Freaks Out, Gabriele Mainetti: “Il mio racconto fantastico in cui spero si sentano il sangue e la gioia”

Intervista a Gabriele Mainetti, Aurora Giovinazzo e Franz Rogowski, regista e protagonisti di Freaks Out, film ambientato nella Roma del '43 in cui un gruppo di circensi dalle capacità straordinarie si ritrova a dover affrontare i Nazisti.

Freaks Out: una foto dei protagonisti
Freaks Out: una foto dei protagonisti

Finalmente in sala! Dopo l'anteprima alla 78esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove è stato presentato in concorso, Freaks Out, opera seconda di Gabriele Mainetti, arriva in sala il 28 ottobre. Ambientato nella Roma del 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale, il film si apre al Circo Mezzapiotta, dove "l'immaginazione diventa realtà".

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Freaks Out: una foto del film

Giorgio Tirabassi interpreta Israel, proprietario del circo, in cui si esibiscono Fulvio, Matilde, Cencio e Mario, interpretati rispettivamente da Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto e Giancarlo Martini. Questi non sono circensi qualsiasi: ognuno di loro ha una capacità fuori dal comune. Sulle loro tracce c'è Franz (Franz Rogowski), soldato nazista con sei dita, che è un grandissimo pianista, ma vuole anche mettere su una squadra di guerrieri straordinari per far vincere il conflitto a Hitler.

Strabordante, ambizioso, spettacolare: Freaks Out è un passo importantissimo per il cinema italiano, sopratutto a livello produttivo. Dopo tanta attesa, è arrivato il momento di abbracciare questi personaggi romanissimi, che riescono a unire la nostra cultura con quella del grande cinema hollywoodiano. Ne abbiamo parlato con il regista, Gabriele Mainetti, e con gli attori Aurora Giovinazzo e Franz Rogowski, incontrati al Lido di Venezia.

La video intervista a Gabriele Mainetti, Aurora Giovinazzo e Franz Rogowski

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Freaks Out: Gabriele Mainetti e l'importanza degli abbracci

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Freaks Out: la locandina definitiva

Lo chiamavano Jeeg Robot finisce con Enzo Ceccotti che abbraccia Roma. Freaks Out finisce con un altro abbraccio. Quanto sono importanti gli abbracci?

Gabriele Mainetti: Tanto. Tanto perché sono degli abbracci che i nostri personaggi danno agli altri. Jeeg all'inizio partiva con un uomo che correva in un dedalo di vie, angosciato, affaticato, inseguito. Era come se si trovasse in un labirinto dal quale faceva fatica ad uscire e si buttava nel Tevere per nascondersi. E finiva con lui che saliva sul Colosseo e saltava, alla fine, rilassato, e abbracciava questo spazio e ci si immergeva, in qualche modo, in questo dedalo di vie. I nostri personaggi tornano a casa in realtà. Tornano a casa, tornano a Roma e chissà quello che succederà, non lo so. Sono importanti. Quello che il film vuole raccontare è che, nelle difficoltà della vita, estreme, con le quale siamo costretti a fronteggiarci, l'epilogo migliore è quello di stare in armonia con gli altri.

Freaks Out: protagonisti "speciali ma non straordinari"

Il personaggio di Franz dice che i protagonisti sono "speciali ma non straordinari". Secondo voi è proprio questa la loro forza?

Franz Rogowski: Penso sia difficile giudicare. Dipende sempre dal tuo punto di vista. Non c'è niente di speciale nel mondo se non lo escludi dall'insieme. Nel film ciò che ti dà un'identità è l'individuo in relazione alle masse. Il superpotere è qualcosa che valutiamo in relazione ad altri poteri: alcuni ci sembrano fantastici, altri meno. La vera domanda è: qual è il tuo potere? Sono sicuro che hai un potere speciale: non serve che mi dici qual è, so che ce l'hai. E forse sai che ce l'ho anche io. Questo ci fa parlare. È ciò che ci permette di vivere.

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Freaks Out: un'immagine del film

Aurora Giovinazzo: Matilde non si sente né speciale, né straordinaria. Gli altri la considerano una ragazza speciale e straordinaria. Al di fuori dell'ambito familiare la considera straordinaria chi ha uno scopo, uno scopo crudele. E questo è proprio uno dei motivi per cui Matilde non sa accettarsi, perché vedono tutti un qualcosa di straordinario in lei, ma al fine di uccidere delle persone, vincere la guerra. Per lei questa è un'ulteriore botta dietro la schiena. Lei si odia proprio per questo motivo, perché è pericolosa. Quindi che le altre persone la considerino straordinaria non le piace. Non si piace, non lo accetta.

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Freaks Out: una scena

Franz Rogowski: Anche per Franz è così: lui vuole essere normale. Vuole essere un tedesco, un tedesco vero, con cinque dita. In grado di fare ciò che ci si aspetta da un soldato in guerra, come suo fratello. Essere un padre, avere una famiglia. Certamente desidera essere normale. Ma le persone non pensano che lo sia: suona il piano troppo bene, è troppo strano. Non riesce a integrarsi. Quando ne parliamo penso sia importante non fare gli stessi errori, usare le stesse categorie. Non dire: questo tipo è strano, questo no. Il film inizia in un circo in Italia: sono in un circo perché la loro cultura li ha esclusi, li ha messi in un posto speciale. Le persone non cercano di essere normali, ma di stabilire legami, essere amate, avere una famiglia.

Freaks Out: un gran "bell'accollo"

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Freaks Out: una sequenza

Nel film si dice "voi siete il più bell'accollo che mi sia mai capitato". Possiamo dire che Freaks Out è il tuo più bell'accollo?

Gabriele Mainetti: Questo lo devi dire tu. Spero di avere altri accolli. Magari meno impegnativi. Ho fatto un film che doveva durare 12 settimane e ne è durate 26. Il produttore ero io e Andrea Occhipinti per Lucky Red, ma poi alla fine gestivo anche l'esecutivo. Stava nascendo mio figlio, stavo facendo un trasloco. Ora la mia compagna è incinta del secondo figlio. È stato un film dalla gestazione complicatissima. Però nel film c'è tutto questo: c'è tutto questo dolore, c'è tutta questa vita. Che poi è quello che vivono tutti quanti e io ho cercato di trasferirla all'interno di questo racconto fantastico. Spero che si senta il sangue e la gioia.