È una serie molto amata, sicuramente una delle produzioni di punta di Rai Fiction: Il commissario Ricciardi 2 torna sulla rete ammiraglia ogni lunedì con nuovi casi da risolvere e un segreto che si fa sempre più pesante. Nato dalla penna di Maurizio de Giovanni, Ricciardi ha varcato i confini della carta per arrivare, due anni fa, in tv con il volto di Lino Guanciale, attore molto noto nel panorama seriale italiano, che qui si presta a dare vita ad un personaggio complesso e tormentato, il classico eroe romantico in grado di fare breccia nel cuore di una larga fetta di spettatori. Ad essere protagonista è anche il periodo storico: l'Italia fascista degli anni '30 ed in particolare una Napoli d'epoca viva, colorata e intricata come i suoi vicoli, microcosmi di vita, palcoscenico di vicende talvolta belle, talvolta atroci. In questa recensione de Il commissario Ricciardi 2 vedremo se la fiction Rai mantiene le sue premesse iniziali, offrendo una produzione sotto molti aspetti impegnativa ma con elementi dal buon potenziale.
Il mantenimento di una trama episodica
Luigi Alfredo Ricciardi, commissario della Mobile di Napoli, è un uomo appartenente alla nobiltà che nasconde un segreto: è in grado di vedere i morti, quelli che hanno lasciato questo mondo in modo traumatico e violento. Vive questo dono come una maledizione, una condanna e questo gli impedisce di stringere rapporti duraturi con le persone. In questa seconda stagione Ricciardi è ancora stretto nel triangolo amoroso tra l'avvenente Livia e la sensibile ma determinata Enrica, anche se l'uomo sceglie di tenere a distanza entrambe, spaventato dal fatto di costruire una famiglia e poter trasmettere il suo tormento ad eventuali figli, proprio come sua madre ha fatto con lui. Dopo la morte della fidata tata Rosa sono poche le persone su cui può contare: la giovane nipote di Rosa, Nelide, l'amico e anatomopatologo Bruno e il brigadiere Maione, fidata spalla che continua a rivelarsi fondamentale per la risoluzione dei complicati casi che ad ogni episodio devono trovare una risoluzione.
L'evoluzione del personaggio di Ricciardi
Guardando il primo episodio della serie ci si rende subito conto di come il personaggio di Ricciardi sia cambiato nel corso dell'intera prima stagione. La morte dell'amata tata Rosa ha lasciato un vuoto incolmabile nella sua vita già molto solitaria, rendendolo ancora più timoroso nello stringere rapporti umani. Il commissario è preoccupato dall'idea di poter trasmettere a qualcun altro quello che è il tormento della sua esistenza: non vuole avere dei figli sapendo che un giorno dovranno sopportare il suo stesso peso. È proprio per questo che rifugge da qualsiasi tentativo di approccio da parte di Livia ed Enrica, entrambe confuse dal suo comportamento sfuggente. Ma se la prima usa ogni mezzo in suo potere per indagare la vita del suo interesse amoroso, la seconda, invece, valuta se cedere alle attenzioni di un ufficiale tedesco che si è invaghito di lei.
Interazioni rodate e funzionanti
Sono le relazioni tra i personaggi, infatti, l'elemento di spicco della serie, quello che è in grado più degli altri di fidelizzare lo spettatore. Non parliamo solamente degli intrighi amorosi che coinvolgono Ricciardi, che ovviamente piacciono al pubblico, ma di tutte quelle interazioni tra i personaggi che una buona scrittura della serie rende efficaci e interessanti, specialmente grazie a dialoghi ben pensati e brillanti. Esempio lampante di questo sono le scene che vedono protagonisti il Brigadiere Maione e Bambinella, una prostituta dei vicoli di Napoli sempre estremamente informata sugli ultimi accadimenti che, spessissimo, fornisce all'ufficiale dritte interessanti sui casi da seguire. Tra i due si istaura un bel rapporto d'amicizia e i loro scambi di battute, talvolta buffi, talvolta esilaranti, hanno funzionato e funzionano talmente bene da dare vita ad uno spettacolo teatrale chiamato Mettici la mano, spin-off della serie, una storia nata come costola degli accadimenti principali che mette al centro della scena questo improbabile duo di personaggi, vivi anche grazie alle eccellenti interpretazioni di Antonio Milo e Adriano Falivene, che hanno conquistato il cuore di lettori e appassionati della serie.
Un procedurale diverso dagli altri
Il segreto del successo de Il Commissario Ricciardi non si cela, però, solo in una scrittura attenta al suo pubblico e funzionale alla storia, ma risiede anche nell'utilizzo del genere, che viene reinterpretato in modo piuttosto originale. Lo avevamo visto nella prima stagione e non possiamo che riconfermare che la serie di Rai1, così come la sua controparte cartacea, approccia al procedurale in modo popolare ma con elementi di innovazione. La scelta di inserire e rimarcare l'elemento sovrannaturale, l'ambientazione storica suggestiva, rendono questa produzione affascinante e coinvolgente, prendendo gli elementi del genere investigativo e calandoli in un contesto inusuale ma perfettamente calzante, adatto non solo ad un pubblico generalista ma anche a quello che cerca qualcosa di più della solita fiction.
Conclusioni
Per concludere la nostra recensione de Il commissario Ricciardi 2 possiamo affermare che questa seconda stagione della fiction Rai, riesce a seguire le orme della precedente. Grazie ad una buona scrittura, offre allo spettatore dei personaggi complessi in grado di interagire tra loro in modo brillante ed efficace. Interessante la declinazione storica del procedurale che anche nei nuovi episodi aggiunge qualcosa in più alla narrazione.
Perché ci piace
- I dialoghi e le interazioni tra i personaggi.
- La scrittura, efficace e avvincente.
- La declinazione storica del procedurale.
Cosa non va
- La narrazione semplice, vincolata ancora troppo agli stereotipi della fiction.