I film più censurati in Italia, tra scandali e tagli

In occasione del nuovo decreto Franceschini che abolisce definitivamente la censura cinematografica, facciamo un excursus sui film che più hanno subìto la scure censoria nella storia del cinema in Italia.

Ultimo tango a Parigi
Ultimo tango a Parigi

La censura è spesso andata di pari passo con l'arte, perché non capita, temuta, non apprezzata a dovere. In Italia, il cinema, complice anche il periodo fascista, ha dovuto combattere spesso con svariati tipi di censure per poter uscire in sala, dai più eclatanti ai più assurdi. L'argomento è tornato in auge quando pochi giorni fa il ministro Dario Franceschini ha firmato il decreto che abolisce definitivamente la censura cinematografica, e al posto del controllo governativo ha istituito una Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche alla Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura. Questo perché d'ora in poi saranno le stesse produzioni e distribuzioni a classificare i film nelle rispettive categorie e spetterà alla Commissione - presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, e composta da 49 membri fra cui sociologi, pedagogisti, psicologi, studiosi, esperti di cinema, educatori, magistrati, avvocati, rappresentanti delle associazioni di genitori e ambientalisti - giudicarne la congruità.

Cannibal Holocaust: una scena del film
Cannibal Holocaust: una scena del film

Le categorie saranno: film per tutti; film vietati ai minori di 6 anni; film vietati ai minori di 14 anni (ma a 12 anni compiuti e con un genitore possono essere visti) e film vietati ai minori di 18 anni (ma a 16 anni compiuti e con un genitore possono essere visti). La classificazione, ricordiamo, varrà per l'uscita in sala, per le piattaforme streaming rimane valido il sistema di parental control e quindi la responsabilità delle famiglie. La censura cinematografica ha una storia antica: è nata quasi contemporaneamente alla diffusione in Italia del cinema, negli anni dieci del '900, e precisamente con il Regio Decreto n. 532 del 31 maggio 1914, attraverso cui venne approvato il regolamento per l'esecuzione della Legge Facta. Seguono, negli anni del fascismo, i rigidissimi controlli del MinCulPop, il Ministero della Cultura Popolare. C'erano tre tipi - o meglio "fasi" - di censure: sulla sceneggiatura, una volta finito il film e prima dell'arrivo in sala (ovvero quella riformata da Franceschini) e una volta che il film era in sala tramite denuncia, ed eventuale processo, di privati cittadini. Col tempo da istituto di controllo la censura cinematografica è diventata piuttosto uno strumento per tutelare i minori, con tagli e aggiustamenti in corso d'opera mentre il film veniva realizzato, anche per ottenere i crediti agevolati del cinema da parte delle produzioni, ma gli esempi di censura clamorosa negli anni non sono pochi. Andiamo a ripercorrerli attraverso i film più censurati in Italia.

Ultimo Tango a Parigi (1972)

Un wallpaper di Ultimo tango a Parigi con Maria Schneider e Marlon Brando
Un wallpaper di Ultimo tango a Parigi con Maria Schneider e Marlon Brando

Iniziamo con l'esempio più celebre ed eclatante della censura cinematografica. Uscito in sala nel 1972, Ultimo Tango a Parigi fu sequestrato poco dopo per "esasperato pansessualismo fine a se stesso" e quattro anni dopo in seguito a un processo, una sentenza della Corte di Cassazione decretò la distruzione di tutte le copie del film. In seguito all'appello dello stesso Bernardo Bertolucci all'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, che concesse di salvare solo tre copie in custodia alla Cineteca nazionale come "corpo del reato". La "riabilitazione" del film arriverà solo nel 1987.

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Morituris (2012)

Dal più eclatante al più recente, nel 2012, l'horror indipendente di Raffaele Picchio, Morituris, andò incontro alla censura perché considerato "un saggio di perversità e sadismo gratuiti", uscendo direttamente in home video "per motivi di offesa al buon costume".

