Recensione Jayne Mansfield's Car (2011)

Partita come il classico film in cui vengono mostrati gli scheletri nell'armadio di una famiglia americana come tante, l'opera di Thornton diventa invece un'interessante disamina di tre generazioni a confronto, tutte messe alla prova da altrettante guerre.

Fratelli, dove siete?

Premio Oscar nel 1997 per la sceneggiatura di Lama Tagliente, Billy Bob Thornton aggiunge un altro tassello importante alla sua carriera registica con un film, Jayne Mansfield's Car, presentato in concorso al 62.mo Festival di Berlino, che racchiude tutte le sua qualità di autore, attore e naturalmente, regista di attori. L'incidente di cui si parla nel titolo, quello che nel giugno del 1967 costò la vita alla starlette Jayne Mansfield, decapitata nello scontro con un camion, è solo uno spunto per parlare di altro, parlare cioè dei drammi segreti dei Caldwell, una ricca famiglia dell'Alabama composta dal patriarca Jim e dai figli Donna, malmaritata ad un ex giocatore di football, Jimbo, il più tranquillo del gruppo e infine Skip e Carroll, ex asso dell'aviazione il primo, hippy perdigiorno il secondo, entrambi devastati (psichicamente e fisicamente) dalla partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale. La madre, Naomi, se n'è andata tempo prima in Inghilterra dove si è innamorata di un altro uomo, Kingsley Bedford. Quando la donna muore, esprimendo come ultima volontà quella di essere seppellita a casa, Kingsley e i figli avuti dal precedente matrimonio, Camilla e Phillip, volano negli Stati Uniti per celebrare il funerale assieme all'altra famiglia. L'imbarazzante e non voluta riunione diventa l'occasione per ritrovarsi e riconsiderare i vincoli affettivi tra padri e figli e tra fratelli.

Partito come il classico film in cui vengono mostrati gli scheletri nell'armadio di una famiglia americana come tante, Jayne Mansfield's Car diventa invece un'interessante disamina di tre generazioni a confronto, tutte messe alla prova da altrettante guerre. I vecchi padri hanno combattuto nelle trincee della Grande Guerra, i figli sono stati spazzati via dal furore della Seconda Guerra Mondiale e i figli di quest'ultimi vengono spediti in Vietnam. Ambientato nel 1969, quando i giovani manifestavano per strada il loro dissenso, rivendicando orgogliosomente la propria diversità rispetto ai loro 'vecchi', l'opera di Thornton viaggia su più livelli abbandonando ben presto la semplice analisi storica del momento, per addentrarsi nelle viscere di una società piena di contraddizioni.

L'elemento scatenante attorno a cui si sviluppa la storia, ovvero la morte della madre e la successiva riunione delle due famiglie, non diventa mai indagine pruriginosa sui comportamenti poco assennati della donna, la cui assenza non è mai fantasmatica od opprimente, è piuttosto la chiave di volta per confrontarsi con paure e dolori del presente. La questione di 'corna', volgarmente parlando, viene risolta brillantemente e con grande eleganza dai due vegliardi protagonisti, due gentiluomini incapaci però di vedere con lo stesso acume la sofferenza dei rispettivi eredi, Skip, Jimbo e Carroll da una parte, Phillip dall'altra. E' questo il cuore del film; in due famiglie le cui salde guide di un tempo opprimono i figli con le loro distrazioni e rivendicazioni.

Thornton sa modulare questo materiale con alternanza di toni, il più presente è certamente l'umorismo grottesco, virando dal dramma alla commedia (in alcuni punti davvero esilarante) nel volgere di pochi minuti, senza che questo stoni in alcun modo con la narrazione. Una scelta la sua che si rivela importante anche a fronte di uno stile volutamente 'invisibile' e minimale, seppur non sciatto. Se le figure femminili sono forse un po' troppo emarginate nello svolgimento della storia, discorso diverso va fatto per i ruoli maschili, tutti ben tratteggiati, dai meno vistosi come Jimbo (Robert Patrick), il fratello posato della famiglia Caldwell, considerato un perdente perché a differenza degli altri non ha mai partecipato alla Guerra, a quelli più sostanziosi. Skipp racchiude in sé tutte le paure di chi ha visto la morte in faccia e sembra tornare alla vita solo nel rapporto con Camilla (Frances O'Connor), affascinato dal suo accento britannico. Carroll dal canto suo, un Kevin Bacon credibile nei panni dell'hippy amante dell'LSD, si confronta con un figlio poco propenso a seguire le orme del padre in eterno. Proprio loro due sono i protagonisti dell'intenso finale che scuote l'apparente pace ritrovata, un epilogo amaro che anticipa nuove prove per tutti loro. Perché in fondo anche il più emancipato dei genitori vive con malcelata paura l'attesa del momento in cui il proprio figlio deciderà della propria vita, foss'anche in maniera sbagliata, per conto suo. Jayne Mansfield's Car si candida come uno dei possibili vincitori del 62.mo Festival di Berlino e non ci stupiremmo se un premio andasse proprio ad uno dei due attori principali, gli eccellenti Robert Duvall e John Hurt.

Movieplayer.it

4.0/5