Chiunque può essere felice e sereno. Ma essere felici e sereni non porta nulla di buono. Nessuno realizza qualcosa di grande vivendo felice e sereno
Ci sono documentari che raccontano storie talmente potenti, estreme e al di fuori dall'ordinario da risultare inevitabilmente affascinanti e appassionanti. Free Solo di Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin, trionfatore poco più di un mese fa alla notte degli Oscar come miglior documentario, mostra l'impresa del climber Alex Honnold, il primo uomo ad aver scalato senza corde la parete rocciosa di El Capitan nel Parco nazionale californiano dello Yosemite. E, come vedremo più avanti nella nostra recensione di Free Solo, lo fa equilibrando con incisività il racconto intimo della vita e della personalità di Alex e quello più adrenalinico che vede l'ormai leggendario scalatore arrampicarsi a centinaia di metri di altezza privo di ogni protezione.
Un'impresa senza precedenti
C'è un motivo se nessuno prima di Alex Honnold aveva tentato di conquistare la vetta di El Capitan in free solo (questo il nome della pericolosissima tecnica di scalata, da cui prende il titolo il lungometraggio, che non prevede alcun ausilio di corde o ancoraggi). Come descrive dettagliatamente lo stesso protagonista in uno dei momenti in cui viene mostrato il lungo e meticoloso processo di preparazione all'impresa, infatti, in alcuni passaggi della scalata gli appoggi per mani e piedi sono variazioni minime nel tessuto roccioso. Il coefficiente di difficoltà è elevatissimo e il margine di errore non esiste. Se si effettua il posizionamento di un arto in maniera anche solo parzialmente scorretta, non c'è modo di rimanere aggrappati da nessuna parte. "Il free solo è la cosa più vicina alla perfezione che esista", afferma non a caso Alex, "ed è bello potersi sentire perfetto almeno per un momento".
Allacciate le cinture: da Rollerball al nuovo Point Break, gli sport estremi al cinema!
Una lunga preparazione
Io so che chiunque può morire in qualsiasi momento. Il free solo te lo fa capire in maniera più immediata e più concreta
Alex Honnold era ossessionato da El Capitan da circa un decennio ma ogni volta che iniziava realmente a pensare di tentare la scalata poi finiva per rendersi conto di non essere pronto. Per ridurre al minimo i rischi di fallimento nel contesto di una disciplina in cui fallire significa morire, lo scalatore tra la primavera del 2016 e l'estate del 2017 si è arrampicato su El Capitan decine di volte con la corda insieme all'esperto climber e amico Tommy Caldwell, avendo così modo di memorizzare con precisione ogni singolo movimento del corpo da effettuare durante l'arrampicata in solitaria. Le sue scalate preparatorie, così come naturalmente quella storica conclusiva del 3 giugno 2017, ci vengono mostrate attraverso immagini mozzafiato in cui vediamo il climber esibirsi in una vera e propria danza sulle rocce, al contempo armoniosa e vertiginosa.
Immagini da togliere il fiato
Realizzare queste riprese naturalmente è stato complicatissimo e Jimmy Chin, scalatore, fotografo e regista, si è circondato di un affiatato team di cameraman che sono prima di tutto climber professionisti. Nella stragrande maggioranza delle immagini in cui vediamo Alex scalare siamo infatti lì con lui, a pochi metri di distanza, perché la troupe era anch'essa sospesa nel vuoto per mostrare l'azione (naturalmente facendo affidamento su corde e ancoraggi). Il rischio di avvicinarsi troppo e destabilizzare la concentrazione di Honnold o addirittura di commettere un qualsiasi errore che ponesse il climber in una situazione di pericolo era elevato e quindi anche il lavoro di chi si occupava di filmare ha dovuto necessariamente rasentare la perfezione.
Il valore dell'intimità
Free Solo però, come già si accennava in apertura di recensione, non si limita a raccontare un'impresa al limite dell'impossibile, ma ha il grande pregio di immergerci in maniera stimolante anche nella quotidianità e nel peculiare modo di intendere la vita di Alex Honnold, il quale si racconta senza filtri davanti alla telecamera di Elizabeth Chai Vasarhely, già autrice nel 2015 sempre insieme al marito Jimmy Chin di Meru, apprezzato documentario in cui veniva mostrata la scalata da parte di tre uomini (tra cui lo stesso Chin) dell'omonima montagna himalayana. Entrando in empatia con Alex, così, siamo in grado di essere ancor più coinvolti emotivamente mentre ammiriamo le sue incredibili gesta.
Prodotto da National Geographic, nonostante in alcuni momenti nella gestione dei tempi narrativi e nelle scelte stilistiche mostri un po' troppo come la propria natura sia in primis televisiva, Free Solo si rivela dunque un racconto avvincente ed emozionante che conduce lo spettatore a vivere da vicino le sensazioni che prova uno scalatore sospeso nel vuoto, appeso a un sottilissimo filo che separa la vita dalla morte. Da non perdere.
Conclusioni
Giunti alla conclusione della nostra recensione di Free Solo, a rimanere impressa al termine della visione è la meraviglia per aver avuto il privilegio di assistere in prima fila alle storiche gesta di Alex Honnold. Nonostante qualche concessione di troppo al linguaggio del documentario televisivo, il lavoro di Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin racconta in maniera assai efficace, attraverso immagini mozzafiato e senza mai rinunciare a mettere in luce l'intimità del suo protagonista, la leggendaria scalata della parete rocciosa di El Capitan. Anche questa, come quella compiuta da Hannold, non un'impresa da poco
Perché ci piace
- La capacità di equilibrare in modo convincente racconto intimo ed epico.
- Non ci si è mai sentiti così vicini alle emozioni e al modo di vedere il mondo di uno scalatore professionista abituato a muoversi lungo un confine sottilissimo che separa la vita dalla morte.
- Le riprese di Alex Honnold in azione sulle montagne rocciose sono da togliere il fiato.
Cosa non va
- Soprattutto per quanto riguarda la gestione dei tempi narrativi e alcune scelte stilistiche, Free Solo mostra un po' troppo la propria natura di documentario pensato principalmente per la televisione.