Hometown - La strada dei ricordi, la recensione: il coraggio di ricordare

La recensione di Hometown - La strada dei ricordi, un documentario sul potere della memoria attraverso i ricordi di una coppia di vecchi amici: Roman Polanski e Ryszard Horowitz.

Hometown - La strada dei ricordi, la recensione: il coraggio di ricordare

Due anziani uomini camminano per le strade di Cracovia, ridisegnano vecchie vie, rispolverano gli androni e le stanze delle case dove sono cresciuti e condividono ricordi d'infanzia. Sono vecchi amici, non si vedono da un po', Cracovia è la loro città Natale e non ci tornano da decenni. Si chiamano Roman e Ryszard, il primo fa il regista, il secondo è un fotografo e questa storia potrebbe essere l'amarcord di due qualsiasi amici di infanzia, ma non è così. Non se quei nomi rispondono ai cognomi di Roman Polanski e Ryszard Horowitz, ovvero uno dei più grandi registi al mondo e uno dei più noti maestri della fotografia; e non se la loro infanzia si è consumata in un ghetto ebraico costruito dai nazisti. Proveremo a spiegarvelo meglio nella recensione di Hometown - La strada dei ricordi, il film che per settantacinque minuti tallona le memorie di questa coppia di arguti vecchietti e che dal 25 gennaio arriva nelle sale dopo un'anteprima al Festival di Roma dello scorso anno.

Il viaggio nella memoria

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Hometown - La strada dei ricordi: Roman Polanski, Ryszard Horowitz in un'immagine

A tampinare, pur se a debita distanza, Roman Polanski e Ryszard Horowitz per le vie di Cracovia, sono due giovanissimi registi, Mateusz Kudla e Anna Kokoszka-Romer. Sono loro ad averli convinti a farsi seguire mentre passeggiano per le strade della città che li ha visti crescere, rievocando i fatti più dolorosi della loro vita: il ghetto, l'Olocausto, la persecuzione nazista, il regime sovietico. Hometown - La strada dei ricordi non è un semplice documentario, ma è prima di tutto una grande lezione di cinema e un monito ad un'umanità troppo incline all'assopimento delle coscienze. L'abile montaggio delle scene in presa diretta e del materiale d'archivio, la scelta degli autori di stare sempre un passo dietro ai protagonisti, l'uso della voce off di Horowitz che fa quasi da guida al compagno di viaggio Polanski, sono tutti espedienti usati per raccontare una storia di sopravvivenza a partire dall'aeroporto dove i due amici si ritrovano prima di iniziare a errare per la città che non vedono da quasi sessant'anni.

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Hometown - La strada dei ricordi: Roman Polanski, Ryszard Horowitz in un'immagine

Da quando cioè il primo fuggì a New York per proseguire la sua carriera nel campo della fotografia e il secondo lasciò la Polonia per girare i suoi film da regista prima in Francia, poi negli Usa. Entrambi condividono l'orrore dell'Olocausto: quando fu deportato a Auschwitz Horowitz era ancora un bambino, che il destino avrebbe salvato facendogli incontrare Oskar Schindler, mentre Polanski riuscì a sfuggire alla deportazione nascondendosi in un piccolo villaggio, nella casa di una famiglia di contadini, i Buchala. Oggi Stefania e Jan Buchala non ci sono più, ma i registi del documentario sono riusciti a rintracciare il nipote Stanislaw e a farglielo incontrare in quella vecchia casa di campagna che lo aveva strappato ai nazisti.

