In una fredda ma soleggiata mattinata romana, le due splendide star francesi Gérard Depardieu e Jean Reno, accompagnati dal regista Francis Veber, sono apparsi più in forma che mai e pieni di energia per tutta la durata della conferenza stampa di presentazione del nuovo film di cui sono protagonisti. Sta zitto... non rompere (Tais-Toi!) è il titolo della nuova commedia di Francis Veber (La Cena dei Cretini), prodotta da Luigi ed Aurelio De Laurentiis (quest'ultimo presente in sala) e distribuita in Italia dalla Filmauro. Il film uscirà venerdì 14 novembre prossimo.
Signor Veber, Lei ha diretto Depardieu molti anni fa, precisamente nel 1981, in un grande film comico che è La Capra. Com'è cambiata la comicità e la televisione rispetto ad allora?
Francis Veber E' vero, abbiamo cominciato a lavorare insieme 22 anni fa in La Chèvre ma è anche vero che in questi anni abbiamo fatto ben cinque film insieme "Les compères", "Les fugitifs", "Le Placard" (L'apparenza inganna) e adesso questo Sta zitto...non rompere. C'è un rapporto di grande stima e fiducia tra noi due ed è un vero e proprio piacere lavorare sia con lui che con Jean Reno. Fare questo film con loro due è stata una vera gioia per me.
Ci racconta qualche aneddoto avvenuto durante la lavorazione?
Francis Veber: Abbiamo girato in un vero ospedale psichiatrico il pezzo del film ambientato nella clinica in cui viene internato Reno. C'era uno dei malati di mente, un uomo di dimensioni gigantesche, che urlava sempre non appena incontrava qualcuno nei corridoi; Gérard un giorno lo incrocia e si mette ad urlare più forte di lui tant'è vero che il pazzo sconvolto si è girato verso di noi dicendo "Ma questo è pazzo!". Avevo paura che i medici della clinica volessero tenerlo con loro e che non lo facessero più uscire!
Partendo da "La Capra" e arrivando fino a "La cena dei cretini", lei è stato comico ed allo stesso tempo anche molto cattivo. Ora sembra aver alleggerito questo aspetto ed essere diventato più buono. E vero?
Francis Veber: Non ho affatto l'impressione di essere così cattivo nei miei film forse perché le mie storie sono soprattutto di amicizia; partendo da "L'Emmerdeur" (Il rompiballe) fino a questo Sta zitto...non rompere sono tutte storie d'amicizia fra due personaggi che all'inizio sono come cane e gatto e che poi pian piano, nel corso della storia, si avvicinano e si sviluppa tra loro un grande rapporto di amicizia.
Questo è ciò che mi ispira di più, io non sono molto romantico e non amo le storie d'amore; preferisco nettamente le storie d'amicizia. D'altra parte è anche vero che in tutti questi film c'è un personaggio che è un pò il clown della situazione di cui tutti ridono ma non c'è sempre e soltanto questo; il personaggio in questione è sempre molto toccante con una spiccata sensibilità ed un'anima.
Come ha ideato questo film? Come le è venuto in mente Gerard Depardieu per questo personaggio?
Francis Veber: Vorrei raccontarvi un pò il percorso che mi ha portato a sceglierlo. Fino al momento in cui abbiamo girato insieme La Capra tanti anni fa, Gérard non aveva mai lavorato in un film comico. Avevo, per questo motivo, una certa preoccupazione e mi chiedevo se fosse veramente in grado o se fosse un attore adatto per lavorare in questo tipo di film. Il mio agente dell'epoca mi consigliò di invitarlo al ristorante, di mangiare con lui e mi disse che successivamente mi sarei fatto un'idea più precisa sul da farsi. Andammo in tre, io e Gérard assieme all'attore che interpretava l'altro protagonista, quello comico e pasticcione; il pranzo fu disastroso, macchie di sugo sui vestiti per tutti ed in quel momento capii che lui era quello giusto per il ruolo che stavo cercando, quello più serio. Poi però Gérard si è trasformato nel corso degli anni ed è passato da questo ruolo a quello della controparte, ora fa lui il personaggio ridicolo ed è Jean quello che al ristorante si fa macchiare i vestiti.
Come si è comportato sul set Depardieu?
