Quando abbiamo incontrato il cast di Good Omens a Londra l'inverno stava ancora arrivando, ma solo ora che ci si appresta all'estate e, soprattutto, all'uscita della serie di Neil Gaiman su Amazon Prime Video ne possiamo scrivere. Ed è un piacere raccontarvi il panel della serie all'evento Prime Video Presents dello scorso ottobre, al quale erano presenti Neil Gaiman in persona, co-autore del romanzo da cui è tratta la serie insieme al mai troppo compianto Terry Pratchett, il regista Douglas Mackinnon, i due protagonisti David Tennant e Michael Sheen, oltre ai coprotagonisti di lusso John Hamm e Miranda Richardson. Ecco che cosa abbiamo scoperto nella nostra intervista al cast di Good Omens, che abbiamo deciso di proporvi ora, a pochi giorni dal debutto della serie nel catalogo Prime Video (dove arriverà il 31 Maggio), per entrare in clima e prepararci a quanto di brillante e folle ci attende.
Da un romanzo di culto a una serie di culto?
"Quando ho scritto il romanzo" ha ricordato Neil Gaiman parlando dell'opera alla base della serie, "collaboravo con Terry Pratchett. Nello scrivere la serie, invece, mi sono trovato a collaborare con un Neil Gaiman di 27 anni e con Terry" sottolineando quanto si sia voluto tenere fedele all'opera di partenza, pur ammettendo di aver potuto inserire quelle cose che non avrebbero funzionato in forma di romanzo, facendo riferimento in particolare al terzo episodio che vedremo nella serie, "un qualcosa che si può fare solo in TV", ispirato da dettagli che sono solo accennati qua e là nel materiale originale. Parole che ci rassicurano, perché testimoniano la volontà di non fare una semplice copia di quel romanzo, seppur geniale, che è noto da noi come Buona Apocalisse a tutti e che racconta di un angelo e un diavolo che si ritrovano a collaborare per impedire la fine del mondo e di quell'umanità alla quale un po' per volta si sono ritrovati ad affezionarsi.
Un senso da fine del mondo che è più rilevante oggi rispetto a quando il romanzo è stato scritto, come sottolinea lo stesso Gaiman: "era il 1989, il Muro di Berlino era caduto, la Russia stava cambiando e c'era un senso di pace e la sensazione che la gente avesse compreso come debba andare il mondo." Una situazione diversa da quella che stiamo vivendo ora a livello italiano, europeo e mondiale e "ora sembra troppo reale! C'è la forte sensazione che abbiamo realmente bisogno di un demone dal cuore buono e un angelo che arrivino per aiutare l'umanità a sistemare tutto!"
Tra angeli e diavoli: i personaggi di Good Omens
Come confermato anche nel panel londinese, i due protagonisti rappresentano due ideologie molto rigide e opposte tra loro, che poco per volta riescono a trovare una sintesi e un punto di contatto molto più empatico e umano. "E hanno un problema in comune" scherza David Tennant, "i loro 'capi' sono del tutto irrintracciabili e inutili!" Prosegue il collega Michael Sheen, l'altro dei principali personaggi di Good Omens: "siamo stati molto incerti sul tono che volevamo dare e sull'approccio, perché si tratta di un mondo unico e diverso da qualunque altra cosa. Non volevamo diventare prevedibili, ma nemmeno realizzare qualcosa con cui la gente non riuscisse a entrare in sintonia. Per questo ci siamo affidati l'uno all'altro." "Più umana e fondamentale la relazione tra loro" ha confermato David Tennant, "più il resto poteva essere fuori di testa e creativo."
"A volte c'è bisogno di qualcuno che arriva dall'esterno per capire quale sia il problema" ha detto inoltre Michael Sheen riguardo il punto di vista sull'umanità "e allo stesso modo c'è bisogno di due individui non-umani per capire fino in fondo cosa lo sia realmente, cosa ci sia di così meraviglioso nell'essere umani." Un'umanità di cui è invece intriso il personaggio di Miranda Richardson, che è a tratti "profondamente surreale" e che cerca di mettere un freno agli eventi. "La mia è stata una sfida diversa," ha invece spiegato Jon Hamm, "essendo stato un fan di vecchia data del libro, ero spiazzato dal fatto che il mio personaggio, l'arcangelo Gabriele, fosse una novità dalla serie. L'abbiamo creato dal nulla attraverso tante conversazioni con Neil e Douglas. Ma è stato divertente, e questo è l'aspetto positivo, perché non c'erano regole né aspettative dei fan da poter deludere." Un'esperienza positiva che riguarda anche l'aver potuto lavorare al fianco di Tennant e Sheen.
Storie di divinità e l'eredità di Pratchett
"Mi piace raccontare storie che riguardano cose non umane perché trovo che siano spesso il modo migliore per costringerli a guardare ciò che non vogliono" ha spiegato Neil Gaiman riguardo la sua scrittura che ricorre sovente al divino, "mi piace mostrare cose che non esistono perché permettono di guardare al mondo da un altro punto di vista." Ma si è soffermato anche sulla difficoltà nell'adattare le sue opere, non sempre scritte della giusta forma e dimensione da poter diventare un film, come Coraline e la porta magica, che spesso spaziano in tante direzioni diverse. "Per questo è stimolante lavorare a una serie" ha spiegato, "perché mi permette di non tagliare via nulla." Ma, come già accennato in precedenza, "il libro è stato la nostra Bibbia" e anche quei cambiamenti e quelle trovate brillanti sono fatti in funzione della fedeltà allo spirito dell'originale.
Lo conferma anche il regista Douglas Mackinnon, che si ritiene fortunato ad aver potuto lavorare a questo adattamento, perché "anche se non ho mai incontrato Terry Pratchett, il suo cuore è nel libro e l'ho conosciuto attraverso di esso." "Mi è mancato Terry Pratchett per due motivi" ha confessato Gaiman raccontando la scrittura della serie in arrivo su Prime Video, "ogni volta che mi bloccavo, mi mancava Terry dall'altra parte del telefono, perché è così che abbiamo lavorato quando abbiamo scritto il romanzo. Ma mi è mancato anche ogni volta che riuscivo a fare qualcosa di particolarmente brillante, perché non avrei voluto altro che raccontarglielo!"