Chi lo dice che il calcio, al cinema, non funziona? Luogo comune sfatato più e più volte (da Il Maledetto United a Jimmy Grimble, senza scordare Il campione), eppure ancora radicato nei pregiudizi degli spettatori. Invece, alla stregua degli sport americani, oltre al pugilato, i film sul calcio funzionano. E funzionano soprattutto quando non c'è solo la partita al centro della sceneggiatura, bensì la psicologia sportiva e umana dei protagonisti. Anzi, delle protagoniste, come nel caso di Forever, film svedese di Anders Hazelius arrivato su Netflix che, nella sua linearità e nella sua costante luce, svela tutta la grazia e tutto l'ardore del calcio femminile, rivisto sotto la struttura di un riuscito coming-of-age.
Perché se il calcio è uno sport - di più, "lo sport più amato in Europa" - lo è proprio per i sentimenti che suscita. Dietro quei cyborg milionari, i tifosi ricercano invece l'emotività, e il romanticismo (oggi perduto): allora, mettendo da parte il calcio come business, Forever diventa una poetica revisione dello sport come sfida personale nonché di gruppo, capace di mescolare una moltitudine di emozioni, mischiando dinamiche in cui potersi riconoscere. Ma la traccia più importante del film è il contrasto, giocato tanto sulle protagoniste quanto nel significato: grazie ad un'ottima sceneggiatura, la visione professionistica (legata alle regole) e quella dilettantistica (legata al divertimento) si sfidano ponendo le loro ragioni d'essere, facendo sì che Forever diventi un film molto (molto) più maturo di come potrebbe apparire.
Forever, la trama: il calcio femminile per un coming-of-age
Tra l'altro, è notevole il continuo cambio di prospettiva di Forever: in novanta minuti la storia scritta da Jessika Jankert riesce a coprire le numerose svolte senza mai perdere di lucidità, nonostante una stasi nella parte centrale. Accade molto, e ciò che è accade è perfettamente bilanciato per portare al fatidico finale. Protagoniste sono Mila e Kia, vanno a scuola, sono migliori amiche e giocano nella squadra di calcio femminile della loro città. Hanno una visione abbastanza diversa dello sport: Mila (Flutra Cela) pensa alla vittoria (e non passa la palla), mentre Kia (capitano e numero 10, interpretata da Judith Sigfridsson), ha una visione più libera ed empatica.
La squadra, però, ha delle ambizioni, e allora viene ingaggiata una nuova allenatrice, Lollo (Agnes Lindström Bolmgren), ex calciatrice e intransigente negli allenamenti. Talmente intransigente che, come prima scelta, sbatte Mila in panchina. Il rapporto tra le due non parte bene, tuttavia la voglia di Mila di affermarsi - vincendo - le farà osservare le cose da un'altra prospettiva. L'ambizione diventa quasi ossessione, gli allenamenti si fanno più duri, e tra Mila e Lollo si instaura una certa fiducia. Dall'altra parte, a farne le spese, è Kia: le piace giocare a calcio, ma a quindici anni i pensieri sono distratti, lontani dall'essere schematizzati (lo stesso schema propedeutico al successo). Le due amiche inizieranno gradualmente ad allontanarsi, pur condividendo le dinamiche di uno spogliatoio mai tanto determinato.
Gol sbagliati, amicizia e sogni grandi
Se notate una certa dimestichezza con il pallone (e non solo interpretativa) di Flutra Cela e Judith Sigfridsson è perché entrambe sono nelle giovanili femminili della BK Häcken, tra le più importanti società calcistiche svedesi. Questo, va da sé, da al film una certa naturalezza (e un certo affiatamento), enfatizzata dal linguaggio spigliato di Anders Hazelius, capace di dare alla messa in scena un ritmo e una profondità in grado di mantenere costante la doppia anima di Forever: il romanzo di formazione si mescola agli stilemi dello sport movie, intanto che vengono delineate le personalità delle protagoniste, perfette nei dettagli, nel linguaggio, nei look, e in quella naturale scrittura che guarda al femminile, senza però essere mai ridondante nei toni né esserne schiava nello spirito.
Anche per questo, il calcio, pur essenziale nella sua poetica e nel suo dinamismo, è un pretesto per raccontare ben altro, fotografando i tormenti, le paure, i sogni di una generazione spesso costretta al sacrificio, costantemente messa alla prova, stretta tra il volere e il dovere. Dunque, la narrativa sportiva, come vediamo in Forever, agganciandosi al calcio femminile (che si sta poco a poco imponendo), si lega meravigliosamente in un film emotivo e, in qualche modo, fiabesco nella sua evoluzione, coinvolgendoci fino ad emozionarci. Gli sguardi, gli abbracci, i gol sbagliati, un paio di vecchi scarpini, e ancora i primi baci e i primi amori, lungo un campo verde su cui sdraiarsi, guardando il cielo, pensando alla prossima partita. Calcio, amicizia, vita, e tutte le sfumature di uno sport in cui si vince e si perde insieme. Ecco Forever.
Conclusioni
Come scritto nella recensione di Forever, il film svedese in streaming su Netflix fonde il calcio femminile al più classico dei coming-of-age. Una scelta poetica che funziona, ben strutturata e dai colori giusti. Merito anche della regia, e dell'affiatamento tra le due attrici protagoniste Flutra Cela e Judith Sigfridsson.
Perché ci piace
- Parlare di calcio femminile.
- Le due protagoniste.
- La regia, fluida e coinvolgente.
- Il finale.
Cosa non va
- La parte centrale è monocorde.