Morituris
Una scena di Morituris

Cannibal Holocaust (1980)

Cannibal Holocaust
Una scena di Cannibal Holocaust

A proposito di horror, Ruggero Deodato in questo mockumentary, primo del genere e spesso erroneamente etichettato come snuff movie, mostrava la ferocia della società moderna attraverso il genere cannibal, molto in voga in quegli anni. Cannibal Holocaust uscì col divieto ai minori di 18 anni con ampi tagli, subì moltissime polemiche e un processo per "le reali uccisioni di animali rappresentate sullo schermo e per l'impressionante realismo delle sue scene" anche se Deodato al processo fece testimoniare gli interpreti per far vedere che erano ancora vivi e quelli del film erano effetti speciali. Forse il film più censurato della storia del cinema, anche all'estero.

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Totò che visse due volte (1998)

La penultima volta che un film non è arrivato in sala in Italia risale al 1998 e per protagonista ha, paradossalmente, il buon Totò. Totò che visse due volte, del duo Daniele Ciprì e Franco Maresco, fu considerato "degradante per la dignità del popolo siciliano, del mondo italiano e dell'umanità", nonché detentore di un certo disprezzo religioso e morale, con scene blasfeme e sacrileghe. La pellicola era divisa in tre episodi, e l'ultimo, rilettura degli ultimi giorni di Gesù, fu considerato il più blasfemo di tutti, con Totò nei panni del Messia accompagnato da "un Giuda rugoso".

Toto Che Visse Due Volte
Una scena di Totò che visse due volte

Luci del varietà (1950)

Luci Varieta
Una scena de Luci del varietà

Per tentare di ovviare al "pericolo censura", alcuni cineasti tentarono una via produttiva indipendente, come Alberto Lattuada e Federico Fellini per Luci del varietà, ottenendo però nonostante tutto il massimo divieto vigente all'epoca, ovvero ai minori di 16 anni, o ancora Carlo Lizzani per Achtung! Banditi! Come dichiarò Lattuada: "Il cinema non ha autonomia, vive sotto censura, costa troppo, è diventato un fatto industriale che poco o nulla ha a che vedere con l'arte. Bisogna dare al cinema la sua autonomia economica". Luci del varietà è anche la pellicola che segna la fine della collaborazione, fino ad allora molto intensa, tra i due registi.

Il Leone del deserto (1981)

Leone Deserto
Una scena de Il Leone del deserto

Questo film di Moustapha Akkad fu censurato e non arrivò mai in sala in Italia, poiché ritenuto "lesivo all'onore dell'esercito italiano" secondo l'allora presidente del consiglio Giulio Andreotti, con tanto di procedimento penale contro Il Leone del deserto, che resta tuttora praticamente introvabile nelle videoteche, anche se più facilmente reperibile tramite Internet. Nel 1987 fu bloccata una proiezione dalla DIGOS in un cinema di Trento, seguì l'anno dopo una proiezione semi-ufficiale al Festival di Riminicinema. Non è mai stato trasmesso sulla televisione pubblica italiana ma è andato in onda a più riprese nel 2009, dopo quasi trent'anni, complice l'arrivo a Ciampino del leader libico Muʿammar con appuntata al petto la fotografia che ritraeva l'arresto di al-Mukhtār (il condottiero al centro del film).

Salò o le 110 giornate di Sodoma (1975)

Una scena di Salò o le 120 giornate di Sodoma
Una scena di Salò o le 120 giornate di Sodoma

I guai di Pier Paolo Pasolini con la censura iniziarono già con Accattone (1961), il suo film d'esordio che ottenne il divieto ai minori di 18 anni. Lungo tutta la sua carriera il regista bolognese dovette spesso affrontare polemiche, processi, denunce contro le proprie opere. Con Teorema (1968) la Procura della Repubblica sequestrò il film "per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava". Solo dopo un lungo processo, nel 1968, il Tribunale di Venezia (dove si era svolta l'anteprima del film) assolse Pasolini e il produttore Donato Leoni dall'accusa di oscenità, dichiarando di fatto il film "un'opera d'arte". Salò o le 110 giornate di Sodoma sarebbe dovuto essere il primo lungometraggio della Trilogia della morte, successiva alla Trilogia della vita, e fu presentato postumo in anteprima al Festival cinematografico di Parigi il 22 novembre 1975, tre settimane dopo l'uccisione del regista. Il film arrivò nelle sale italiane il 10 gennaio 1976, suscitando grande scalpore: il produttore Alberto Grimaldi subì processi per oscenità e corruzione di minori e nel 1976 fu decretato il sequestro della pellicola, che scomparve dagli schermi prima di poter essere rimessa in circolazione due anni dopo.

