Attenzione, l'articolo contiene spoiler sul terzo e quarto episodio della seconda stagione di Gomorra
Con quasi due milioni di spettatori e miglior debutto di sempre per una serie tv di Sky, il secondo capitolo di Gomorra - La Serie, ci ha lasciati la scorsa settimana con la consapevolezza di aver assistito ad un'ottima introduzione del proseguimento della serie ideata da Roberto Saviano. Con un primo episodio, estensione naturale della stagione precedente, a fare da apripista con il suo retrogusto familiare, siamo stati trascinati nuovamente nella guerra per il potere tra i Savastano, Ciro l'Immortale (Marco D'Amore) e Salvatore Conte (Marco Palvetti). Una guerra che si è ampliata sempre di più, continuando ad estendere i propri confini e che ha visto Don Pietro (Fortunato Cerlino) latitante in Germania - protagonista di un secondo episodio rischioso ma sinonimo di coraggio produttivo - Genny (Salvatore Esposito) tra l'Honduras e Roma e gli alleati Ciro e Salvatore Conte a Napoli.
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Ma l'autorità alla quale tutti ambiscono, tra sete di vendetta e aspirazioni sempre più grandi, è quella che per trent'anni è stata rappresentata da Pietro Savastano. Quell'egemonia sul territorio precedente alla sua carcerazione alla quale è seguita l'evasione organizzata dai suoi fedelissimi che l'ha reso sì, uomo nuovamente libero ma costretto alla clandestinità. Scampia e Secondigliano sono il trono di un regno in subbuglio, dove si stringono alleanze impalpabili con l'unico scopo di rimanere a galla e prendere parte alla danza degli accordi che decidono chi vive e chi muore. Se nella prima parte della seconda stagione d'esordio Genny rappresentava un giovane debole, incapace di prendere l'eredità paterna, ora ci troviamo davanti un uomo sempre più risoluto, freddo, desideroso di mostrare a Don Pietro - che continua a chiamarlo, per sminuirlo, Gennarino - come il suo momento di rappresentare la dinastia Savastano sia arrivato, forte anche degli insegnamenti di Donna Imma (Maria Pia Calzone). Dall'altra parte, invece, il Ciro brillante e spavaldo ha lasciato il posto ad una figura timorosa e consapevole di come, ancora una volta, il suo momento sia subordinato a quello di un altro boss: Salvatore Conte. Tra questi due poli opposti un nutrito numero di personaggi si muove in quella realtà brulicante e febbrile che fa da sfondo a Gomorra rappresentandone l'anima stessa.
L'amore rende deboli
Il terzo episodio è incentrato sulla figura di Salvatore Conte, il capo degli Scissionisti che avevamo conosciuto nelle sequenze iniziali della prima stagione di Gomorra quando Ciro aveva incendiato la sua abitazione su ordine di Don Pietro. Un personaggio, quello di Conte, risultato a più riprese fondamentale per l'evoluzione della narrazione e magnificamente interpretato da Marco Palvetti. Il boss, detto Lo Spagnolo dopo aver trasferito il suo mercato di spaccio a Barcellona, è risultato infatti il deus ex machina di Ciro Di Marzio in più di un'occasione. Tornato per riprendersi la piazza di spaccio appartenuta a Don Pietro all'indomani del suo trasferimento al 41 bis, Conte, si è costruito lentamente un rilievo sempre maggiore all'interno della serie fino a diventare alleato del suo nemico Ciro, pur di strappare la corona del potere ai Savastano. In questo terzo episodio gli autori lo celebrano approfondendo, come mai prima, le sfumature del suo personaggio, regalandogli una puntata/addio che lascia spiazzati. Fortemente religioso, quasi zen nel suo modo di approcciare l'esistenza - "L'uomo che può fare a meno di tutto non ha paura di niente" -, Salvatore Conte, racchiude una delle contraddizioni più radicate all'interno della mentalità camorristica: quel legame, ai limiti del fanatismo, con la fede che non gli impedisce però di riempire di droga statue in gesso, raffiguranti la Madonna, da spacciare nei quartieri che controlla.
Gli autori, però, non si limitano a mostrarci più a fondo il "boss Conte" ma si soffermano su una sfaccettatura privata molto più interessante e fondamentale nell'evoluzione del suo (fatale) destino. Per la prima volta scopriamo un Salvatore innamorato, vulnerabile, in un certo senso indifeso. I suoi sentimenti, ricambiati, sono per Nina (Alessandra Langella), giovane cantante trans, che ama in segreto (sopratutto dagli occhi dei suoi fidati). Questo amore lo rende debole, lo annebbia impedendogli di vedere come, ancora una volta, la scalata al potere di Ciro è in atto e che lui sarà la sua, tanto attesa, vittima, distruggendo così gli ideali Stati uniti di Scampia e Secondigliano.
Diretto da Stefano Sollima, questo terzo episodio, con l'imponente sequenza della processione finale, è un'ulteriore attestazione dell'audacia degli sceneggiatori, coraggiosi nell'andare nella direzione opposta a quella che ci si aspetterebbe, dando prova di saper correre dei rischi importanti, lavorando sottotraccia per traghettare la narrazione verso il suo centro pulsante.
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Una iena e una leonessa a confronto
Questa seconda stagione di Gomorra, però, non si limita a raccontare la faida maschile per la spartizione del potere. La serie, infatti, introduce due nuove figure femminili che, stando a quanto visto in questo quarto episodio, sapranno tenere testa alla memoria di Donna Imma Savastano, personaggio tra i più belli e riusciti della scorsa stagione. L'episodio, diretto da Francesca Comencini, sembrerebbe chiudere una fase di "presentazioni" ed immergersi definitivamente nell'azione grazie ad Annalisa Magliocca (Cristina Donadio), detta Scianel, nuova reggente della piazza di spaccio che fu del fratello Zecchinetta (Massimiliano Rossi), e Patrizia (Cristiana Dell'Anna), giovane commessa di un negozio di abbigliamento frequentato dalle mogli dei boss che verrà reclutata dallo zio Malamore (Fabio De Caro) per diventare il corriere delle informazioni di Don Pietro tornato a Scampia per riprendersi ciò che gli appartiene.
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Se Patrizia, orfana e con tre fratelli più piccoli da crescere, ha il tatuaggio di una leonessa sul braccio a ricordargli quel padre che non c'è più e dal quale attingere la forza necessaria per sopravvivere, Scianel si definisce una iena, l'animale femmina a dominare nel branco e perfetto esempio del suo carattere e aspirazioni. Se la prima è testarda e orgogliosa la seconda è feroce e spietata ma le due rappresentano due facce della stessa medaglia. Entrambe sono, infatti, il prodotto di una realtà cruda, e poco importa se Patrizia non ha mai fatto parte di un clan. La loro presenza è indispensabile per il progresso della trama e mostra, ancora una volta, l'intelligenza degli autori nel raccontare, attraverso la finzione dei loro personaggi, la realtà della cronaca, la presenza ed il ruolo delle donne nella camorra. Due figure tratteggiate con dovizia di particolati, dal modo di impugnare la sigaretta di Scianel a quel suo sorriso compiaciuto di chi ha un vantaggio da poter sfruttare fino alla rabbia latente di Patrizia e al suo bisogno di mostrarsi forte, indipendente. In questo contesto la trama relativa alla guerra tra i Savastano e Ciro l'Immortale prosegue, cambiando ancora una volta profilo, preannunciandosi come l'inizio eccitante di un nuovo, sanguinoso, capitolo.
Movieplayer.it
3.5/5