Francis Veber: Visto il suo stato di salute si è comportato bene anche sotto il punto di vista dell'alcool oltre che sotto il punto di vista del mangiare; non ha bevuto quasi mai. Mi ricordo che un giorno, mentre giravamo La Capra Gérard è arrivato sul set ubriaco fradicio e non riusciva a dire neanche la sola parola che componeva la battuta di quel giorno. Entrando in un albergo avrebbe dovuto solo chiamare l'addetto ai bagagli dicendo: "Bagagiste!". Farfugliò qualcosa ma dopo venti volte che provavamo ho detto basta e ho preteso che una cosa simile non accadesse mai più. Invece Jean aiuta moltissimo in questo perché non crea problemi di alcun tipo, lui non mangia troppo, non beve, non fuma non ha vizi, credo che sia anche ancora vergine...!
Depardieu ha per caso cambiato genere ultimamente? L'abbiamo vista recitare in parecchie commedie, ora sembra preferire di più i ruoli leggeri a quelli drammatici. Cosa ci può dire in proposito?
Gérard Depardieu: Preferisco far ridere piuttosto che piangere il pubblico ma se si ha per le mani una bella storia d'amore mi piace anche commuovere; purtroppo ora film come La donna della porta accanto di Truffaut non se ne vedono più, è tutto basato sugli effetti speciali. Trovo che la commedia sia in grado di far ritrovare ad un Paese la propria cultura come ad esempio succede per l'Italia, anche se il cinema italiano non va bene come quello francese, ci sono a mio parere dei registi come Benigni, Rubini, Calopresti e Moretti (amatissimo in Francia n.d.r.) che mantengono l'identità culturale italiana nelle loro commedie. Non bisogna abbandonare questo tipo di film, sarebbe un delitto.
A proposito di cultura, di riferimenti e precedenti, questo film ha riportato alla mente alcuni film francesi che forse possono aver fatto da predecessori a Sta zitto...non rompere come ad esempio L'Emmerdeur o alcuni film di Luis De Funès sempre basati sugli inseguimenti. Pensa anche Lei che ci siano dei collegamenti o è solo una coincidenza?
Gérard Depardieu: Secondo me De Funès assomiglia di più a Totò o ad Alberto Sordi ma nel caso di Veber tutti gli script puntano non solo a far ridere ma anche ad essere sottilmente cattivi, per Veber la cattiveria è un arma per far ridere. Guardate ad esempio anche a come Lubitsch fece To be or not to be, un film sul ghetto di Varsavia, quello non era un argomento divertente ma a modo suo è riusciro ad essere comico. Un altro caso può essere quello de La Cena dei Cretini in cui troviamo una miriade di esempi su quello che vi ho appena detto. Si possono fare mille cose con una commedia. Anche in Cirano de Bergerac è la stessa cosa ma non possiamo parlare di De Funès per confrontare questo film, lui basava tutto, come anche Totò e Sordi, sull'improvvisazione. Era un clown, un vero attore di commedia.
Quale pensa che sia il punto di forza del suo personaggio?
Gérard Depardieu: Ho lavorato in molti film ed ho interpretato molti personaggi non proprio intelligenti e belli, è nella mia natura amare i ruoli difficili che fanno ridere ma che hanno anche un grande temperamento. Mi fa molto ridere per esempio trovarmi davanti ad uno come Jean sempre zitto e muto che però sotto sotto segue la sua natura e cerca un amico vero, qualcuno che lo ascolti. Mi piace di più fare questi personaggi perché il cinema deve servire a farti vivere delle storie che sono credibili e come attore devi fare il tuo lavoro per non recitare nella vita reale. Anche per questo non ho mai accettato i ruoli da gangster, non c'è niente di interessante nel fare il gangster. Quando un uomo è in fuga dalla vita diventa una bestia...preferisco essere più umano nei miei film.
Lei cambia le battute quando le viene proposto un personaggio che non è esattamente come Lei lo vuole?
