Geek Girl, la recensione: la rivincita degli sfigati in un serie teen semplice e apprezzabile

Quando la goffaggine diventa moda (e rivincita personale): ecco com'è Geek Girl, serie teen disponibile su Netflix. Protagonista Emily Carey.

Geek Girl, la protagonista in un'immagine della serie

Vive nascosto in Geek Girl un ricordo che sa di inizio anni Duemila. È un recupero silente di un tempo in cui serie come Diario di una nerd Superstar, o La vita segreta di una teenager americana, impazzavano sul piccolo schermo. Primi approcci seriali per un universo adolescenziale che dava maggior spazio ai nerd, agli studenti diligenti, a chi tentava, insomma, di condurre una vita mai sopra le righe e per questo poco popolare. Queste serie diventarono comfort zone televisive per adolescenti spesso non capiti, presi di mira e/o continuamente destinati a fare la scelta sbagliata, a dire la cosa sbagliata, solo per piacere e piacersi. Era un canovaccio di esistenze edulcorate, lontane da altri microcosmi giovanili come quelli immortalati da Skins, o più recentemente da 13 reasons why, che Geek Girl adesso recupera tentando di attualizzare sotto altre vesti.

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Emily Carey e Zac Looker nella serie Netflix

Tratti dall'omonima saga letteraria di Holly Smale, i dieci episodi di Geek Girl disponibili su Netflix vivono sulle ceneri lasciate da un'altra opera elevata a cult come Il diavolo veste Prada. La ragazzina intelligente, con i capelli rossi (non causale, visto il pregiudizio superstizioso che ancora vige attorno a tale colore) abbagliata dalle luci della ribalta e dalle passerelle dell'alta moda, si mescola con un rimasuglio mnemonico di una serialità anni Duemila ormai superata. Un viaggio non più dell'eroe, ma della nerd trasformatasi in modella, che vive di speranza e rivalsa personale, fomentata da troppo ottimismo e positività, tanto da risultare quasi poco realistica, e più simile a un mero sogno.

Geek Girl: la trama

Harriet (Emily Carey) è una giovane molto intelligente, dai capelli rossi e un po' nerd, che viene scoperta per caso alla Fashion Week di Londra. Da quel momento la sua vita cambia radicalmente, specialmente dopo l'incontro con Nick (Liam Woodrum), un modello affascinante e intelligente che la costringe a rivedere la sua esistenza. Nonostante continui ad essere la stessa ragazza simpatica, impacciata e intelligente di sempre, questi cambiamenti influenzano profondamente la sua vita e quella di chi le sta intorno.

Il ritmo della regia

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Emily Carey è Harriet

È una regia, quella di Geek Girl, incapace di stare ferma. Dinamica e ritmata, si affida a riprese angolate, a dolly-zoom e grandangoli per enfatizzare lo scarto emotivo tra la protagonista e il resto del mondo. Un ambiente, quello che circonda Harriet, colorato, sempre perfettamente illuminato, che va ad adombrarsi proprio quando la luce deve essere sparata, i faretti accesi, i flash dei fotografi azionati. Per la giovane il mondo della moda non è un'ambizione, e nemmeno un obiettivo: è un palliativo al dolore. Ma una volta entrati nel vortice, la dipendenza alla dopamina che quel mondo rilascia diventa pericolosa. E così, per chi è rimasto sempre al margine, ritrovarsi al centro non diventa più portatore di timore ma generatore casuale di segreti, sotterfugi, menzogne. Una continua performance incapace di stabilire cosa sia vero e cosa sia falso, proprio come quella di Amleto; proprio come quella di attori sul teatro della vita.

La conquista degli emarginati

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Quando la goffaggine diventa moda

In dieci episodi la narrazione scorre veloce e senza intoppi, e forse è proprio la sua scorrevolezza fin troppo sinuosa e priva di ostacoli che lascia un sapore di estrema dolcezza. Gli attacchi di ansia, gli scontri familiari e quelli di un'amicizia lunga una vita pronta a distruggersi per la detonazione di una menzogna, non bastano a limare quell'estrema edulcorazione di una rivincita della nerd in top model. La naturalezza con cui Emily Carey restituisce la sua Harriet non ha nulla di fazioso o forzato: le sue sfumature sono quelle di un'adolescente che tenta di rivoluzionare la propria esistenza, pur rimanendo fedele a se stessa.

Un pulsante di accensione limpido e riconoscibile, quello della performance della Carey, capace di azionare un processo affettivo e di immedesimazione spettatoriale senza intoppi. Ed è allora per il target di riferimento che, per quanto semplice e a tratti prevedibile, l'intreccio scivola con facilità. Lo spettatore medio a cui si rivolge Geek Girl punta ai giovani ancora indecisi e insicuri su quale sia il loro posto nel mondo: con semplicità, la serie intende regalare loro dieci momenti di puro conforto, entro i quali ritrovare sprazzi di se stessi, di quell'insicurezza tipicamente adolescenziale, e di quella forza intrinseca nell'affrontare i dubbi e gli ostacoli della vita.

Sfilare tra applausi, ma senza ovazioni

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Un momento di Geek Girl

Senza tante elucubrazioni mentali, e sostenuto da un racconto diretto, facilmente leggibile e comprensibile, Geek Girl raccoglie in eredità il campionario di opere precedenti e similari, per cucire un abito fresco, nuovo, sebbene poco originale. Nessuno sguardo impressionato, o reazione sconvolgente: il corpo televisivo che sfila in passerella non ha nulla di inedito, ma riesce comunque a farsi apprezzare e seguire con lo sguardo. Non osa, non rischia o azzarda la serie tv di Netflix: punta sul semplice, su elementi vincenti perché già facilmente riconoscibili e apprezzati, imbastendo un campionario di abiti che piacciono, senza per questo conquistare. Incrociando e amalgamando cartamodelli di opere già collaudate e applaudite, Geek Girl sfodera gli ingredienti giusti, ma la sua è una sfilata già vista, per quanto ben organizzata. Una messinscena che attende la caduta, l'imprevisto per far alzare in piedi il proprio pubblico, e così sconvolgerlo. Ma senza tutto questo, rimane una serie ben fatta, sufficientemente riuscita, da applaudire a fine episodio, ma senza ovazioni e urla di approvazione.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Geek Girl sottolineando come la nuova serie teen disponibile su Netflix viva su un'estrema semplicità di racconto e su un'eccessivo senso di ottimismo, così da catturare facilmente il target spettatoriale di riferimento. Sono giovani che, come la protagonista Harriet, vivono con il senso dell'odio, dell'emarginazione, solo perché obbedienti, solo perché intelligenti. Grazie a una regia dinamica i dieci episodi scorrono senza intoppi, sebbene l'abito cucito non sia così folgorante, o sorprendente.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • La performance di Emily Carey
  • La regia fatta di riprese dinamiche, con tanto di dolly-zoom
  • Il significato profondo e il desiderio di portare sul piccolo schermo la portata di un attacco di panico.

Cosa non va

  • Il troppo ottimismo che investe la storia.
  • L'eccessiva edulcorazione di momenti che avevano bisogno di rimanere cupi e psicologicamente toccanti.
  • Una fotografia che si incupisce a tratti, per poi soccombere a una luce accecante anche quando non è necessaria.