Gli asteroidi è un lungometraggio carico di ambizione. Opera prima di Germano Maccioni, attore con alle spalle una lunga esperienza teatrale, il film racconta quella provincia industriale padana soffocante e priva di sbocchi. Il regista non si limita a lavorare sull'ambientazione attingendo agli ingredienti tipici della bassa emiliana (dai capannoni industriali al baretto desolato, dal ballo liscio ai go-kart), ma sceglie di guardare oltre nel tentativo di dare un respiro diverso al suo film.
Gli asteroidi è un romanzo di formazione che getta uno sguardo sull'adolescenza irrequieta di tre ragazzi, amici fin dall'infanzia. Pietro ha una situazione familiare complessa per via del suicidio del padre. La madre (Chiara Caselli) si trova da sola a gestire i debiti mentre lui, che dovrebbe affrontare la maturità, se ne va in giro tutto il giorno insieme all'amico Ivan il quale, stanco dell'atteggiamento del padre disoccupato, compie piccoli furti e spaccia droga per conto del pizzaiolo Ugo (Pippo Delbono), ex pregiudicato. Ad aiutarlo c'è Cosmic, strampalato amante dell'astronomia che soffre di un ritardo mentale. Tre giovani vite caotiche che sembrano affascinate più dalle facili scorciatoie e dai cattivi maestri che dall'impegno e onestà.
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Un'estetica soffocante
Gli asteroidi mescola corporeità e astrattezza, oscillando tra momenti di ricercato lirismo e altri in cui la bassezza umana ha il sopravvento. Maccioni compie un lavoro notevole sull'immagine approdando a toni vagamente espressionisti. Il film è dominato da chiaroscuri che dipingono ombre sui volti dei protagonisti, ombre che si fanno più fitte quando entrano in scena Ugo e i suoi minacciosi compari. La fotografia livida accompagna gran parte delle scene creando un effetto straniante, amplificato dalle musiche plumbee e ossessive di Lorenzo Esposito Fornaciari e de Lo stato sociale. Questa cupezza di fondo accompagna le relazioni dei personaggi con le loro famiglie, sottolinea l'incomunicabilità di Pietro con la madre comprensiva, ma nevrotica e il disprezzo di Ivan per il padre che passa il tempo al bar davanti al videopoker.
L'atmosfera del film a tratti si fa soffocante. A interrompere il susseguirsi di incontri sbagliati e rapporti sordidi tra i vari personaggi vi sono le scene ambientate nella campagna in cui si trova il radio osservatorio che funge da rifugio per lo stralunato Cosmic. A Cosmic è dovuto il ritorno ossessivo del leitmotif che compare anche nel titolo, quel riferimento costante agli asteroidi che starebbero per abbattersi sulla terra causando la distruzione della vita. Cosmic è l'unico a possedere uno sguardo più ampio, che spazia oltre la realtà tangibile, proprio in virtù del suo ritardo mentale, mentre gli amici, risucchiati dai propri problemi familiari e dalle attività illegali a cui si dedicano, hanno di fronte a sé un orizzonte ristretto. Gli sbocchi per sfuggire a questa realtà squallida sono pochi. La scuola è vista come una perdita di tempo, la religione è svuotata di ogni contenuto spirituale e ridotta a espediente per guadagnare soldi (Ugo convince i ragazzi a rubare candelabri e paramenti sacri nelle chiese locali), perfino l'amore tra Pietro e Chiara, la ragazza che si invaghisce di lui, si consuma in fretta e senza troppa convinzione nei ritagli di tempo rubati al grigiore.
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Sulle orme dei cattivi maestri
La realtà emiliana che Germano Maccioni dipinge è a tinte fosche. La ricerca sull'immagine e sul suono ricorda l'impatto visivo di certi lavori di Ciprì e Maresco, angoli sordidi, personaggi abbrutiti, violenza improvvisa, ma questa stilizzazione non sempre corrisponde col reale contenuto della pellicola che, in fin dei conti, è una storia di crescita radicata in un contesto a noi molto vicino. Così certe sequenze vagamente oniriche in cui dovrebbe risuonare l'interiorità dei tre protagonisti mal si integrano col contesto generale assumendo un tono vagamente pretenzioso. Gli asteroidi soffre di momenti di sbilanciamento, lo stile sembra volare più in alto dei personaggi, in particolare dei tre giovani protagonisti, a tratti impacciati di fronte al compito che gli viene richiesto. Tra gli interpreti il più convincente è senza dubbio Alessandro Tarabelloni, capace di creare un equilibrio tra lo stordimento in cui vive il suo Cosmic e gli improvvisi momenti di lucidità in cui il ragazzo sembra risvegliarsi, intuendo ciò che gli accade intorno.
Il mestiere aiuta Chiara Caselli a rendere tangibile tutto lo smarrimento e la preoccupazione per la deriva intrapresa dal figlio Pietro, mentre Pippo Delbono, nei panni Ugo, l'orco che governa e minaccia la vita di Ivan, Cosmic e Pietro, è una presenza imponente. L'attore dà vita a un personaggio sordido e ambiguo, sfruttando la sua naturale fisicità risulta davvero spaventoso nei suoi scoppi d'ira. La sua recitazione è l'emblema della ricerca di un film che, nella sua ricerca di una sua crudezza, di un peso narrativo che lo distacchi dalla piattezza di tanta produzione italiana, a tratti scivola nell'iperrealismo. Questa sua natura metafisica che ci riporta con la mente a certe atmosfere alla Antonioni non è casuale, visto che la Stazione Radioastronomica, luogo dell'anima di Cosmic e degli altri amici, è la stessa in cui Monica Vitti si aggirava in Deserto rosso. Modello altissimo, che le immagini del film di Maccioni ci riportano inevitabilmente alla mente aprendo squarci che deviano lo spettatore dal contesto generale. Pur nella sua mancanza di compattezza, Gli asteroidi colpisce proprio perché prova a forzare il modello che va per la maggiore proponendo un respiro diverso, seppur con tutti i suoi difetti.
Movieplayer.it
3.0/5