Gérard Depardieu: Non ho mai cambiato una battuta in nessuna sceneggiatura neanche se vedo che c'è qualcosa che non va o un errore nella battuta stessa. La provo davanti al regista e poi è lui che decide. A maggior ragione questo non l'ho mai fatto per una sceneggiatura di Francis Veber, lui cura anche le virgole e la punteggiatura, di solito impiega tre anni della sua vita per scrivere una sceneggiatura. Come può scrivere qualcosa di sbagliato? E' come un'ossessione per lui questa precisione. A nessuno è mai venuto in mente di cambiare una sua battuta. Forse quando ho lavorato in televisione ho cambiato qualcosa nelle battute e/o nei finali delle storie come ad esempio la fine della storia de Il conte di Montecristo non volevo che finisse male e mostrasse un conte in preda alle droghe e all'alcool ho voluto un personaggio che perdonasse quelli che lo avevano messo in prigione. Non cambierei mai una battuta ad esempio di Ettore Scola perché lui quando lavora mira sempre alla perfezione. Non sono uno che ha problemi di sceneggiatura ma conosco molti attori che hanno problemi con le battute, vi assicuro.
Nel film Lei appare molto magro in una forma quasi perfetta, è stata una richiesta del regista o ha deciso Lei in quel frangente di dimagrire?
Gérard Depardieu: Sì me lo chiese Francis ma la cosa che più mi ha spinto a dimagrire è stato un momento di depressione che ho avuto dopo un intervento chirurgico che ho subito. Ho detto basta e ho deciso di smettere di mangiare tanto ma ora basta, non voglio essere più magro di così perché poi sembrerei troppo 'americano' e poi dovrei farmi 'tirare' con la chirurgia. Preferisco essere un pò più cicciottello come Aurelio De Laurentiis. (Risata generale) Ora, quando giro un film con Francis, per me è un pò come una cura ricostituente perché con lui devo sempre essere in forma.
Perché Jean Reno ha accettato di lavorare a questo film?
Jean Reno: Avevo già lavorato con Francis tempo fa e devo dire che è sempre andato tutto bene, c'è del feeling, c'è uno scambio tra di noi. La sceneggiatura in realtà era stata proposta da Gérard a Francis ed in Francia è andata benissimo proprio perché la loro era già collaudata come coppia e la gente si è fidata del successo di entrambi. Poi mettiamoci anche che avevo molta voglia di lavorare con tutti e due ed il gioco è fatto.
Cosa cercate nei personaggi che vi vengono proposti?
Jean Reno: E' una domanda molto difficile questa, cerco sempre di realizzarmi di comunicare con gli altri, di sognare, di divertirmi e di scavare dentro me stesso. Quello che cerco di fare in un film che interpreto è definirmi meglio come persona per essere migliore soprattutto nei confronti degli altri; poi quando si tratta di recitare in ruoli ed in film che mi sono cuciti addosso ottengo i risultati migliori perché chi recita in un film, vedendosi dal di fuori, ha meno 'tare' di quelle che può avere se non osserva mai se stesso all'opera.
Gérard Depardieu: Quando ho davanti una sceneggiatura di Veber non cerco niente se non di 'sedurlo'. Lui fa delle commedie su misura e non solo commedie ovviamente; si ride nei suoi film proprio perché c'è un lato umano molto spiccato che contrasta con il lato divertente. Sono stato molto felice di fare questo film con Jean perché lui è molto buono ha un cuore grande e prima di essere un grande attore è un grande uomo. Mi piace molto questo suo modo di non essere in competizione con l'altro, lui segue l'altro e vuole sempre fare tutto insieme a servizio della sceneggiatura; è la cosa che preferisco in un attore.
Signor Reno, ha sentito ultimamente Luc Besson e sa di qualche suo progetto imminente?
Jean Reno: Non credo che ve ne siano a brevissimo termine, so che invece c'è un progetto per il prossimo anno ma che riguarda gli Stati Uniti; sulla sceneggiatura lavorerà un americano. Non so dirvi di più.
In Francia sta prendendo piede un certo tipo di cinema di genere il cui eco arriva in tutto il mondo, perfino in Giappone, e che vede tra i maggiori esponenti il nome prestigioso di Luc Besson che il signor Reno conosce molto bene. Questo nuovo cinema è interamente basato sugli effetti speciali come anche, per citare un altro esempio, il bellissimo Vidocq di Pitof in cui il signor Depardieu ha recitato. Vi siete fatti una vostra idea su questa evoluzione?
