Dai Manuali d'amore alle avventure di un piccolo testimone della Storia italiana. E' un percorso nuovo di zecca quello che ha portato Giovanni Veronesi, cinquant'anni compiuti lo scorso agosto, a girare L'ultima ruota del carro, le cui riprese sono in corso in questi giorni a Roma. Una commedia corale (uscita prevista, novembre 2013), scritta a sei mani con Ugo Chiti, Filippo Bologna e con il grande ispiratore, Ernesto Fioretti, che racconta appunto la vera vicenda di Ernesto, un traslocatore che per quarant'anni ha girato in lungo e largo lo Stivale, incrociando le persone più disparate in un momento topico come quello del cambio di abitazione. Abbiamo incontrato il regista toscano al teatro Vascello, diventato per l'occasione set di una surreale sequenza ambientata nel 1991 durante un allestimento punk de La locandiera di Carlo Goldoni, uno spettacolo a cui assistono attoniti e curiosi gran parte dei protagonisti. "E' ispirato alla storia vera di un grande amico - ci ha raccontato Giovanni Veronesi in un momento di pausa -, uno che, attraversando la Storia col suo camion, mi ha permesso di narrare tutto quello che è capitato in quegli anni, dal 1967 ai giorni nostri. Mi serviva un traghettatore onesto. E' l'onestà che rende speciale il mio protagonista, una mosca bianca in quegli anni di malaffare". A bordo del suo veicolo, infatti, Ernesto, interpretato da Elio Germano, lambisce gli eventi principali della nostra contemporaneità, raccontanti con tenerezza e un pizzico di ironia. "Nella mia testa ho riepilogato i momenti cardine di quegli anni, come la morte di Aldo Moro, fatto di cui all'epoca non capii l'importanza, o i Mondiali dell'82, quando gli italiani si riversarono in strada per festeggiare. Poi c'è anche la fase di Mani Pulite, il Socialismo, il Maurizio Costanzo Show alla TV o l'incubo della madre di Cogne da Bruno Vespa. Tutto visto attraverso gli occhi di un personaggio che ho amato da subito".
Un vero cambio di rotta nei contenuti per un progetto che si distanzia nettamente dalla leggerezza delle precedenti opere, pur senza rinunciare al tono umoristico. "Questo film è una commedia di quelle che piacciono a me - ha proseguito Veronesi -, _ e come tale riesce a contenere tutto in sé, anche gli aspetti più drammatici. Se devo citare un modello allora scelgo C'eravamo tanto amati, un'opera esemplare. Purtroppo in Italia, e ammetto di aver contribuito a questo fraintendimento, si è sempre scambiato la commedia con il film comico. Non è così. Le commedie non sono comiche. Col tempo il pubblico si è orientato verso prodotti più comici e i produttori si sono adeguati_". Il film rappresenta una novità anche dal punto di vista produttivo, visto che Veronesi ha lasciato momentaneamente la Filmauro di Aurelio De Laurentiis per iniziare una collaborazione con Fandango (produzione) e Warner Bros (co-produzione e distribuzione). "Aurelio si è comportato da amico e da vero signore ed è stato carino a lasciarmi andare - ha spiegato -. Ha capito che il percorso che abbiamo fatto in questi anni ci ha portato dove voleva lui. Io sentivo la necessità di andare in una direzione leggermente diversa. In ogni caso farò un altro film con lui, come da contratto". Un piccolo esame di maturità, quindi, per un autore a cui non è mancato certo il successo al botteghino, pronto però ad una svolta. "Quando i miei genitori sono morti - ha raccontato - io e mio fratello Sandro abbiamo trascorso un'intera giornata a raccontarci i nostri 14 anni. Cosa facevamo all'epoca? Chi eravamo? Credo che adesso fosse il momento giusto per questo film. Ero pronto".
Veronesi torna dunque dietro alla macchina da presa con un cast di tutto rispetto in cui spiccano il protagonista già citato, Elio Germano, Alessandra Mastronardi, ovvero Angela, la compagna di Ernesto, Ricky Memphis, alias Giacinto, l'amico di sempre, Virginia Raffaele, Mara, una segretaria arrivista che ambisce solo ad essere famosa e Sergio Rubini, rappresentante di un'oscura classe dirigente che ha intrallazzato senza sosta, sistemando amanti qua e là. "Il mio è un percorso interessante - ha raccontato Elio Germano -, Ernesto è un puro in un mondo brutto. E' un personaggio talmente bello che sento una certa responsabilità sulle spalle. Ho anche provato a dare a Giovanni i numeri di un paio di attori che potessero fare la parte al posto mio (ride), ma alla fine ho accettato. Anche se a distanza di pochi giorni ho dovuto interpretare un Ernesto poco più che ventenne con in braccio il figlio piccolo, poi alla festa del settimo compleanno del bambino e infine a quella dei diciannove anni. E' stato faticoso". Al fianco di questo uomo perbene, una donna altrettanto forte, Angela, che Veronesi definisce "l'oracolo di Ernesto". "Angela è un'osservatrice - ha detto Alessandra Mastronardi -, è una donna purissima e mi sto sforzando di lasciarla così com'è, senza dare alcun tipo di giudizio".L'esatto opposto del Fabrizio Del Monte di Sergio Rubini, un uomo sulla cui camicia spiccano ricamate le lettere FDM, che non sono le iniziali del suo nome, bensì l'acronimo di "Fijo de' 'na mignotta", come ci ha spiegato l'attore barese. "Li conosciamo bene i tipi come lui - ha aggiunto Rubini -, sono quelli che si sono fatti da soli, titolari di aziende non meglio specificate, le cosiddette società di servizi, che si occupavano in realtà del nulla. Io incontro Ernesto e il suo amico Giacinto e cerco di corromperli, contaminarli". Difficile guardare Virginia Raffaele e non aspettarsi una delle sue straordinarie caratterizzazioni (Belen Rodriguez e Annalisa Minetti su tutte), ma pur col sorriso sulle labbra ci spiega che in questo caso le imitazioni sono state messe da parte, riconoscendo la grande difficoltà di confrontarsi con un ruolo del genere. "Il mio è un personaggio a tutto tondo, brillante ma senza alcuna forzatura - ha spiegato -, è una donna in carriera che punta dritto alla meta, non ha sentimenti. E' la fidanzata di uno e l'amante dell'altro. Le imitazioni sono facili, ma il cinema è un'altra cosa, è il sogno di ogni attore. E lavorare con Giovanni è bello e frustrante al tempo stesso, perché spiega le cose meglio di come le fai tu e allora ti senti inibito e le fai male". Non resta che attendere il prossimo anno, dunque, per vedere i risultati di questo lavoro ambizioso. "Non ho la presunzione di raccontare l'Italia - ha concluso Giovanni Veronesi -, ma voglio solo mettere in luce la storia di un uomo come noi. Non mi sono inventato niente, se il film vi piacerà vi lascio il numero di Ernesto e i complimenti li farete a lui".