Ridere della guerra si può ed è plausibile. A dimostrarlo è il regista esordiente Francesco Lagi che, con il suo ritratto semiserio di un convoglio di militari confusi e visionari presentato al Festival di Venezia 2011 come Evento Speciale nella sezione Settimana della Critica, mette da parte eroismo e marzialità per dedicarsi ad elementi più inusuali come l'inconsistenza delle ideologie. Distribuito da JP Entertainment dal 28 ottobre in 30 copie, Missione di pace si dipana lungo due fronti; quello territoriale percorso dal Capitano Vinciguerra (Silvio Orlando) alla guida dei suoi uomini attraverso i Balcani con lo scopo di catturare un efferato criminale di guerra e quello più privato, in cui il lo stesso capitano si trova ad affrontare l'opposizione di Giacomo (Francesco Brandi), il figlio pacifista. A chiudere il cerchio di questa vicenda in cui le due parti del contendere ne escono ugualmente destrutturate e ridimensionate grazie all'utilizzo di un sano senso del ridicolo, è una recluta disorientata che, con lo sguardo puro ed incantato di Alba Rohrwacher, cerca di dare ordine ad un mondo apparentemente poco credibile formato da mangiatori di orsi, partite a Risiko, carri armati fuori controllo ed un Che Guevara (Filippo Timi) un po' cialtrone in evidente crisi esistenziale.
Signor Lagi, Missione di pace è una commedia anomala rispetto all'attuale panorama italiano, ma che cela comunque delle solide discendenze con una certa cinematografia americana datata anni Settanta ed Ottanta come MASH. Partendo da queste considerazioni, come siete riusciti a mantenervi in equilibrio sulla sottile linea dell'umorismo pur trattando due tematiche importanti come l'intervento militare e il pacifismo? Francesco Lagi: Il film ha richiesto una fase di scrittura piuttosto lunga proprio per cercare il tono più giusto da impartire alla narrazione. Il nostro scopo principale, comunque, è stato quello di utilizzare delle tematiche indubbiamente contraddittorie senza alcuna volontà di proporre delle risposte ma con il semplice intento di far sorridere. Per questo motivo non abbiamo cercato nessun rapporto diretto con l'esercito. Stavamo costruendo un percorso fantastico e ci è sembrato più giusto affidarci completamente alla nostra inventiva.
Signor Orlando, dopo la breve apparizione in El Alamein - La linea del fuoco di Enzo Monteleone è tornato a vestire una divisa, anche se con atmosfere e presupposti storici del tutto diversi. Come si è trovato coinvolto in un progetto così giovane e inusuale ? Silvio Orlando: Non credo di aver mai apertamente accettato di fare questo film. In realtà la storia è stata pensata e progettata sul rapporto personale e famigliare con Francesco Brandi che, nonostante sullo schermo si cimenti nella parte di un figlio pacifista e contestatore, nella vita reale è mio nipote. Da parte mia non ho dato alcun segno d'incoraggiamento ma non mi sono nemmeno opposto apertamente, così, dopo quattro anni di scrittura, mi sono ritrovato sul set con indosso una divisa. Oggi, dopo aver partecipato a questo progetto e aver visto il modo in cui è stato accolto al Festival di Venezia soprattutto dal pubblico più giovane, posso dire con tutta onestà che ci troviamo di fronte ad una svolta, all'avvento di una nuova generazione di artisti che meriterebbe maggior rispetto da parte nostra. Gli anziani di questo mestiere, tra cui mi inserisco senza alcun problema, tendono a far faticare eccessivamente le nuove leve forse perché non comprendono un nuovo linguaggio che, lontano dall'essere embrionale, contiene una complessità assolutamente finita. Con Missione di pace Francesco Lagi ha creato qualche cosa di incredibilmente importante pur esibendo un prodotto artistico privo di ambizione. Ciò che ha realizzato è grandioso soprattutto perché si colloca al di fuori della nostra tradizione e non esobisce nessun legame con la commedia italiana.Partendo proprio dal rapporto personale tra Francesco Brandi e Silvio Orlando, come sono state strutturate le sinergie tra il poco marziale Capitano Vinciguerra e il figlio Giacomo, pacifista fin troppo facinoroso? Francesco Brandi: Il confronto simpaticamente conflittuale che si esprime spesso tra me e Silvio ha colpito non poco l'immaginazione degli sceneggiatori. Poi, per quanto riguarda il lavoro sul set, credo di non essermi mai sentito tanto a mio agio. Lavorare con un attore come mio zio rende le cose incredibilmente facili anche e soprattutto per degli attori che, come me, non sono bravi quanto lui.
Tra i soldati guidati dal Capitano Vinciguerra ha un ruolo rilevante la giovane recluta Maria Pettariello che, oltre ad offrire un punto di vista trasognato e femminile alla vicenda, regala a Alba Rohrwacher un ruolo fuori dai soliti schemi. Come è avvenuto l'incontro con Francesco Lagi e cosa l'ha attratta di questo progetto? Alba Rohrwacher: Questo film ha avuto la capacità di riunire persone che, in un modo o nell'altro, hanno condiviso un lungo e intenso percorso di formazione. Con Francesco ci conosciamo dagli anni del Centro Sperimentale, così come con gli sceneggiatori e alcuni macchinisti. In questo modo abbiamo realizzato il più grande dei sogni che avevamo da studenti, ossia quello di ritrovarci tutti insieme in un progetto vero fuori dagli esercizi accademici.Francesco Lagi: Alba è un'attrice indubbiamente difficile e esigente ma, proprio per questi motivi, lavorare con lei è stimolante. Ha l'abitudine di porre molte, forse troppe domande, ed esige delle risposte ben precise, ma ad un certo punto le ho chiesto soprattutto di lasciarsi andare e di affrontare questo film soprattutto in modo lieve e leggero.
Missione di pace costruisce un viaggio umano indubbiamente ironico, ponendo l'accento su due elementi apparentemente opposti ma ugualmente al centro di discussioni sempre più animate. Qual'è il vostro atteggiamento nei confronti del pacifismo e degli interventi militari di pace? Non credete che, utilizzando un linguaggio comico, si possa in qualche modo offendere la sensibilità di un certo pubblico?
Francesco Brandi: Io appartengo ad una generazione tendenzialmente di sinistra che, però, ha assistito anche al disincanto di tutti gli elementi ideologici, non ultimo quello del pacifismo. Per questo motivo abbiamo deciso di destrutturarlo e sottoporlo a dura critica anche sullo schermo.
Alba Rohrwacher: Parlare delle missioni di pace non è sicuramente facile e credo di non riuscire a fare un'analisi soddisfacente in questo momento. Posso dire che non sono assolutamente favorevole, visto che per me rappresentano un vero contrasto in termini.