Dopo Sex and the City, nel bene e nel male, qualsiasi comedy di gruppo al femminile ha dovuto fare i conti con quella pesante eredità. Dopo Run the World di STARZPLAY, anche Prime Video prova a portare a casa una serie con quattro donne protagoniste all black che tentano di raggiungere una stabilità sentimentale e professionale, come spiegheremo in questa recensione di Harlem, dal 3 dicembre interamente disponibile sulla piattaforma streaming.
Donne indipendenti
Harlem inizia paradossalmente con una citazione su una popolazione di donne che vivono ai piedi dell'Himalaya, quasi una Themyscira mitologica in cui le donne hanno il potere in una società fortemente matriarcale. Popolazione alla quale la protagonista Camille vuole ispirarsi per rendere la propria vita più indipendente dagli uomini (dovremmo dire una delle protagoniste, ma Camille è la "Black Carrie Bradshaw"). Creata e scritta da Tracy Oliver e prodotta da Amy Poehler e Pharell Williams, la comedy vuole fare di Harlem, il quartiere black della Grande Mela, quinto personaggio accanto alla già citata Camille (Meagan Good), a Tye (Jerrie Johnson), a Quinn (Grace Byers) e a Angie (Shoniqua Shandai). Harlem si vive e si respira grazie alla regia e alla fotografia dello show, alle scenografie messe in piedi per gli interni e per gli esterni, dove è stata girata dal vivo e questo è un enorme valore aggiunto. Grande attenzione del resto è stata data all'aspetto visivo dello show, con un grande uso di colori sgargianti e accesi, come nella key art ufficiale della serie, fotografata da Adrienne Raquel, e nella locandina commissionata al talento newyorkese Jade Purple Brown.
Run The World, la recensione: Sex and the City ad Harlem
Le quattro donne devono affrontare ognuna a modo proprio l'amore e la carriera nella New York contemporanea in un mondo cosmopolita ma sempre di bianchi. Camille è una professoressa di antropologia apprezzata dai propri studenti alla Columbia, ma non riesce a ottenere una cattedra di ruolo (un problema estremamente attuale) e allo stesso tempo non riesce ad andare avanti con la propria vita amorosa, perché bloccata nel ricordo di un ex (Ian, interpretato da Tyler Lepley), nonostante sia esperta di corteggiamento nelle varie culture. Tye è la creatrice di successo di una dating-app per persone queer ma preferisce non lasciarsi coinvolgere romanticamente da nessuna compagna. Quinn è l'inguaribile romantica del gruppo, un'aspirante stilista che fatica a decollare ma ha sempre la propria famiglia dietro a "coprirla". Infine Angie è la chiassosa della combriccola, quella che non ha peli sulla lingua, la "Black Samantha" (con i dovuti paragoni ovviamente): è un'aspirante cantante con una grande voce ma anche grandissime aspirazioni, che la portano a voler puntare forse troppo in alto senza accettare compromessi. E a vivere "a scrocco" a casa di Quinn.
Avere trent'anni
Camille, Tye, Quinn e Angie devono affrontare il passaggio dai venti ai trent'anni nella comedy, mostrare cosa significhi essere una black woman indipendente oggi. Se Run the World si concentrava più sul successo professionale che sugli obiettivi amorosi, e Sex and the City sulla vita amorosa (e sessuale, come da titolo) delle protagoniste, in Harlem troviamo una via di mezzo delle due dimensioni nella quotidianità dei personaggi. Nessuna delle quattro donne ha già raggiunto una stabilità, sentimentale o lavorativa che sia (quest'ultima forse in parte Tye), ma è tutto in divenire. Un romanzo di formazione che ci porterà tra le strade di Harlem, per raccontare il decadimento di un quartiere che deve restare al passo coi tempi, ma con un velo di nostalgia per ciò che è stato negli anni d'oro, per vivere e respirare la magia dell'aver girato in location (i set a New York danno sempre una magia e una marcia in più agli show) con guest star di un certo pregio come Whoopi Goldberg nei panni della Dr. Elise Pruitt o Andrea Martin nei panni di Robin, la sovrintendente di Camille. Le quattro donne rientrano così nei personaggi-tipo da comedy di gruppo - l'affermata e stacanovista sul lavoro, la pasticciona amorosa, l'eterna romantica e la sguaiata avventurosa - ma dando ognuna qualche sfaccettatura in più al proprio alter ego. Una cosa è certa: non c'è spazio per dei veri problemi "di sopravvivenza" nelle storie di queste donne, che hanno comunque una certa indipendenza economica e non mancano di avere sempre l'outfit giusto e la casa accogliente.
Conclusioni
Concludiamo la recensione di Harlem testimoni di come sia importante dare voce alla comunità black anche nel campo delle comedy al femminile, ma bisogna anche trovare una chiave di racconto che vada oltre quella culturale. La comedy comunque riesce a dare delle sfaccettature ai personaggi-tipo delle quattro protagoniste grazie alla scrittura di Tracy Oliver e all’interpretazione delle quattro attrici, e a fare di Harlem un quinto personaggio, dai colori accesi e vivaci, che vive e respira con loro.
Perché ci piace
- Protagoniste da subito ben caratterizzate anche se rientrano nei personaggi-tipo del genere.
- Harlem è il quinto personaggio della storia.
Cosa non va
- Non porta effettivamente qualcosa di nuovo al genere comedy al femminile a parte il racconto culturale, che comunque rimane nella fascia benestante e non indaga per davvero i problemi economico-sociali della comunità black.