Brucia ragazzo brucia (1969)

Brucia Ragazzo Brucia
Una scena di Brucia ragazzo brucia

Brucia ragazzo brucia di Fernando Di Leo è rimasta nella storia per l'applicazione della suddetta censura. Durante una scena erotica venne applicata un'incredibile ragnatela che fece rimanere sgomento lo stesso regista, che dichiarò: "Una cosa mai vista nella storia del cinema e nella storia della censura".

Rocco e i suoi fratelli (1960)

Rocco E I Suoi Fratelli 5
Rocco e i suoi fratelli: Renato Salvatori e Annie Girardot

Questo film di Luchino Visconti, così come altri tra cui Ossessione (1943), furono censurati e tagliati per poter arrivare in sala. Per quanto riguarda Rocco e i suoi fratelli, nel 2015 al Festival di Cannes è stata proiettata in anteprima mondiale la versione restaurata in HD dalla Cineteca di Bologna e reintegrata dei tagli di censura, per poi essere proiettata per la prima volta in Italia il 3 luglio 2015 a Bologna, durante la Rassegna "Il Cinema Ritrovato" che si tiene in Piazza Maggiore.

La Dolce Vita (1960)

Mastroianni e la Ekberg in una leggendaria scena de La dolce vita di Fellini
Mastroianni e la Ekberg in una leggendaria scena de La dolce vita di Fellini

Alla prima nazionale de La Dolce Vita di Federico Fellini, al Capitol di Milano il 5 febbraio, la pellicola fu fischiata, a Fellini fu fermato dai presenti che gli sputarono addosso. Si raccontò addirittura che la pellicola fosse stata sequestrata per "motivi di ordine pubblico" e questo contribuì alla fila alla cassa il mattino dopo, per riuscire a vedere il film prima che venisse tolto dalla programmazione. Il cosiddetto "fascino del proibito". A quanto pare Fellini ricevette in un solo giorno a Milano 400 telegrammi che lo accusavano di essere "comunista, traditore ed ateo". All'uscita il film fu vietato ai minori di 16 anni, a causa principalmente della breve scena di nudo femminile, il riferimento al suicidio e alcune parolacce non ritenute consone all'epoca per il pubblico giovane.

Totò e Carolina (1955)

Ancora Totò, ancora censura, questa volta dietro la macchina da presa Mario Monicelli (che già aveva avuto non pochi problemi con Totò e i re di Roma). Dagli originali 2600 metri di pellicola si arrivò ad una versione di soli 2386 all'uscita in sala. Il problema principale era sempre l'interpretazione di Totò, che "avrebbe sminuito e ridicolizzato il ruolo degli agenti di Polizia" oltre a risultare sconveniente che s'interessasse per le sorti di una futura ragazza madre, accogliendola in casa, pur essendo vedovo con figlio e padre a carico. Non è tutto: le modifiche e gli stravolgimenti iniziarono già in fase di sceneggiatura, quando il film si intitolava ancora "Addio a Carolina", per poi proseguire a più riprese durante la produzione del film, tanto da diventare un caso sulla stampa, che si chiese il perché di tanto accanimento da parte dei censori dell'epoca. Tra i rimaneggiamenti, è rimasto celebre quello della canzone "Bandiera rossa" cantata da un gruppo di comizianti, diventato prima il "più moderato" Inno dei lavoratori, e infine il patriottico "Di qua e di là dal Piave". (Ri)scoperto come molti altri grazie alle edizioni home video, che contenevano anche le scene tagliate ed eliminate, Totò e Carolina rimane un esempio storico importante della pesante influenza della censura in Italia negli anni '50.

