In anteprima alla ventesima edizione di Alice nella città e in occasione della Festa del Cinema di Roma 2022 è stato presentato un film estremamente particolare. Un documentario che come pochi ha saputo raccontare la società contemporanea attraverso un punto di vista purtroppo insolito: gli occhi dei bambini. Stiamo parlando de Il cerchio, lungometraggio diretto e sceneggiato da Sophie Chiarello che ha dimostrato di avere un'attitudine particolarmente attenta, delicata e indagatrice verso tutto quello che riguarda il mondo dell'infanzia, con le sue contraddizioni, la sua semplicità, ma soprattutto il suo modo di vedere e percepire il mondo.
Prodotta da Indigo Film con Rai Cinema e in collaborazione con Sky Documentaries, questa piccola ma grande opera racconta le vite e il quotidiano di un gruppo di alunni che hanno frequentato la sezione B della scuola Daniele Manin di Roma dal 2015 al 2020, una classe affiatata che grazie alla paziente e discreta guida della regista si è confrontata su tante tematiche: dal rapporto con gli adulti a quello con le diverse culture fino ad arrivare a Babbo Natale, vera costante del film, la cui presunta esistenza ha infiammato gli animi più di una volta. Durante la prima giornata della manifestazione capitolina dedicata al cinema, abbiamo quindi avuto la possibilità di partecipare alla conferenza di presentazione del lungometraggio dove i piccoli protagonisti insieme a Sophie Chiarello e alla maestra Francesca Tortora hanno raccontato la loro esperienza.
La nascita del progetto
La prima cosa che viene da chiedersi dopo aver visto Il cerchio è di sicuro come sia nata l'idea di questo progetto, un'impresa non semplice ma soprattutto lunga che ha richiesto ben 5 anni e centinaia di ore di girato. La regista, spinta dalle domande dei giornalisti, ha raccontato la genesi del film che nasce da una curiosità personale: "All'inizio non avevo un'idea precisa di quello che sarebbe diventato il progetto, ero spinta dalla curiosità, volevo dare voce ai bambini e con la maestra Francesca, che è stata anche l'insegnante dei miei figli, è nata l'idea. Non sapevamo chi sarebbe arrivato, abbiamo aspettato che la classe si formasse e poi abbiamo chiesto ai genitori il permesso. Lo abbiamo vissuto come un laboratorio: l'approccio è stato quello di eliminare ogni artificio, sono entrata prima da sola con una telecamera, all'inizio mi tenevo in disparte e ci siamo avvicinati gradualmente. Col tempo è diventato tutto molto naturale, volevo che loro si impossessassero dello spazio e della telecamera."
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La scelta degli argomenti
Più volte in conferenza i bambini, ormai ragazzini, hanno ribadito quanto bella fosse stata questa esperienza. Il sedersi in cerchio (da qui il titolo del progetto) e parlare di tante tematiche ha stimolato la loro curiosità, ma sopratutto li ha fatti sentire un gruppo dove chiunque poteva sentirsi accolto e ascoltato. Certo, come affermato dalla stessa Sophie Chiarello, pilotare la discussione su tematiche prestabilite si è rivelato praticamente impossibile: "Ogni volta che noi arrivavamo con un'idea il discorso virava altrove e prendevano loro possesso del tema, era impossibile preparare qualcosa. In ogni annata c'è stato un tema portante perché avveniva sempre una nuova scoperta, infatti ognuno che arrivava portava una tematica. Abbiamo cercato di dare uno spazio equilibrato a tutti facendo emergere gli argomenti che hanno avuto maggiore rilevanza. L'unico argomento che è perdurato nel tempo è stato quello di Babbo Natale, che poi è rimasto un filo a cui aggrapparsi."
La difficoltà maggiore, però, si è palesata nell'equilibrio: "La cosa più difficile era trovare la giusta distanza. Erano persone con cui avevi un relazione, storie incontrate che dovevano essere raccontate, non ostentate e trovare l'equilibrio non è stato semplice." A complicare le cose si è aggiunta anche l'emergenza sanitaria che ha richiesto alcune modifiche all'idea iniziale: "Durante il lockdown sono andata in panico, avevamo immaginato un finale del film totalmente diverso. Mi sono resa subito disponibile e qualcuno mi ha contattato qualcuno meno. Se fino ad allora io mi ero imposta di non uscire dalle mura della scuola per preservare quello spazio, a quel punto sono dovuta andare io da loro, sotto le loro finestre."