Passato il Natale riprendono anche i consueti appuntamenti con le serie TV d'oltre oceano e Heroes si mette da subito in carreggiata con una serata ricca di ben due episodi che segnano sia il ritorno di Sylar finalmente ricongiunto in anima e corpo, ma che soprattutto salutano Adrian Pasdar (Nathan Petrelli) che lascia il cast dopo essere stato licenziato senza preavviso dagli autori.
Anche se un po' sorprende la decisione di fare a meno non solo di uno dei volti storici della serie, ma anche del rapporto tormentato che lega i due fratelli Nathan e Peter, ci si rende comunque conto che la via imboccata nel disiastroso finale della terza stagione non poteva più continuare a lungo. Avere due personaggi forti a condividere un unico corpo era troppo limitante, soprattutto per le possibilità di Sylar confinato nella coscienza di Matt Parkman, altro personaggio che comincia a risentire di una sceneggiatura troppo carente nei suoi confronti visto che la trama ormai pare svolgersi solo intorno alle vicende di Claire, Noah e Samuel Sullivan.
Ed anche Samuel, personaggio che resta comunque di gran carisma, risulta appannato, almeno negli intenti, in questa seconda parte di stagione perchè scavando nel suo passato (episodio 11, Thanksgiving) risulta come un semplice comprimario balzato alla ribalta della scena solo dopo l'assassinio di suo fratello Joseph, non di certo il leader sicuro delle proprie capacità che ci era stato presentato ad inizio di questa quarta stagione.
Esempio pratico di ciò è Once Upon A Time In Texas (episodio 8), probabilmente il peggiore di questa stagione sia per la sua inconcludenza, sia per aver generato contraddizioni che all'occhio del fan della serie non possono passare inosservate e ci si chiede quanto faccia davvero bene alla saga insistere su sottotrame infruttuose e lasciate comunque cadere nello spazio spesso di un'unica puntata perché se da un lato può essere degno di merito focalizzare l'azione su un gruppo di personaggi più ristretto, d'altro canto appare almeno "bizzarro" l'accantonare personaggi che poi di colpo riappaiono dal nulla come se fossero usciti dal cappello a cilindro di un prestigiatore.
E' il caso di Tracy Strauss (Ali Larter) di cui si sono perse le tracce oppure di Mohinder Suresh (Sendhil Ramamurthy) che diventa protagonista di Brother's Keeper (episodio 10) per poi essere riarchiviato fino a questa settimana (Close to You, episodio 15). Segni positivi, invece, riguardano Hiro Nakamura, di nuovo innamorato di Charlie restituitagli proprio dal confuso Once Upon A Time In Texas, che riacquista parte della sua dignità di personaggio attraverso il tumore al cervello che lo sta consumando, ma comunque siamo ancora lontani dalle vaste potenzialità della prima stagione per tutto quello che riguarda il giovane giapponese interpretato dal sempre bravo Masi Oka.
Anche Noah Bennet fa i conti con il proprio passato da cui fa capolino una sua ex partner alla Primatech e che attualmente pare essere interessata a nuove collaborazioni, non soltanto prodessionali, con il nostro uomo della Compagnia impegnato nella ricerca del Circo itinerante dei Sullivan. La vita nel Circo, come avevamo già detto negli articoli precedenti, è senza dubbio l'aspetto più interessante della stagione perchè offre uno spaccato di vita alternativa al doversi nascondersi per chi si sente "diverso". La comunità che ha trovato un modo di vivere alternativo, ma sereno ai margini della società, conserva un fascino che non tramonta mai e questo è anche il punto di forza di Samuel Sullivan che sventola quest'utopia come un vessillo per far presa sulle debolezze di coloro che vuole condurre all'interno del suo piccolo regno, come ad esempio Claire sempre più indecisa sul suo futuro.
Bisogna quindi attendere lo scontro anche ideologico tra le due visioni del mondo: quello ordinato della Compagnia in cui il diverso viene nascosto, segregato, al massimo integrato nel mondo convenzionale e quello più libero e poetico dei Sullivan dove tutti sono messi in condizione di esprimere le proprie abilità accettandole come dono e non come condanna.