Toto Carolina
Una scena di Totò e Carolina

L'avventura (1960)

Monica Vitti in una sensuale scena del film L'avventura
Monica Vitti in una sensuale scena del film L'avventura

Nato da un'idea di Michelangelo Antonioni durante una vacanza con Monica Vitti, durante la quale lei si perse su un'isola, L'avventura arrivò in sala con il divieto di visione per i minori di 16 anni. La Procura di Milano ne ordinò addirittura il sequestro per offesa alla pubblica decenza. Una nuova edizione, approntata appositamente per la televisione con delle modifiche, ottenne la riduzione del divieto. Bisognerà aspettare il 2008 per la versione "per tutti".

La spiaggia (1954)

Un'immagine promozionale del film La Spiaggia (1954)
Un'immagine promozionale del film La Spiaggia (1954)

Raccontando come pretesto l'estate di una prostituta, Alberto Lattuada con La spiaggia voleva denunciare l'ipocrisia di una classe sociale borghese chiusa e ottusa, apparentemente accogliente con chi non conosce, ma in realtà solamente falsa. Proprio il tema spinoso causò al regista non pochi problemi con la censura dell'epoca. Qualche anno dopo, nel 1960, Lattuada ebbe nuovamente problemi con la censura con Dolci inganni: per la tematica sessuale scomoda la pellicola venne pesantemente colpita dalla censura, con tanto di processo al regista e al produttore Goffredo Lombardo. Quel "concentrato di situazioni riprovevoli e assolutamente inaccettabili" uscì con il divieto ai minori di 16 anni e un taglio di 8 scene per un totale di 301,5 metri di pellicola, compreso il finale diverso da quello che sarà nella versione del 1998, divenuta per tutti.

La ragazza in vetrina (1961)

Ragazza Vetrina
Una scena de La ragazza in vetrina

Nell'anno dei problemi di Accattone di Pasolini, anche Luciano Emmer vide piombare la scure della censura su un'intera sequenza del suo La ragazza in vetrina. All'epoca dichiarò che la vicenda "gli aveva fatto passare la voglia di continuare a fare cinema" e infatti il successivo film arrivò quasi trent'anni dopo. La censura attaccò La ragazza in vetrina fortemente influenzata dalla Democrazia Cristiana, la quale impose tagli - con minutaggi diversi a seconda del Paese di distribuzione del film - modifiche ai dialoghi e il "consueto" divieto per i minori di 16 anni.

Il gobbo (1960)

Ilgobbo
Una scena de Il gobbo

Il gobbo, film post-resistenziale di Carlo Lizzani, in cui Pier Paolo Pasolini recita nella parte del "monco", ebbe non poche noie con la censura dell'epoca, la quale incolpava Lizzani e gli autori (il quartetto Vincenzoni, Petri, Pirro, Chiaretti) di dipingere un criminale come un eroe, dapprima come elemento della resistenza antifascista e poi come voce degli emarginati delle borgate. La censura chiese anche di edulcorare la scena dello stupro e anche altri argomenti come l'aborto (un'eresia per l'epoca): tante modifiche e "tritature" da rendere l'opera disomogenea.

Il pap'occhio (1980)

Renzo Arbore in una scena de Il pap'occhio
Renzo Arbore in una scena de Il pap'occhio

Quest'opera prima di Renzo Arbore venne attaccata dalla stampa cattolica. Tre settimane dopo l'uscita fu sequestrato "per vilipendio alla religione cattolica e alla persona di S.S. il papa" su ordine del procuratore dell'Aquila Donato Massimo Bartolomei. Il sequestro però decadde per un'amnistia e due anni dopo la Corte d'appello di Roma archiviò la denuncia per vilipendio. Il pap'occhio fu poi nuovamente distribuito a metà ottobre del 1998 in versione restaurata ma priva ancora di alcune scene, ottenendo però un riscontro più moderato dai cattolici. Neanche a farlo apposta il film vinse il "Biglietto d'oro", premio degli esercenti cinematografici.

