Con gli anni, ammassando visioni su visioni, si finisce per affinare una certa tecnica comparativa. Richiami e rimandi, parallelismi e declinazioni. In questo specifico caso, poi, abbiamo un quadro geografico ben preciso che altera e indirizza l'azione: New York City. E rivedendo quel gran film chiamato Gangs of New York ci tornano in mente le bande rivali de I Guerrieri della Notte (The Warriors). Da Coney Island fin su al Bronx, il pragmatismo di Walter Hill per l'estetica satura di Martin Scorsese. Due cult diversi ma continui, due grandi registi e la brutalità che ha reso possibile l'unicità umana e collettiva di New York. Volti colorati, outfit sgargianti, i padri ammazzati e i figli vendicativi. In mezzo una lotta per la sopravvivenza, la disgregazione sociale identica negli Anni Settanta come nell'Ottocento, il sangue che scorre a fiumi, quasi ad irrigare la coscienza dell'ultima Città-Stato rimasta sulla Terra.
Vent'anni dopo dall'uscita in sala di Gangs of New York, il paragone si fa più forte e probabilmente inaspettato: mentre il mondo cambia e si evolve, il retaggio cinematografico di Scorsese resta fortissimo, e con lui un meraviglioso approccio artigianale, ormai affossato da un uso e un abuso del green-screen. Perché, come sono assurde e perpetue le luci al neon di Times Square, ciò che vediamo in Gangs of New York è tutto magicamente vero. Liberamente tratto da The Gangs of New York: An Informal History of the Underworld, che raccontava nel lontano 1928 la suddivisione armata delle gang che si spartivano Five Points nel 1860, il film candidato nel 2003 a ben dieci Oscar (senza vincerne alcuno, il 2002 fu l'anno di Chicago) fu girato a Cinecittà, in cui venne ricostruita da Dante Ferretti la New York dell'epoca.
New York, vendetta e sangue
Un lavoro mastodontico, che accese letteralmente l'epopea filmica di Scorsese (167 minuti, un compromesso tra il regista e il produttore Weinstein, che voleva una durata più smart), che fin da giovane inseguiva l'idea di mettere in scena quello che si può considerare come il background narrativo che mette in scena gli albori della città più bella del mondo. Cresciuto a Little Italy, il regista rimase colpito dagli edifici antichi che pian piano venivano adombrati da una verticalità tutt'ora in espansione: prima degli italiani, su quelle strade, c'era altro. E dunque, chi o cosa ha resto Manhattan l'isola d'acciaio e luce che conosciamo oggi? Cosa l'ha resa la terra della speranza e del sogno, crogiolo di slang, di odori, di culture, apogeo della Globalizzazione, leggenda iconizzata ed egocentrica?
Brevemente, il saggio di Herbert Asbury fece il resto: era una sceneggiatura pronta, perfetta per un film dal respiro epico. Passarono gli anni, e il film prese poi forma grazie al soggetto di Jay Cocks, che scrisse la sceneggiatura insieme a Steven Zaillian e Kenneth Lonergan. Chiaramente, l'occhio di Scorsese - e l'amore per New York - fece il resto, aggiungendo agli impulsi storici (abbastanza fedeli, al netto di un ovvio aspetto romanzato) la potenza attoriale di un cast su di giri: Leonardo DiCaprio, Daniel Day-Lewis, Cameron Diaz. Un triangolo che celava i prospetti e le sfumature della storia, spaccata in più parti: la religione, la vendetta, la famiglia, l'ossessione, la Guerra, la purezza, la redenzione, l'identità. Un kolossal pirotecnico che Scorsese volle avvicinare al dir poco controverso Nascita di una Nazione di Griffith, sviluppandolo però come pregna parentesi dai confini ben precisi. L'Oceano da una parte, il fiume Hudson dall'altra.
Gangs of New York: Daniel Day Lewis, la sua folle preparazione al ruolo
The Hands That Built America
Sono gli Anni della Guerra Civile, gli Stati Uniti stanno cominciando a diventare un ideale sospinto dalla politica di Abraham Lincoln. Il suo centro? Proprio i Five Points di Manhattan, oggi rintracciabili tra Baxter Street e Worth Street, a metà tra Chinatown e Wall Street. Da lì - chi conosce New York - si nota tutt'ora il cambiamento strutturale: una sorta di cratere dal cielo aperto, uno spazio limpido marcatamente diverso dalla convulsa Mid-Town o dalla verticalità della Downtown. E Scorsese, attraverso la vicenda personale dell'irlandese Amsterdam (DiCaprio), che brama vendetta contro il nativo Bill il Macellaio (Day-Lewis), è lo specchio dell'epoca: un miscuglio di bande che, con la violenza, cercavano il dominio fisico e psicologico. Anglosassoni, protestanti, nazionalisti, polacchi, cattolici, neri, asiatici. Una terra senza legge che invocava Dio, un Far West opposto che inseguiva il progresso per mezzo di una spietata sopraffazione. Un razzismo dirompente e prorompente, aizzato dalla figura del Macellaio (ispirato a William Poole, pugile, politico e criminale, capo dei Bowery Boys) nel bel mezzo dei Disordini di New York, esplosi nel 1863 a seguito della coscrizione e della precaria e instabile situazione sociale. L'America è nata lì, sulle strade. Grazie alle strade.
Reso da Scorsese la figura chiave di Gangs of New York, il Macellaio di Daniel Day-Lewis, oltre essere uno dei grandi villain del cinema, è tutt'ora riconoscibile negli ideali ultra-nazionalisti dei suprematisti bianchi: una tangibile dimostrazione che la Storia è circolare, che l'uomo è lo stesso, cambiano solo gli interessi, i mezzi, i presupposti. Così, dopo due decadi, l'enorme pellicola di Scorsese, prende in mano un'ulteriore eredità, e anzi fin da subito è divenuta specchio di una incerta e mutevole realtà, come dimostra lo skyline finale in cui svettavano ancora le Twin Towers del World Trade Center. Un colpo al cuore, un ritardo casuale che rese Gangs of New York il film perfetto che sottolineava l'umore stordito degli Stati Uniti. In quell'attimo, mentre lo score di Howard Shore passava le note agli U2 con The Hands That Built America, è racchiuso l'istinto cinematografico di Martin Scorsese che innalza, in una manciata di secondi, l'intero assetto del film, avvicinandolo ad un trattato antropologico dalla brutale verità: non avremmo New York City se non fosse sgorgato il sangue, che riempì quelle tombe oggi seppellite dall'asfalto, dal Capitalismo e dall'accecante bellezza. There's a cloud on the New York skyline - Innocence, dragged across a yellow line - These are the hands that built America.
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