I Manetti Bros. al Festival di Roma col poliziesco Song 'e Napule

Presentato fuori concorso all'ottava edizione del Festival Internazionale del film di Roma il nuovo film di Antonio e Marco Manetti, una commedia vintage interpretata da Alessandro Roja e Giampaolo Morelli che omaggia la canzone neomelodica napoletana e i poliziotteschi anni '70.

Dedicato alla memoria del re dei B-movie all'italiana, il produttore Luciano Martino scomparso la scorsa estate, Song 'e Napule è il nuovo lavoro dei Manetti Bros., un divertente film di genere che mischia sapientemente la commedia romantica e il poliziesco puro regalando un piacevole e spassoso intrattenimento. Nato da un'idea di Giampaolo Morelli, anima e volto dell'Ispettore Coliandro che i Manetti hanno diretto sul piccolo schermo con grande successo, il film racconta l'avventura di un pianista (Alessandro Roja) che senza alcuna vocazione per la professione di poliziotto decide di accettare la raccomandazione per entrare nella Polizia di Stato. Imbranato come pochi Paco viene assegnato al lavoro d'ufficio fino al giorno in cui, proprio per la sua abilità al pianoforte, viene reclutato dalla squadra anti-crimine per infiltrarsi in una band neomelodica guidata dalla star Lollo Love (uno straordinario Giampaolo Morelli) e dare finalmente un volto ad un pericoloso boss della camorra. Presenti in conferenza stampa oggi all'Auditorium Parco della Musica i due registi accompagnati da Morelli e da Alessandro Roja insieme a Paolo Sassanelli, che nel film veste i panni del commissario dell'anti-crimine e alla bella Serena Rossi che nel film è la sorella di Lollo Love. Nel cast anche un esilarante Carlo Buccirosso e Peppe Servillo nei panni del boss.

Nel giorno della presentazione ufficiale del film ci piacerebbe ricordare insieme a voi Luciano Martino, cosa vi è rimasto del lungo lavoro che avete portato a termine al suo fianco in questi anni?
Marco Manetti: E' stato un produttore che ha sempre proferito un grande impegno nella promozione e nella produzione del cinema italiano di genere, che ha donato al nostro cinema una linfa vitale inesauribile. L'incontro con lui e con la sua Devon Cinematografica ha dato un senso alla nostra carriera, il cinema che proponiamo in Italia purtroppo non ha grosso mercato e non ha la risposta che ci si aspetta da parte del pubblico e lui all'inizio è stato capace di guidarci e darci una direzione ben precisa.
Com'è nata l'idea di realizzare un film poliziesco ambientato a Napoli?
Marco Manetti: Ci piace sperimentare, cambiare genere, muoverci il più possibile da schemi prefissati, siamo disposti a fare tutto e a metterci sempre in discussione. Song'e Napule ha avuto una genesi complessa, nasce da un'idea geniale di Giampaolo Morelli che poi noi abbiamo sviluppato insieme a lui e a Luciano come tutti i film che abbiamo fatto finora. Siam orgogliosi di aver diretto il suo ultimo film da produttore e lo abbiamo fatto per lui più che per noi perché questo film è molto più suo di quanto non sia nostro.
In qualità di ideatore del film, oltre che di interprete, ci racconta come è nato nella sua mente questo film e cosa l'ha spinta ad interpretare il ruolo di un cantante neomelodico?
Giampaolo Morelli: Sono nato e cresciuto nel quartiere napoletano dell'Arenella e ho frequentato la scuola del quartiere. Ho avuto conoscenze in tutte le classi sociali e in ogni tipo di ambiente e mi ha sempre incuriosito la reazione che avrebbe potuto avere un napoletano borghese catapultato nella Napoli popolare dei vicoletti che tanto ama i cantanti neomelodici. Anche queste figure mi hanno sempre affascinato molto, ma non parlo di quelli più famosi che hanno avuto successo ma di quelli che lottano ogni giorno contro i pregiudizi e tirano a campare con un lavoro spesso denigrato e considerato trash. In realtà dietro all'apparenza si nascondono spesso dei musicisti di grande talento. Mi attirava anche l'idea di raccontare il loro mondo fatto di videoclip, passione e sentimento e l'universo dei matrimoni napoletani, queste feste infinite che somigliano di pià a dei sequestri di persona (ride).
Cosa pensa del risultato che i due registi hanno ottenuto sul grande schermo?
Giampaolo Morelli: Erano gli unici che avrebbero potuto raccontare la Napoli che vedo io con i miei occhi, la città che in ogni scorcio nasconde un potenziale set cinematografico. Succede con Bologna anche quando giriamo le puntate di Coliandro, ormai conosco il loro sguardo e lo trovo molto somigliante al mio. Personalmente non vedevo una Napoli così al cinema dai tempi dei film di Nanni Loy, ma a prescindere da questo questo film racchiude tutto quello che io ho sempre sognato di vedere in un film.
Non temete che ci possano essere delle polemiche riguardo al tema del legame tra cantanti neomelodici e camorra di cui si parla nel film e di cui si è anche parlato spesso sui giornali?
Giampaolo Morelli: Ho voluto partecipare a questo film e scrivere il soggetto proprio per sfatare questo falso mito dei legami camorristici tra cantanti neomelodici e i boss della camorra. La loro vita è fatta di esibizioni a compleanni, matrimoni e comunioni e, come succede anche nel film, può capitare che si ritrovino a suonare ad eventi legati alle famiglie dei boss ma d'altronde sono le famiglie più facoltose a potersi permettere di pagare per questo tipo di spettacoli. C'è anche gente che a Napoli per pagare il miglior cantante, il miglior vestito e il miglior ristorante si indebita per una vita. Napoli è una città piena di gente onesta.
Quindi il vostro è anche un modo per sfatare i falsi miti che negli anni si sono costruiti addosso alla città?
Marco Manetti: La nostra è una dichiarazione d'amore nei confronti di Napoli e della cultura popolare, la camorra è una delle tante realtà della città ma non è l'unica, il crimine esiste in ogni città del mondo ma non si può identificare un luogo così bello unicamente attraverso le cose negative che lo caratterizzano. Spero che in qualche modo il nostro film riesca anche ad aiutare i musicisti e i neomelodici troppo spesso associati al trash e alla volgarità.
Un romano come Alessandro Roja che si improvvisa napoletano per interpretare il ruolo di un poliziotto imbranato, ci racconta il 'suo' film?
Alessandro Roja: Il mio ruolo è quello di un ragazzo che sogna di diventare musicista ma che nel frattempo ha dovuto accettare di fare il raccomandato. Paco si sente un po' come un alieno nella sua città natale, ha perso il suo accento e ha tentato di dimenticare le sue origini per non soffrire. In realtà lui ama alla follia Napoli e riscopre questa passione proprio quando deve affrontare da vicino la cruda realtà della malavita. Song'e Napule però è anche un film sui pregiudizi e sulla difficoltà che abbiamo oggi nell'instaurare rapporti d'amore e d'amicizia.