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Il potere evocativo dei luoghi

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Hometown - La strada dei ricordi: Roman Polanski in una scena

Il dialogo di Roman e Ryszard è uno schiudersi continuo di memorie, dove i luoghi assumono uno straordinario potere evocativo: le rispettive case di infanzia, la sinagoga, le strade del ghetto dove si conobbero. E non manca una constatazione amara mista a stupore: "Non è rimasto nulla di quel passato, sembra Disneyland. Ti saresti mai aspettato di vedere Cracovia così?". Da qui parte un valzer di ricordi tra un sottile e inaspettato senso dell'umorismo e una commozione irruenta e a tratti inarrestabile come quando in visita all'appartamento in cui è cresciuto gli occhi si inumidiscono e la voce si spezza: "Alcuni momenti dimenticati di quando ero bambino tornano alla mente. È difficile raccontarli, bisogna averli vissuti". O come la scena al cimitero sulla tomba del padre: "Non amo molto i cimiteri", dice. Poi scherza ricordando un funerale alquanto rocambolesco. "L'umorismo si presenta nei momenti più impensati", osserva e racconta di quando sull'aereo che da Parigi trasportava la salma a Cracovia dove il padre aveva espresso il desiderio di essere sepolto, la bara scivolò in fondo e non si riusciva a tirarla fuori, o di come ritrovò i becchini praticamente "ubriachi fradici".

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Ricordare sempre

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Hometown - La strada dei ricordi: una scena del film

Tra stralci di foto in bianco e nero e tentativi di ricostruire pezzi di un passato a tratti confuso, la memoria si fa ingannevole e i ricordi contrastanti. "Abbiamo cancellato dalla memoria alcuni fatti", troppo dolorosi ricordarli. Ed è per questo forse che una volta arrivato davanti all'appartamento della nonna dove visse nel 1939 prima di trasferirsi a Varsavia, Polanski fa retromarcia e decide di rimanere sulla soglia: "No, andiamo via". "I ricordi sono terribili, lo devo ammettere - spiegherà più tardi - non li voglio cancellare, voglio che rimangano nella mia memoria così come sono. Non li voglio deformare". E per quanto spaventosi sfuggono all'oblio anche i primi giorni dell'invasione tedesca, il muro che divideva il quartiere in cui vivevano dal resto della città, la gente che moriva per strada, lui che sgattaiolava sotto il filo spinato per andare a comprare francobolli: "C'erano sempre più malattia e fame. Noi bambini eravamo piccoli e riuscivamo a passare sotto il filo spinato, alzavamo la rete e passavamo".

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Hometown - La strada dei ricordi: Roman Polanski, Ryszard Horowitz in una scena del film

Impossibile dimenticare poi il suo "primo incontro con l'orrore", la mente va all'immagine ancora vivida di una donna stremata dalla fatica e uccisa da un nazista con un colpo secco alla schiena: il sangue cominciò a "gorgogliare come uno zampillo", come l'acqua di una fontana. Un film di oggetti, cimeli, un'opera sul tempo che trasforma i volti e i luoghi, a volte invece li scolpisce e li condanna al ricordo eterno. Ma soprattutto un piccolo saggio sulla natura umana, l'origine del male e le lezioni che non impariamo mai, perché "le persone non imparano dalla storia, non traggono alcuna lezione. [...] Tutto si ripete dopo qualche decennio, la guerra o qualche disordine, cambia poco, le persone sono da sempre crudeli".

Conclusioni

Ci piace concludere la recensione di Hometown - La strada dei ricordi con la stessa immagine che accompagna l’intero documentario: quella di due amici di infanzia ormai non più giovanissimi, che camminano per le strade di Cracovia, rispolverano vecchi ricordi e tentano di ridisegnare le vie dove sono cresciuti. I protagonisti sono Roman Polanski e Ryszard Horowitz, regista e fotografo entrambi di fama mondiale, che insieme condividono la dolorosa esperienza dell’Olocausto. Attraverso il loro continuo peregrinare e le chiacchiere fiume condite spesso da un inaspettato umorismo, i registi realizzano un’opera sublime. Una storia universale sul valore della memoria.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • Il lavoro sulla memoria e sul tempo, che deforma, decanta e trasforma.
  • La capacità dei due registi di tenersi alla giusta distanza rispetto ai due protagonisti.
  • Non un semplice flusso di ricordi, ma un piccolo saggio sulle lezioni che non impariamo mai e sulla natura umana.

Cosa non va

  • Risulta davvero difficile trovare in questo documentario qualcosa che non vada.