Halston, la recensione: il manicheismo eccessivo di Ryan Murphy

La recensione di Halston, la nuova miniserie di Ryan Murphy per Netflix con protagonista Ewan McGregor dal 14 maggio sulla piattaforma.

"In fondo la moda è una questione di costumi. Ci agghindiamo per essere qualcosa che non siamo"

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Halston: una scena della serie Netflix

L'instancabile Ryan Murphy torna su Netflix e in questa recensione di Halston, la sua nuova miniserie con protagonista Ewan McGregor dal 14 maggio sulla piattaforma, proveremo di spiegare come mai sia un prodotto che rientra perfettamente nei suoi canoni, e allo stesso tempo non lasci il segno come avrebbe potuto.

MODA PASSEGGERA

Per chi non lo sapesse - e c'è un motivo per questa mancanza che verrà spiegato nella miniserie - Halston è stato un nome cardine della moda anni '60-'70: inizialmente cappellaio diventato famoso con il cappello a tamburello di Jackie Kennedy - che è l'esempio perfetto del "costumismo" della citazione iniziale - ottiene la spinta verso la notorietà come stilista di Liza Minnelli. La miniserie in cinque episodi ripercorre la sua carriera dall'apice all'abisso e parallelamente proprio la sua amicizia con l'attrice e cantante, interpretata da una sorprendente Krysta Rodriguez, una delle poche relazioni costanti e durature della sua vita, .

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Halston: Krysta Rodriguez nella serie Netflix

Quella di Halston però si rivelerà tutto tranne che una moda passeggera e la miniserie, in perfetto stile biopic, mostra la parte adulta della vita e carriera dello stilista, lasciando a pochi flashback e soprattutto alle parole del suo protagonista il compito di raccontarne il passato. Una scelta apprezzabile, impreziosita da una serie di interpretazioni riuscite - in primis Ewan McGregor, accanto a un sardonico Bill Pullman (che ci ha appassionato negli ultimi anni in The Sinner), una sempre determinata Kelly Bishop (Una mamma per amica) nei panni della vera PR Eleanor Lambert e nientemeno che Vera Farmiga (l'esperta di essenze profumate Adele).

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UN ABITO PER DOMARLI TUTTI

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Halston: Ewan McGregor in una foto tratta dalla serie Netflix

Ewan McGregor quest'anno ha compiuto 50 anni e nella sua interpretazione traspare l'esperienza, la necessità di fare bilanci, e perché no anche la stanchezza della mezza età. Attraverso vestiti sempre impeccabili, curatissime scenografie e colori sgargianti - in fondo è pur sempre una miniserie sulla moda - vediamo il mondo con gli occhi di Halston, un mondo fatto di tessuti e colori, un mondo che possiamo quasi percepire attraverso i cinque sensi pur solo guardando. Queste caratteristiche di "perfezione visiva", pur rientrando nei canoni di Murphy, che ha scritto quasi tutti gli episodi insieme al fidato Ian Brennan, fa risultare la storia più fredda che appassionante, più asettica che sentimentale, se non fosse per le poche relazioni sentite dello stilista. Halston è dipinto come il solito genio incompreso, irascibile e ingrato, difficile da gestire, nonostante lo pervada una sorta di bontà di fondo che lo fa tornare sui suoi passi quando esagera con dipendenti e colleghi. A proposito di colleghi, tutto il mondo della moda è accennato nei cinque episodi, da Anne Klein a Balenciaga, in una girandola di sfumature colorate e soprattutto di guerra all'ultima sfilata fra aziende concorrenti.

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L'IMPORTANZA DEL NOME

"Abbiamo un nome, uno soltanto. Non abbiamo altro su questa Terra ed è tutto ciò che ci lasceremo dietro. E io non ho protetto il mio"

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Halston: Ewan McGregor in una foto di scena della serie Netflix

Con queste parole Halston ricorda agli spettatori il perché la miniserie abbia solo il suo cognome, diventato negli anni un brand, una garanzia e poi un problema. I "costumi" che Halston indossa nella vita di tutti i giorni sono svariati: l'amico e il compagno fedele, il figlio e l'amante passionale. Ma una volta tolti gli orpelli, cosa rimane? È questo che tenta di approfondire la miniserie, come qualsiasi biografia, senza riuscirci appieno, senza farci entrare totalmente nella vita di Halston ma piuttosto facendoci rimanere un po' sulla soglia. Senza farci sbirciare dietro le quinte ma piuttosto lasciandoci spauriti in passerella, accecati da ciò che lo stilista (e Murphy e soci per lui) vuole lasciarci vedere. Anche la tematica LGBTQ+ non risulta centrale, poiché il protagonista ha già raggiunto la propria consapevolezza personale. L'identità di Halston viene raccontata non solo attraverso il suo lavoro ma anche attraverso le sue relazioni, perché il nostro nome è anche ciò di cui si ricorderanno le persone care. Come la sua modella italiana di punta Elsa Peretti (Rebecca Dayan), il fidato eterno "secondo" Joe Eula (David Pittu), la relazione più importante di Halston, Victor Hugo (Gian Franco Rodriguez). Nonostante sia spesso tutto così scenografico e melodrammatico, pienamente in stile Murphy, la miniserie rimane un piacevole intrattenimento equilibrato e ben realizzato, ma allo stesso tempo nulla di più.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Halston felici dell’equilibrio raggiunto dalla miniserie che vuole raccontare una figura meno conosciuta della moda, costruendo un intrattenimento di qualità, anche se non si va molto oltre in questi cinque episodi, ed è un peccato visto il cast e le risorse a disposizione.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L’interpretazione di Ewan McGregor, piena della saggezza della mezza età.
  • Una sorprendente Krysta Rodriguez nei panni di Liza Minnelli.
  • L’aver scelto di raccontare l’età adulta e l’omosessualità già dichiarata del protagonista invece del più canonico percorso verso la propria scoperta di sé.
  • La perfezione visiva di Ryan Murphy e soci…

Cosa non va

  • …che però oramai vira più sul manicheismo eccessivo e quasi asettico per gli spettatori