Francis Veber: Questo nuovo cinema in Francia è un cinema giovane fatto da giovani con un know-how quasi americano ma che funziona molto bene anche in Europa. L'unica cosa che mi secca un pò è che il copione perde di importanza e passa in secondo piano, parlo ovviamente da sceneggiatore di professione che preferisce mettere due uomini seduti su un divano e farli parlare piuttosto che far vedere le cascate del Niagara con delle persone che fanno sci nautico. Detto questo a me il cinema di genere va benissimo e sono anche molto felice di questo successo in Francia e all'estero. L'unico pericolo che vedo è una sorta di formattazione perché il cinema americano ed un cinema che si forgia sul modello americano è un cinema che punta ad un certo tipo di pubblico, soprattutto giovane. In questo senso ci può essere un livellamento verso il basso, puntare soltanto a questa fascia di pubblico lasciando fuori tutto il resto non è di certo una cosa raccomandabile perché impedisce a tutti di imboccare strade un più ambiziose e realizzare film di maggior spessore .
Jean Reno: Certi film non si fanno più purtroppo, a causa principalmente delle nuove tecniche di montaggio che rendono i film sempre più simili a dei videoclip. Oggi come oggi si fanno film 'usa e getta' che si dimenticano presto; non voglio attaccare o giudicare negativamente il cinema americano o lo stile, dico solo che questa tendenza mi fa molto paura.
Gérard Depardieu: L'intelligenza di Luc Besson sta nel cercare un mercato mondiale per i suoi film, lui fa venire Jackie Chan a Parigi et voilà, il suo mercato va dappertutto a gonfie vele. Tutto sta nel dare valore alla sceneggiatura perché se ci sono effetti speciali ma c'è anche una buona base di script tutto va alla grande come ad esempio in "I fiumi di porpora". Guardate Vidocq, non ha funzionato in Francia perché i francesi non hanno gradito la prima esperienza lavorativa di Pitof e non gli hanno dato la possibilità di dimostrare il suo valore in un secondo film. Ora è stato conquistato dagli USA e ha trovato lì questa possibilità, pensate che sta girando Catwoman con Halle Berry e Sharon Stone.
Quali sono le cose da evitare per la buona riuscita di un film comico?
Gérard Depardieu: Sono d'accordo con quanto ha detto prima Francis riguardo alla sceneggiatura e alla scrittura ma in un film c'è soprattutto la 'situazione'. Quella fa il film; quando ad esempio metti un attore come Jean Reno che non parla mai davanti ad un altro che parla sempre e non si ferma mai, quella è una situazione stupenda. Anche in "L'apparenza inganna" quando tutti guardano il protagonista in modo strano solo perché c'è una voce secondo la quale lui sarebbe omosessuale... lì è lo sguardo ad essere al centro dell'attenzione. Tutte le commedie di Francis sono costruite su cose reali che fanno meravigliosamente parte della vita e dell'animo umano. C'è una differenza fondamentale tra commedia e farsa. La televisione fa più la farsa rispetto al cinema che ormai ha un po' perso questo valore.
Jean Reno: Stavo per dire io la stessa cosa, mai pensare che si sta interpretando un film comico perché in realtà per noi non lo è mai. Chiaramente poi ci sono personaggi come Totò o Alberto Sordi che danno un loro ritmo personale ai film e che in quel modo cambiano la realtà. Loro sono dei geni, attori nati come De Funès.
Francis Veber: L'aspetto più importante è la sceneggiatura, la scrittura. Come dicono gli americani si tratta di 'write, rewrite and re- rewrite", bisogna essere sempre pronti a riscriverla e modificarla finché non si ottiene quel che si vuole. La cosa fondamentale ma anche la più difficile da fare per uno scrittore, è far leggere poi la propria opera ad altre persone ed aspettare un giudizio perché saranno loro il pubblico a cui si rivolgerà la sua fatica di artista. Bisogna quindi essere sempre pronti a modifiche e rimpasti. Tutti gli altri aspetti, la fotografia, le musiche e il cast vengono dopo. Nei film comici è giusto che ci siano anche dei momenti drammatici, bisogna però cercare di dosarli senza rovinare l'essenza del film. In Sta zitto... non rompere ad esempio c'è la scena in cui Gérard si taglia le vene per solidarietà con Jean che sarebbe molto drammatica se non fosse che Gerard entrando si siede su quel povero vecchietto del letto accanto in fin di vita. E' quello il dettaglio inserito per cercare di mantenere il tenore del film affinchè non ci sia uno scivolamento nel drammatico.