Dopo il deludente remake del film francese Cena tra amici, Il nome del figlio, Francesca Archibugi torna alla regia per trasporre sul grande schermo Gli sdraiati di Michele Serra. Senza perdere la verve che lo ha reso noto attraverso le colonne dell'Unità, de La Repubblica e de L'Espresso, lo scrittore raccontava il difficile rapporto con il figlio adolescente. "Sei un perfezionista della negligenza", "il divano è il tuo habitat prediletto, vivi sdraiato", scriveva in un libro che ha riscosso un notevole successo poiché riusciva ad ironizzare e riflettere sulla dolorosa incomunicabilità tra genitori e figli. Il libero adattamento cinematografico scritto dall'Archibugi insieme a Francesco Piccolo vede protagonista un Claudio Bisio, qui nella migliore interpretazione della sua carriera. La qualità recitativa è forse il maggior punto di forza di un film non perfettamente riuscito che si nutre della spontaneità dei giovani protagonisti Gaddo Bacchini (nei panni del figlio Tito) e Ilaria Brusadelli (la fidanzatina Alice). Positiva anche la prova di Antonia Truppo, che dopo la vittoria del David di Donatello per Lo chiamavano Jeeg Robot si conferma una delle migliori caratteriste del cinema italiano contemporaneo.
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Genitori italiani a raccolta
Giorgio Selva (Claudio Bisio) è un giornalista di successo, ha alle spalle una dolorosa separazione e un insormontabile problema: non riesce minimamente a comunicare con il figlio. Tito ha 17 anni, è apatico e circondato da un gruppo di amici squinternati che entra ed esce da casa di Giorgio come meglio crede. Almeno fin quando Tito non si innamora di Alice, una ragazzina ancor più introversa che comincia a cambiarlo. Giorgio non sa come comportarsi, si interessa alla vita del figlio ma finisce per risultare invadente ed irritarlo. Poi si arrende e lascia fare. Dal rapporto tra i due nasce un film modesto che si ispira ad un libro altrettanto discreto. La lettera accorata, talvolta cinica, che Serra scrive all'indirizzo del figlio, viene qui elaborata, trasformata in un racconto ad una sola dimensione e arricchita di ulteriori personaggi che mandano fuori focus la sceneggiatura. La sceneggiatura è carica di retorica, i dialoghi non particolarmente memorabili e c'è una freddezza di fondo che impedisce allo spettatore di partecipare alle sofferenze dei protagonisti. Un vero peccato se consideriamo la buona alchimia presente tra gli attori.
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Redemption Song
Simbolica è la scelta di inserire nella colonna sonora un brano come Redemption Song che Bob Marley scrisse quando gli era già stato diagnosticato il cancro che lo condusse poi alla morte. Un testo importante che ha a che fare con la libertà, l'amore per la vita e che è diventato un manifesto dei neri d'America contro la discriminazione razziale. Canzone bellissima che viene utilizzata in un film che non è alla portata degli argomenti che sceglie di trattare. Il rapporto padre-figlio, lo scontro generazionale, è qui semplificato in una storiella che poco ha a che vedere con il mondo reale. "La commedia italiana di oggi è un sogno, non è realtà, non è satira", come afferma giustamente Mariarosa Mancuso in una recente intervista rilasciata a Linkiesta. La stessa considerazione viene in mente durante la visione de Gli sdraiati, un film che si lascia guardare ma che parte dal reale per raccontare una favola in cui tutti i personaggi protagonisti sono armati di buone intenzioni, in cui i conflitti sono superficiali e le soluzioni fin troppo semplicistiche. Insomma, l'incomunicabilità tra genitori e figli, e perfino il libro di Michele Serra, meritava un po' più del film dell'Archibugi.
Movieplayer.it
2.5/5