Ma in attesa di scoprire come si concluderà la stagione e di stabilire il ruolo che avrà Sylar, disincagliato da entrambe le possibilità grazie al suo immenso potere, diamo uno sguardo ai singoli episodi che ci hanno accompagnato fin qui. Cominciamo proprio con Once Upon A Time In Texas, episodio numero 8 e probabilmente il più controverso della stagione a causa dell'ennesimo salto temporale che conduce Hiro Nakamura ancora una volta nella piccola tavola calda in Texas dove aveva incontrato la giovane cameriera Charlie (Jayma Mays). Compito di Hiro è salvare la vita alla ragazza che, come ricorderete, era stata vittima dello spietato Sylar. Assistiamo, quindi, ad avvenimenti già accaduti che generano ulteriori paradossi di cui la serie non ha alcun bisogno. L'utilità dell'episodio è soltanto introdurre il personaggio di Lauren Gilmore (Elisabeth Röhm), partner di Noah alla Primatech, che affiancherà il nostro uomo della Compagnia durante le fasi finali dello scontro con Samuel Sullivan, ma per tutto il resto si tratta di una puntata abbastanza scialba che crea più perplessità narrative di quante ne risolva in realtà. Shadowboxing si occupa, invece, delle vicende di Matt Parkman e Sylar, ormai strana coppia della serie legata a filo doppio dal momento in cui il killer riesce a controllare il corpo del detective per poter riuscire a recuperare il proprio. Inutile sottolineare che i momenti migliori dell'episodio sono proprio quelli in cui Gabriel Gray ha campo libero, ma la storyline dedicata a Parkman resta esile e decisamente poco interessante. I dubbi dell'uomo, le sue paure e il suo voler restare al di fuori del mondo degli "eroi" sono privi di vera tensione narrativa e non riescono a coinvolgere lo spettatore. Il ritorno di Mohinder Suresh occupa gran parte di Brother's Keeper ed è utile per cominciare a scoprire nuovi elementi sul passato di Samuel Sullivan e soprattutto a capire come il grande potere dell'uomo possa essere pienamente sfruttato.
Questione che poi prosegue nel successivo Thanksgiving dove finalmente si comprende la natura del tormento che perseguita Samuel, ma che abbassa il livello di quello che fino ad ora era stato l'antagonista più interessante nel panorama della serie, altra colpa che non riusciamo perdonare agli autori perchè ancora una volta dimostrano di non essere in grado di gestire in modo coerente le premesse da loro stessi gettate.
Anche le distanze tra Claire e Noah continuano ad aumentare e la giovane viene presa nella rete gettata da Samuel con la promessa di una vita senza fughe e nascondigli all'interno del Luna Park Sullivan e The Fifth Stage ci offre proprio uno spaccato della realtà del luogo incantato che si sposta di città in città secondo le esigenze del suo leader, ma questo episodio è anche quello che segna l'abbandono del cast da parte di Adrian Pasdar perchè nel finale arriva l'epilogo per il suo personaggio, Nathan Petrelli. E in Upon This Rock e Let It Bleed, rispettivamente episodi 13 e 14, che si mette la parola fine alla storia del senatore Petrelli con tanto di funerali di stato ed ennesima cortina di bugie orchestrata da Angela Petrelli e Noah Bennet, vicenda che contribuisce ad aumentare le distanze con Peter e Claire, entrambi ugualmente toccati dalla perdita. Il licenziamento di Pasdar pur correggendo l'errore commeso nel finale di stagione passato comunque priva la saga di una tematica importante quale il confronto tra i due fratelli Petrelli da sempre legati da un rapporto affettivo assai complesso. Il timore è quindi che venga ulteriormente preferita la semplice azione e che passi definitivamente in secondo piano ogni approfondimento della psicologia dei personaggi depauperando ancora una volta la serie di contenuti interessanti. L'ultimo episodio andato in onda, Close to You, pecca proprio di ciò: molta azione, ma pochi collegamenti tra le vicende e l'impressione netta che alcuni passaggi vengano affrontati frettolosamente per poter dare spazio maggiore alla narrazione della storia in sè.
Peccato davvero perchè il materiale umano denso di conflittualità e dubbi esistenziali poteva essere un bacino vasto di tematiche e storie sicuramente più interessanti.
La conclusione è quindi che anche se sono stati fatti indubbi sforzi per risollevare la serie, non sono però sufficienti a recuperare quanto è stato perduto nel corso delle passate stagioni.
La scelta è quindi semplificare e confezionare una serie che punta sull'action più che sui contenuti, ma che anche in questo modo il più delle volte non riesce ad incatenare lo spettatore allo schermo. E di questo continuiamo tutti a rammaricarci.