Lo avevamo lasciato alle prese con la rappresentazione distorta, immaginifica e visionaria di un mondo parallelo cresciuto sui tetti di Roma con Guarda in alto, uscito tre anni fa. Ora dal 19 settembre come leggerete nella recensione de Il colpo del cane lo ritroviamo alla regia di un film che ripropone stralci di surreale e certe derivazioni fumettistiche non estranee al suo background.
Fulvio Risuleo ha solo ventotto anni, ma alle spalle ha già un premio prestigioso come quello della Semaine de la Critique a Cannes per il corto Varicella (2015), tre fumetti, un esordio originale e coraggioso come Guarda in alto (2017) e la prima serie web interattiva prodotta in Italia, Il caso Ziqqurat. Un cammino appena agli inizi, ma che fa della sperimentazione e della crossmedialità i suoi punti di forza; è così che arriva al suo secondo film, un'opera che sfugge alle generalizzazioni e che se ne sta beatamente sospesa tra la commedia, l'action, il fumetto e il thriller. La leggerezza è il suo tratto distintivo per un'ora e mezza di visione che scivola via quasi senza inciampi.
Una trama da action movie tra toni comici e risvolti sociali
Il titolo Il colpo del cane è un'espressione che il regista ha trovato sfogliando un dizionario di latino, pur non avendolo mai studiato, e si riferisce al lancio dei dadi durante alcuni riti divinatori degli antichi romani. Il risultato che ne veniva fuori si chiamava "il colpo del cane" e indicava la sfortuna più nera. Doveva essere un cortometraggio su una dogsitter, poi è diventato un film che racconta la serie di sfortunati eventi cui dovranno far fronte i tre protagonisti: una coppia di ragazze, Rana (Silvia D'Amico) e Marti (Daphne Scoccia), che al loro primo giorno da dogsitter subiscono il furto del bulldog francese affidatogli da una ricca signora; e un ladro di cani, il sedicente veterinario, che dice di chiamarsi Mopsi (Edoardo Pesce).
Una storia all'apparenza semplice, un classico action movie con tanto di colpo messo a segno e inseguimenti folli; se non fosse che Fulvio Risuleo, quando meno te lo aspetti, destruttura la linearità del racconto, riavvolge il nastro e lo fa ripartire, questa volta però da una prospettiva diversa: quella dell'antagonista della prima parte. Il ribaltamento dei punti di vista restituisce così ritmo a una storia che rischiava di perderlo nel prologo iniziale, colpevole di indugiare forse un po' troppo a lungo su se stesso; il folle girovagare nella periferia romana, riconoscibile solo a chi quei posti li ha vissuti, cede il passo ad una digressione sul personaggio di Mopsi, dai toni più cupi e drammatici.
È un film in continuo movimento, capace di cambiare pelle, genere e sguardo in poco più di novanta minuti: nel mezzo pecore, cani e pappagalli, animali con una loro precisa identità, appartenenti a un mondo 'altro'. Fumettistico eppure ancorato al reale, bizzarra commedia non priva di un risvolto sociale: tutti sono alla ricerca di un riscatto, di soldi che permettano di arrivare a fine mese o, con un colpo di fortuna, cambiare il proprio status.
Personaggi da fumetto
I tratti da fumetto si riflettono anche sulle figure dei protagonisti, perché Il colpo del cane è anche e soprattutto un film di personaggi, a partire dal metallaro barbuto e capellone interpretato da Edoardo Pesce, che all'inizio della vicenda farà il suo ingresso in scena nei panni di un improbabile veterinario dall'aria truffaldina. Gli fanno compagnia Silvia D'Amico e Daphne Scoccia, scanzonate e in abiti inediti rispetto a quelli in cui le abbiamo viste negli ultimi anni. Insieme restituiranno allo spettatore il mondo a colori di una coppia di ragazzine sprovvedute e al verde, alle quali capiterà di tutto: genuine, divertenti e capaci di strappare più di una risata, sembrano venute fuori da una graphic novel.
Conclusioni
Alla fine della recensione de Il colpo del cane la sensazione è di aver assistito a un esperimento in parte riuscito. Il film di Fulvio Risuleo è un'irruzione nella quotidianità bizzarra di personaggi sospesi tra la realtà e il fumetto. Sono soprattutto queste atmosfere a salvare la storia in cui i due punti di vista del racconto rischiano a tratti di risultare un doppione l'uno dell'altro, senza soluzione di continuità.
Perché ci piace
- Il tono grottesco e da fumetto "realistico" che guida l'intero racconto.
- La capacità di trascendere i generi e attraversare diversi registri stilistici dal racconto sociale, al thriller e alla commedia.
- La scelta delle musiche: suoni elettronici che si fondono con la visione e la definiscono.
Cosa non va
- La struttura dei due punti di vista speculari genera in alcuni momenti la sensazione di assistere a due storie, l'una doppione dell'altro.
- Il ritmo non sempre è in grado di catturare l'attenzione dello spettatore