Il Collettivo John Snellinberg ci racconta i suoi Sogni di gloria

Patrizio Gioffredi, Lorenzo Orlandini e Duccio Burberi, regista, sceneggiatore e direttore della fotografia di Sogni di gloria, ci raccontano del presente e del futuro del Collettivo John Snellinberg.

Per natali e vocazione comica, si situano nella scia della grande tradizione toscana, ma il loro sguardo punta verso i grandi autori indipendenti come Takeshi Kitano, Aki Kaurismäki e Jim Jarmusch e, soprattutto, verso il cinema di genere. Dopo la scossa tellurica provocata dal sorprendente La banda del Brasiliano, poliziottesco costato meno di 2000 euro ambientato nei dintorni di Prato, con sortite a Napoli e a Livorno, il Collettivo John Snellinberg - un nome il cui significato, a oggi, rimane un mistero - torna con la sua opera seconda, Sogni di gloria. Un film più maturo, articolato e curato nella confezione che omaggia la grande commedia all'italiana a episodi, ma che non tralascia di portarsi dietro alcuni elementi ricorrenti de La banda del brasiliano: il tema del precariato e dello scontro generazionale, le location toscane e la presenza del compianto Carlo Monni. Parlando di permanenza nel genere, il regista Patrizio Gioffredi spiega: "Il nostro obiettivo è rileggere tutti in generi in ottica ironica, con spirito toscano. Siamo partiti dal poliziesco all'italiana e poi ci è venuto spontaneo spostarci in direzione della commedia a episodi, che ha le sue radici nel cinema italiano anni '50 - '60. Ci siamo ispirati a quel cinema per riproporne struttura e atmosfere, ma stavolta non ci sono citazioni precise e ossessive, come nel caso de La banda del brasiliano. In più il film è debitore di Mario Monicelli. Quando lo abbiamo incrociato in radio ai tempi dell'uscita del nostro primo film, ci siamo resi conto che alcune nostre riflessioni sul precariato, sul futuro e sulla speranza come trappola erano perfettamente in linea con le dichiarazioni contenute nelle sue ultime interviste". Il secondo episodio di Sogni di gloria vanta, però, una filiazione più originale, che rivela l'ossessione cinefila del collettivo. A rivelarlo è lo sceneggiatore Lorenzo Orlandini: "La nostra idea iniziale era quella di rileggere Karate Kid e le grandi epopee sportive americane degli anni '80, con cui siamo cresciuti, in ambito locale. L'ottica, però, è ribaltata perché qui è il toscano che insegna al cinese la sua saggezza ruvida, da casa del popolo".

John Snellinerg e la poetica del precariato? Meglio di no!

"Ci infastidiscono coloro che invitano i giovani ad andarsene. Non se ne può più. Ma emigrate voi! Per quanto sia difficile, dobbiamo continuare a lottare qui".


Sogni di gloria: Patrizio Gioffredi e Xiuzhong Zhang guardano verso l'alto
Sogni di gloria: Patrizio Gioffredi e Xiuzhong Zhang guardano verso l'alto
Il collettivo Snellinberg è il primo a mettere in scena senza fronzoli e false ideologie le conseguenze del precariato, mettendo i personaggi in condizione di urlare in faccia ai genitori le colpe della loro generazione. "Oggi è difficile parlare di qualcosa in Italia senza tenere presente questo problema, che ormai è diventato una vera e propria condizione esistenziale" prosegue Lorenzo Orlandini. "La banda del brasiliano nasceva dall'urgenza di riflettere sul conflitto generazionale. Al cinema si è già parlato di precariato, ma in modo inaccettabile, idealizzato. Stavolta i temi sono più vari, ma il precariato rimane sempre perché siamo imbevuti a livello personale dell'insofferenza per questa realtà che viviamo in Italia". "I nostri film documentano l'inevitabile abbassamento delle speranze della nostra generazione" aggiunge Patrizio Gioffredi. "Sogni di gloria è un titolo ironico. Il protagonista del primo episodio sogna di lavorare almeno per un mese, quello del secondo auspica di vincere un torneo di carte in cui la posta in palio è un prosciutto. In questa situazione si innesta il tema della religione, toccato nel primo episodio e affrontato come un dato di fatto, visto che in Italia non si può parlare di speranza senza tener presente l'influenza della religione. La fede nel cambiamento, che non arriva mai, rappresenta la perdita della speranza e i timori della nostra generazione, ma è anche un modo per affrontare quegli screzi familiari che sono parte del nostro vissuto". L'enologo Giulio è costretto a fare ritorno in Cina perché trova lavoro nel suo paese e non in Italia. Se l'Italia di oggi è un Purgatorio in cui i giovani non hanno prospettive, il futuro secondo John Snbellinberg è lontano dall'Italia? "Assolutamente no. Ci infastidiscono coloro che invitano i giovani ad andarsene. Non se ne può più. Ma emigrate voi! Per quanto sia difficile, dobbiamo continuare a lottare qui. Non vogliamo passare per provinciali, ma per noi le radici sono importanti. Il cinema poteva essere una via di fuga, ma invece abbiamo deciso di ambientare tutti i nostri film qui per mostrare quella vitalità della provincia finora sottovalutata".