All'onorevole piacciono le donne (1972)

Onorevole
Una scena de All'onorevole piacciono le donne

Alcuni film ebbero problemi fin dalla loro "natura". Titolo completo Nonostante le apparenze... e purché la nazione non lo sappia... All'onorevole piacciono le donne e diretto da Lucio Fulci, alla sua uscita in sala in Italia provocò grande scandalo e venne subito ritirato per essere successivamente riproposto ampiamente tagliato con il divieto ai minori di 18 anni. Le scene eliminate dalla censura, però, paradossalmente, secondo Fulci, non furono quelle erotiche, ma quelle riguardanti la polizia e i rapporti tra mafia e Chiesa. E infatti secondo la figlia di Fulci, Antonella, le scene eliminate consistevano in riprese nascoste che riguardavano uomini politici.

La chiave (1983)

Stefania Sandrelli posa per Frank Finlay in una scena de La chiave
Stefania Sandrelli posa per Frank Finlay in una scena de La chiave

A proposito di film che causarono scandalo fin dalla loro natura, le pellicole di Tinto Brass non fanno eccezione. La chiave suscitò scandalo in molti ambienti a causa di alcune riprese esplicite, contenti nudità e definite da alcuni critici "ginecologiche". Il film uscì ma con il divieto per i minori di 18 anni. Basato sul romanzo omonimo dello scrittore giapponese Jun'ichirō Tanizaki, fu il più grande successo commerciale di Brass: in Italia la pellicola con Stefania Sandrelli (che non si negò in alcune scene di sesso esplicito) fu infatti il maggior incasso italiano e il secondo in assoluto della stagione cinematografica 1983-84.

La chiave, le scene censurate del film di Tinto Brass: "Lei ha la mano sul fallo"

Miranda (1985)

Miranda Serena Grandi
Serena Grandi in una scena sexy di Miranda

Allo stesso modo, Miranda, sempre di Tinto Brass e liberamente tratto dalla commedia di Carlo Goldoni La locandiera, fu sottoposto ad un lungo processo di valutazione da parte della commissione censura. Questo film del regista, però, a differenza de La chiave, fu accolto negativamente dal pubblico e dalla critica. La pellicola uscì in sala con lo stesso divieto e il taglio di una scena in particolare in cui si vedeva un pene, per poi essere riproposta nel 1990, con una nuova serie di tagli (tra cui un amplesso iniziale e una masturbazione nel bosco) e un abbassamento del divieto dai 18 ai 14 anni. Venne eliminata un'ulteriore scena d'amore iniziale in albergo e una scena di masturbazione nel bosco.

Miranda, la scena censurata del film di Tinto Brass: "Lei tiene in mano il..."

I diavoli (1971)

I Diavoli
Una scena de I diavoli

Diretto da Ken Russell e tratto dall'omonimo dramma teatrale di John Whiting ispirato a sua volta al romanzo di Aldous Huxley I diavoli di Loudun, I diavoli venne accusato di essere "una volgare, blasfema e inaccettabile mistificazione, faziosa culturalmente e storicamente". Paradossalmente il film costò il posto di recensore al critico e poeta Giovanni Raboni, che aveva parlato bene dell'opera su Avvenire. Quando uscì in sala l'anno successivo, venne subito sequestrato a cura della procura di Verona. Altre azioni di sequestro successive portarono infine la Corte di Cassazione ad una sentenza di definitiva assoluzione.

Cinecensura
La mostra CineCensura

A chiusura delle censure più eclatanti del cinema, se voleste ripercorrere la storia della censura cinematografica in Italia ben si presta CineCensura.com. La mostra digitale permanente del Ministero della Cultura, che ha permesso un vero e proprio censimento, raccoglie i materiali relativi a 300 lungometraggi e a 80 cinegiornali, ma anche 100 tra pubblicità e cortometraggi, 28 manifesti censurati e filmati di tagli avvenuti alle pellicole. Quattro le macro aree della mostra: sesso, politica, religione e violenza. Secondo un calcolo dell'Agenzia Ansa, dal secondo dopoguerra ad oggi i film italiani censurati sono stati 274, quelli statunitensi 130 e quelli da altri Paesi esteri più di 300.