Recensione Diari (2008)

Azzola prova a spostare il punto di vista, dotando di inedita intelligenza i protagonisti del suo film (non sempre e non tutti, com'è giusto che sia) e andando a descriverne i turbamenti e quelle esperienze necessarie per la crescita.

I turbamenti dell'adolescenza

Da quando il cinema italiano sembra aver riscoperto i giovani, sono tanti i film che si sono susseguiti facendo della tematica "adolescenza" un pretesto per denunciare i mali della società in cui inciampano i ragazzi o per risolvere un così complicato universo in inoffensiva commedia. Per portarli sullo schermo, l'esordiente Attilio Azzola si è inventato un percorso formativo rivolto ai giovani della Brianza, che da un lato li introducesse al mondo del cinema, dall'altro fosse fonte di ispirazione per un film che li raccontasse senza cadere nello stereotipo. L'approdo di questo "Progetto Diari" è stato quindi un lungometraggio realizzato insieme ai ragazzi che vi hanno preso parte e presentato al Festival di Cannes del 2008 e ad altre kermesse internazionali.

Con Diari Azzola prova a spostare il punto di vista, dotando di inedita intelligenza i protagonisti del suo film (non sempre e non tutti, com'è giusto che sia) e andando a descrivere i turbamenti e quelle esperienze necessarie per la crescita. Nella sua opera in tre episodi, le cui singole vicende si incrociano e si risolvono in quello finale, si raccontano tre momenti fondamentali della vita di un giovane: l'amicizia, l'amore, il rapporto col padre. Per tirarne fuori tutto il potenziale e sottolinearne il valore, il regista non può che concentrarsi sui conflitti, che portano i ragazzi a sbattere la testa su abbandoni, rifiuti e riconciliazioni. E tra le figure maschili adulte che si avvicinano al loro mondo per capirlo e per farsi capire, si distingue quella di un simpatico anziano con l'illusione di un amore eterno che cerca di trasmettere loro riti e qualità oggi ormai superate.
In realtà, pur tentando una strada inedita nell'approccio all'universo giovanile, Diari non ne propone certo un ritratto più sentito o veritiero, restando in una parzialità di toni e argomenti che lascia il tempo che trova. Tagliato in tre storie, il film stenta a carburare, tra le ossessive voci fuori campo, la recitazione poco agile dei suoi protagonisti, musiche che non smettono mai di rimbombare il loro commento alle scene e una vocazione puerile, piuttosto che giovanilistica, della sceneggiatura. La regia si mantiene scolastica, con un linguaggio e una punteggiatura che non può contare su alcun lampo, ma l'appeal di alcuni personaggi lascia comunque scivolare il film con una certa facilità. Per fortuna, nelle varie storie ci viene evitato l'happy ending a tutti i costi, mentre si avverte una certa amarezza molto simile a quella da mandar giù per entrare nell'età adulta. Se poi gli adolescenti sapranno riconoscersi in questi quadretti così affettuosi spetterà soltanto a loro dirlo.