L'abbiamo vista in Daredevil su Netflix, poi nella serie rivelazione Ramy, e sempre su Netflix nella sottovalutata (e ingiustamente interrotta) Archive 81 - Universi alternativi. Ora, Dina Shihabi, saudita ma naturalizzata statunitense (si è trasferita da giovane a New York, dove ha studiato alla Julliard), la ritroviamo nell'ottima Ghosts of Beirut, miniserie in streaming su Paramount+ che racconta la storia vera di un incredibile caccia all'uomo. Per oltre due decenni, CIA e Mossad hanno infatti provato a catturare Imad Mughniyeh, terrorista libanese fondatore della Jihad islamica del Libano, nonché numero due degli Hezbollah, definito come un "fantasma irrintracciabile".
Nella serie in quattro episodi, creata da Avi Issacharoff e Lior Raz, e diretta da Greg Baker, tra reportage, cronaca e finzione scenica, Dina Shihabi interpreta Lena, un'agente CIA con altrettanti fantasmi alle spalle. Durante la nostra video intervista, l'attrice ha spiegato: "Mi aspettavo un approccio giornalistico alla storia. Avi è un giornalista, Greg arriva dai documentari. Ho amato lo script, è basato su aspetti veri della storia. Ci sono persone che raccontano il loro coinvolgimento, e questo fa sentire vivo e reale il tutto. È qualcosa di viscerale. Senza questi elementi non sarebbe stata la stessa serie. Ho fatto tanta ricerca, ho parlato con molti testimoni legati alla vicenda".
Ghosts of Beirut: la video intervista a Dina Shihabi
Lena, come vediamo in Ghosts of Beirut (e come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione) è divisa tra istinto e ragione. Una sfida vissuta così da Dina Shihabi: "Questo è ciò che mi piace di Lena. Parlando con gli altri, ho capito che il suo lavoro era fatto di regole. Se le infrangi sei fuori. Ciò che la rende positiva, però, è che lotta per difendere i suoi istinti. È stato bello interpretarla. Lena ha un fuoco dentro di sé, e si fida molto delle sue intuizioni". La miniserie targata Paramount+ ci è un thriller asciutto e teso, che colpisce per linguaggio e tecnica. Insomma, un ottimo esempio di spy story. "Siamo ossessionati da thriller perché vogliamo capire le motivazioni che spingono le persone a compiere determinati gesti", prosegue l'attrice: "Quando si tratta di un thriller di spionaggio ci sono poi tanti personaggi, tante motivazioni. Non importa da che parte stai, è sempre tutto fumoso. Come pubblico notiamo le sfumature, non solo i buoni o i cattivi".
Cinema vs. serialità
Ghosts of Beirut, tra l'altro, è una serie decisamente cinematografica. Dunque, chiediamo alla protagonista se ha ancora senso parlare di linguaggi differenti. "In tv sono state raccontate tante storie emozionati. Registi importanti sono passati alla serialità. Stavo vedendo Succession, e pensavo quanto ogni episodio fosse un film. Il cinema è ovunque, ma per me non c'è nulla di meglio che sedersi in una sala cinematografica. È sempre un'esperienza magica e sociale. Non ha eguali", confida l'attrice.
In chiusura, chiediamo a Dina Shihabi quanto il suo trasferimento a New York City - una città carica di energia e ispirazione - l'abbia aiutata realizzare il suo sogno di diventare attrice. "New York mi ha reso ciò che sono. Inietta energia. Da bambina ero sempre entusiasta, motivata. Mi sono sempre sentita fuori posto, però. Forse, per il luogo in cui sono cresciuta. Trasferendomi a New York, mi sono sentita parte di una festa, incontrando persone come me. È stato un periodo incredibile della mia vita"