Girl: la prima vera scoperta di Cannes 2018 è un esordio sorprendente e potentissimo

La storia di Lara, una ragazzina transgender che sogna di diventare ballerina, è semplice nelle sue premesse ma terribilmente efficace nella sua realizzazione. La bravura del regista Lukas Dhont è soprattutto nel riuscire a rendere al meglio il senso di urgenza e disperazione della protagonista, interpretata ottimamente da Victor Polster.

Abbiamo più volte detto di come una delle esperienze più soddisfacenti in un festival sia scoprire nuovi talenti, nuove voci e volti che possano spiccare all'interno del vastissimo mondo cinematografico. Un film come Girl, presentato a Cannes 71 nella sezione Un Certain Regard, riesce a brillare due volte, per il giovane regista belga Lukas Dhont e l'attore 15enne Victor Polster. La storia di Lara, una ragazzina transgender che sogna di diventare ballerina, è semplice nelle sue premesse ma terribilmente efficace nella sua realizzazione e stupisce davvero pensare che per entrambi questi talenti così puri si tratti fondamentalmente di un esordio.

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Guardarsi allo specchio

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Al centro di Girl in realtà non c'è una ragazza, ma un corpo. Quel corpo che Lara scruta continuamente, alla ricerca di cambiamenti che tardano ad arrivare. La sua impazienza nel vedere i seni crescere, la sua necessità di nascondere il pene con il nastro adesivo, sono cose che vanno contro il consiglio dei medici e del padre. Tutte le persone che le sono accanto cercano di ricordarle che il cambiamento più importante è già venuto, che lei è già una ragazza e deve sentirsi tale. Ma quel corpo allo specchio le ricorda costantemente che non è così.
Ed è così che continua a torturarsi, perché il suo sogno richiede sacrifici. All'inizio del film Lara si buca i lobi nel bagno perché sente che degli orecchini la renderanno più femminile, e in quel momento non sente dolore perché insegue il suo sogno. Lo stesso farà all'accademia di danza, spingendosi al limite e sanguinando ogni giorno, pur di recuperare il tempo perduto e sfruttare l'opportunità, seppur tardiva, offertale dagli insegnanti.

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Dancing with myself

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La bravura del regista Lukas Dhont è soprattutto nel riuscire a rendere al meglio il senso di urgenza e disperazione della protagonista. Lo fa attraverso l'uso della ripetizione, con Lara che effettua gli stessi gesti, ogni volta sempre più disperata e disillusa. In questo senso la danza e il duro allenamento rappresentano una metafora perfetta per quello che sta avvenendo non solo nel corpo ma anche nella testa della sua protagonista.
Da parte sua il giovane Victor è semplicemente perfetto. Con i suoi lineamenti delicati e la sua innata eleganza rende al meglio l'ambiguità iniziale richiesta dal ruolo, lasciando agli spettatori il dubbio sul sesso della protagonista. Il regista ha dichiarato di aver provinato moltissimi giovani, sia ragazzi che ragazze, perché non sapeva bene quale scelta sarebbe stata la migliore per un ruolo del genere. Visto il risultato finale possiamo dire con assoluta certezza che la scelta migliore era proprio il giovane Polster, e che questa sua straordinaria interpretazione verrà ricordata a lungo.

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4.0/5