Dalla quarta stagione alla decima
Commentando la premiere di Heroes Reborn, l'atteso reboot/sequel di Heroes, avevamo constatato come, rispetto ad altri revival televisivi passati e futuri, la creatura di Tim Kring fosse partita dal presupposto sbagliato: inutile spiegare i retroscena della serie originale agli spettatori occasionali, questo nuovo racconto è fatto per i fan duri e puri. Un'idea fatale dato che, nel 2010, fu proprio l'abbandono progressivo da parte di questi ultimi a decretare la cancellazione di Heroes, e non se ne sentiva esattamente la mancanza, al contrario di altre serie risorte come Arrested Development, 24 e X-Files. E proprio quest'ultima, da poco tornata sugli schermi (prima al Comic-Con di New York e al festival di Courmayeur, prima di approdare in TV), contiene la formula giusta per accontentare tutti, proponendo un breve ma efficace riassunto degli eventi passati in apertura di episodio. Heroes Reborn ha invece liquidato quel poco di backstory che riteneva necessario nel prequel online Heroes Reborn: Dark Matters, passando direttamente all'intreccio principale che molti hanno trovato poco chiaro (per usare un eufemismo).
Sopravvalutando la lealtà dei fan, Kring ha infatti deciso di trattare Reborn come se fosse una stagione normale, per l'esattezza la decima, fingendo che la serie originale non fosse mai stata sospesa. Ed ecco quindi un accumulo di nuove storie e nuovi personaggi, senza tenere conto del fatto che i fan avevano cominciato a faticare a seguire il programma già durante la seconda stagione, e che l'aggiunta di nuovi eroi nel tentativo di ravvivare l'andamento narrativo non faceva altro che ricordarci quanto preferissimo i protagonisti originali. E proprio i nostri beniamini della stagione 2006-2007 sono le vittime principali del revival, che ha deciso - in parte anche per questioni pratiche legate agli impegni del cast - di usare abbastanza poco (e male) gli eroi di un tempo, concentrandosi su una nuova generazione di cui, una volta finito l'episodio di commiato, ci ricordiamo a malapena i nomi.
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Vecchi amici
Difatti l'unico episodio minimamente riuscito, June 13th, è quello che dedica maggiore spazio a due dei personaggi più amati dai fan, Noah Bennet e Hiro Nakamura. Rivedendoli insieme, impegnati in una missione il cui scopo è far tornare tutto come prima (sottile ironia da parte degli sceneggiatori?), è ancora possibile riconoscere quel qualcosa di speciale che aveva reso memorabile il primo volume della serie originale, seppure parzialmente annegato in un fiume di spiegazioni stucchevoli, affidate a Mohinder Suresh - il cui ritorno, anche come narratore, era tutt'altro che necessario - e Angela Petrelli (che allude più volte a vicende di famiglia che i neofiti non conoscono). E lascia decisamente l'amaro in bocca la decisione di far uscire di scena in modo più o meno definitivo sia Hiro che Noah (il sacrificio finale di quest'ultimo, per quanto logico, sa tanto di forzatura per chiudere la stagione col botto), nonché quella di riesumare altri eroi storici per poi usarli in modo gratuito e quasi sdegnoso, come il già menzionato Mohinder o il povero Matt Parkman, trasformato in "cattivo". Ma la scelta più irritante è quella riservata per la scena finale...
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"Fine del volume"
Come ultimo omaggio all'origine fumettistica e alla natura seriale di Heroes, l'epilogo di Reborn non è affatto tale, lasciando la porta aperta per sviluppi futuri nonostante gli ascolti deludenti e la decisione da parte di NBC di non rinnovare quello che era sempre stato concepito come un evento limitato. Nello specifico, la scena finale mostra i due gemelli Nathan/Tommy e Malina, figli della defunta Claire Bennet, che ricevono dei messaggi simbolici da parte di un mittente misterioso. Spetta a nonna Angela il compito di chiarire il mistero: "Tuo padre sta per tornare", dice a Malina, "e questa volta nessuno sarà in grado di proteggervi." Al di là della banalità di quello che presumibilmente vuole essere un omaggio a Star Wars, il cliffhanger è particolarmente frustrante perché, ammesso che la serie ritorni in futuro, è logico supporre che la nuova stagione/miniserie sia ambientata in tempo reale, e che la minaccia presagita in questa sede ceda il posto ad un nuovo pericolo di cui probabilmente ci importerà ben poco. A questo punto, la vera minaccia non è né Sylar né il padre dei gemelli, ma Tim Kring, il cui credo al suono di "Heroes, c'est moi!" è incompatibile con le vere potenzialità del serial. Sarebbe auspicabile, a questo punto, un altro showrunner, capace di tornare agli antichi fasti. Qualcuno come Bryan Fuller, che aveva firmato alcuni degli episodi migliori ai tempi...
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Movieplayer.it
2.0/5