Gioberto Pignatelli ci parla di Santina

Secondo film italiano in concorso al 27° Torino Film Festival, Santina è l'opera prima del trentaduenne romano Gioberto Pignatelli che ci ha rilasciato un'intervista esclusiva in cui ha parlato apertamente della genesi di questo ambizioso esordio cinematografico.

Opera visiva e poetica ispirata al capitolo IV del libro La storia di Elsa Elsa Morante, Santina è un film forse ambizioso ma che tiene testa alle pretese di giovane autore, coraggioso e anticonvenzionale, che prova a esprimersi attraverso un linguaggio cinematografico innovativo e per certi versi sperimentale utilizzando codici artistici diversi, che spaziano dalla letteratura al teatro fino all'animazione. Gioberto Pignatelli riesce ad amalgamarli in maniera creativa in una rete d'immagini e musica, da Fabrizio De André a Giovanna Marini, e sullo sfondo di una Roma pasoliniana ad abbracciare la storia di due personaggi al limite dell'umanità: Nello, un 'magnaccia' violento, e Santina, un prostituta per amore. Il regista ci ha raccontato com'è nato il suo progetto "cristomangaeva" di cui fa parte sia Santina ma anche un film al quale vorrebbe lavorare in futuro, ci ha parlato delle difficoltà produttive che ha dovuto affrontare e delle motivazioni che l'hanno spinto a creare un'opera tanto suggestiva che ha segnato anche l'esordio cinematografico di un'attrice teatrale romana dall'esperienza ventennale, Monica Perozzi, che si divide tra il palcoscenico e la sua libreria teatrale Libri Necessari e che quasi per caso è entrata a far parte del progetto di Pignatelli.

Pignatelli, la sua opera è caratterizzata dalla scelta precisa di utilizzare uno stile visivo variegato, arricchito da contaminazioni e rimandi. Da dove nasce quest'approccio al cinema?

Gioberto Pignatelli: La scelta nasce in realtà dal testo di Elsa Morante, seguito letteralmente, e da una traduzione dal testo all'immagine che ha innescato una serie di suggestioni preesistenti che discendono direttamente dal libro. Lo stile è mio, è personale, e questo racconto vi si adattava, tutto è iniziato con l'esperienza della scrittura.

Santina è in concorso al Torino Film Festival e si contende il premio finale con molti altri film tra cui un altro italiano, La bocca del lupo di Pietro Marcello, anch'esso caratterizzato da uno stile visivo assai atipico. Crede che la continua ricerca di sperimentazione sia una tendenza del nuovo giovane cinema italiano? O si tratta solo di scelte dettate da gusti personali degli autori?

Gioberto Pignatelli: No, non credo che sia una tendenza del cinema italiano, ma credo che potrebbe diventarlo perché ci sono molti autori che spingono in questa direzione. Credo che raramente i festival diano questa possibilità a film come il mio e quello di Marcello e quindi immagino che il TFF abbia con questa scelta voluto dare un segnale preciso.

Come nasce il progetto? Ci racconta la genesi del film?

Gioberto Pignatelli: Il progetto non nasce da un amore incondizionato per l'opera letteraria. Avevo letto il libro e da questa lettura sono venuti in superficie degli spunti che si sono sposati bene con le idee che già avevo in mente. Santina è un progetto che si basa poco sul dialogo e si lega molto alla mia sintesi cinematografica.

Questo film fa parte del progetto "cristomangaeva", ci spiega di cosa si tratta? Ha intenzione di continuare a lavorarci?

Gioberto Pignatelli: Sì, Santina fa parte di un mio progetto che vorrei ultimare intitolato "cristomangaeva", sempre legato al romanzo. Francamente non so se continuerò su questa strada perché non ho una grande passione per gli adattamenti, ma avrei da dire ancora molto sull'argomento. In cantiere c'è un film che segue la fine del personaggio di Davide Segre che avete visto in Santina, quello più consapevole di tutti. Purtroppo la sua realizzazione è ancora lontana.

Ci parla della post-produzione del film? In che modo sono state realizzate le sequenze animate che vediamo?

Gioberto Pignatelli: La post-produzione è stata sofferta e lunghissima per motivi produttivi perché il budget era esaurito già dopo le riprese che sono durate quattro settimane per una durata totale del progetto che sfiora i tre anni. L'animazione, realizzata da Annalisa Corsi con un lavoro sul digitale e con la pittura su pellicola, nasce in fase di sceneggiatura e viene usata per risolvere alcune delle tracce del racconto.

Come ha lavorato alla trasposizione cinematografica del capitolo IV del libro? Quali sono state le principali difficoltà che ha dovuto affrontare?

Gioberto Pignatelli: Le mie scelte sono state dettate dal ritmo della scrittura di Elsa Morante e dal modo in cui lei riassume in poche pagine la storia dei personaggi, in maniera silenziosa e visuale. Ho cercato di tradurre e di reinterpretare quelle pagine perché certe immagini mi sembrava avessero un'importanza particolare e producessero qualcosa di diverso da quello che è il mio modo di concepire le immagini.

Ci sono delle differenze tra il testo e il film? Ha apportato delle modifiche?

Gioberto Pignatelli: E' tutto in sincronia con il testo ovvero nell'interpretazione personale dei due protagonisti. Cambiano le fisicità perché i personaggi del libro sono personaggi muti quindi era inevitabile che il mio approccio fosse maggiormente fisico.

Quali sono i suoi punti di riferimento cinematografici? Ci sono artisti ai quali si è ispirato nella realizzazione del film?

Gioberto Pignatelli: No, non ne ho! Forse perché non sono uno studioso di cinema ma sono un cinefilo, mi definisco uno spettatore onnivoro. Sicuramente ci sono delle influenze che hanno a che fare con i capisaldi del cinema italiano, da Rossellini in poi.

L'incipit e il finale del film sono entrambi accompagnati dalla musica di De André. La sequenza della corsa nel campo nomadi invece da un brano di Giovanna Marini. Come mai proprio questi riferimenti musicali?

Gioberto Pignatelli: La canzone di De André "Amore che vieni, amore che vai" era già nella sceneggiatura ed è stato uno spunto venuto da una successione visiva, quel casquet post mortem che vediamo alla fine del film aveva a mio avviso lo stesso ritmo ondulatorio della canzone. Giovanna Marini invece canta "Lamento per la morte di Pasolini" nella sequenza in cui Davide arriva a Roma, scena che mi faceva pensare all'arrivo di Pasolini. Quando Elsa Morante ha scritto il personaggio di Nello D'Angelo non poteva non pensare al suo Accattone.

Come ha scelto gli attori protagonisti, in particolare Monica Perozzi che interpreta Santina?

Gioberto Pignatelli: Gli attori li ho scelti in realtà in maniera diversa rispetto al solito, senza un vero casting. Monica Perozzi mi era stata suggerita da alcuni amici, lei fa teatro indipendente ed è stato un incontro casuale che ha condizionato molto le scelte del film, soprattutto perché la sua fisicità mi ha portato a intraprendere direzioni diverse.