Nel ricordo di Carlo Monni

Sogni di gloria non sarebbe esistito senza il fondamentale apporto di Carlo Monni, attore fiorentino che, nel 2008, ha dato fiducia ai giovani e sconosciuti membri del Collettivo accettando di interpretare l'ombroso commissario protagonista de La banda del brasiliano, ruolo lontanissimo da tutto ciò che aveva fatto prima. Il suo ritorno in Sogni di gloria, insieme a Giorgio Colangeli e a un cast più esperto, ha rappresentato un elemento essenziale per la crescita artistica, lavorativa e umana dei giovani cineasti pratesi, come ricorda commosso Patrizio Gioffredi: "Carlo Monni, per noi, è stata una presenza fondamentale. Lo abbiamo avvicinato per La banda del brasiliano, lui ha letto la sceneggiatura e gli è piaciuta subito. Anche stavolta la sua presenza ci ha aiutato moltissimo. Abbiamo ritardato le riprese per aspettare che finisse di girare la serie dei Delitti del BarLume all'Isola d'Elba perché lo volevamo a tutti i costi. La sua scomparsa ci ha toccato profondamente. Avevamo progettato di girare altri dieci film insieme". Come spiega il direttore della fotografia Duccio Burberi: "Per Sogni di gloria avevamo bisogno di coinvolgere attori con un po' più di esperienza, e che fossero legati al territorio. Tutti gli interpreti che abbiamo usato stavolta vengono dal teatro, sono abituati a lavorare sul dialetto toscano e sono vicini al nostro tipo di cinema. Sentiamo l'esigenza di aprici a nuove collaborazioni, anche con interpreti che provengono da contesti diversi, con facce diverse. Ci piace vedere le dinamiche che si creano sul set mettendo insieme professionisti e non professionisti, e in tal senso ci sentiamo molto vicini all'esperienza di un autore come Sergio Citti". Per quanto riguarda il coinvolgimento di Giorgio Colangeli "cercavamo un attore che facesse da contraltare alla presenza di Carlo Monni e ci piaceva avere un romano. Gli abbiamo mandato la sceneggiatura e lui si è reso subito disponibile. Sul set è stata una bella presenza. Si è dimostrato da subito uno Snellinberg, ci ha davvero sorpreso".

Gioie e dolori del low budget

Sogni di gloria: Carlo Monni e il regista Patrizio Gioffredi
Sogni di gloria: Carlo Monni e il regista Patrizio Gioffredi
Pur essendo costato meno di 2000 euro, La banda del brasiliano è stato protagonista di un boom eccezionale dovuto al passaparola. Stavolta, la disponibilità di un budget un po' più elevato ha permesso a John Snellinberg di curare maggiormenti certi aspetti della nuova produzione. Cosa è cambiato? "Il budget dei nostri film aumenta in modo costante, basta moltiplicare per 13,5. Se continua così tra quattro o cinque film realizzeremo il nostro colossal" scherza Patrizio Gioffredi. Aggiunge Duccio Burberi: "Ho sposato il progetto Snellinberg proprio per avere una totale libertà, per poter esplorare il cinema a 360° con quella che per me è quasi una famiglia. Lavorare con pochi soldi ti permette di essere libero, ma noi abbiamo sempre cercato di alzare l'asticella della qualità. E' ovvio che in fase di sceneggiatura ci dobbiamo privare di effetti speciali, riprese aeree, elicotteri che atterrano e così via, ma i temi di cui ci occupiamo sono sempre legati al quotidiano quindi non è un gran sacrificio". Per un gruppo che si è fatto notare proprio grazie alla scelta di mettere in scena la realtà locale, radicando le storie nella provincia toscana profonda, il legame con la propria terra appare un elemento imprescindibile. Ma sarà sempre così? "Provare a raccontare realtà altre sarebbe bello, ma per adesso non ci viene naturale" spiega Lorenzo Orlandini. Gli fa eco Patrizio Gioffredi: "Magari potrebbe diventare un punto d'arrivo. Realizzare un road movie ambientato altrove, ma che prevede la Toscana come punto di arrivo. Non siamo campanilisti, ma la Toscana è il mondo che conosciamo bene. Siamo legati al primo Benigni, al primo Nuti, ai Giancattivi perciò vogliamo continuare a portare il cinema a Prato. E poi la Toscana è molto cinematografica. Perché standardizzarci andando a Roma come fanno tutti?" Oltre alla Toscana, cosa c'è nel futuro di John Snellinberg? "Le idee sono tante. Stiamo aspettando di trovare il budget per riuscire a fare un altro salto di qualità. In attesa di riuscire a realizzare un colossal autoriale ambientato a Kiev, che sarà il nostro testamento, aspettiamo di vedere come andrà Sogni di gloria. Sia a Roma che a Huston è stato accolto benissimo, ora ci affidiamo al pubblico italiano. Se vogliono un altro Snellinberg ce lo devono dimostrare".