'epoca.

Falco, Garzo, Manfred: tre facce diverse dello stesso sistema

Chiesa San Ferdinando
Il commissario Ricciardi

L'agente dell'OVRA Falco è il vero antagonista della stagione: gelido, ossessivo, pronto a manipolare vite e prove pur di imporre il proprio controllo. Il suo scontro con il commissario non è solo personale, ma simbolico, è la battaglia tra chi usa la legge come arma e chi la difende come valore. Falco rappresenta il potere che corrompe, Ricciardi la coscienza che resiste.

Attorno a lui, però, si muovono altri volti del regime. Il vicequestore Garzo è la versione più meschina e quotidiana del fascismo. Un opportunista, pavido, costantemente preoccupato di non scontentare nessuno delle persone "che contano". Preferisce chiudere un occhio, firmare ciò che gli mettono sotto il naso, intestarsi i successi altrui. È il potere che non uccide in prima persona, ma che rende possibili gli abusi voltandosi dall'altra parte.

All'estremo opposto c'è il maggiore Manfred, ufficiale tedesco che porta a Napoli l'ombra del futuro asse con il nazismo. È colto, elegante, persino capace di sentimenti autentici, ma incarna comunque un'idea di potere fredda, gerarchica, pronta a sacrificare tutto sull'altare dell'onore e della disciplina.

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Il Commissario Ricciardi ha, in definitiva, il grande pregio di trasformare un noir in una riflessione potente sulla responsabilità individuale e di mostrare in prima serata le tante sfaccettature dell'antifascismo. I personaggi non si ribellano con le armi, ma con le scelte, in un'epoca di violenza organizzata. Restare umani, dire la verità, proteggere i più fragili: è questo il loro modo di essere antifascisti. Un messaggio che, senza retorica, risuona in modo forte anche ai giorni nostri.