Giro largo, larghissimo, quello che ha fatto il film di Deon Taylor. Girato addirittura nel 2018, è stato distribuito distrattamente in on-demand solo nel 2020, dopo diversi slittamenti dovuti alle restrizioni da Covid. Quattro anni dopo, eccolo rispuntare, venendo acchiappato da Netflix che lo inserisce in catalogo. E lo distribuisce con cognizione di causa. Il motivo? Pur non essendo un film original, Fatale - Doppio inganno sembra seguire pedissequamente lo schema dei titoli Netflix che si rincorrono nella top 10.
Una trama fintamente contorta, un manipolo di protagonisti piacenti, fotografia luminosissima e patinata (e qui a firmarla c'è Dante Spinotti!), un plot twist inserito a dovere, ma ovviamente anticipato da strizzate d'occhio e ammiccamenti. Tutto sommato, però, Fatale - Doppio inganno (un titolo che suggerisce l'intera trama), risulta divertente e divertito nel suo assurdo contesto e nella sua sceneggiatura esagerata (firmata da David Loughery), che si affida all'incredibilità di una storia a tratti romance a tratti thriller, mescolando i macro difetti all'interno di una storia indecisa che, di colpo, accelera verso un finale delirante e, in qualche modo, irresistibile.
Fatale - Doppio inganno, la trama: nulla è come sembra?
La trama di Fatale? Bisogna dire che ad accendersi ci mette un po': il protagonista è Derrick Tyler (Michael Ealy), rinomato agente sportivo. Una bella macchina, una bella casa che si affaccia sulle colline di Los Angeles e un matrimonio con Tracie (Damaris Lewis) che, però, non gira per il verso giusto. Durante un viaggio a Las Vegas, Derrick, tradisce Tracie con una donna, conosciuta in un locale. Stretto dal rimorso, appena torna a casa cerca di recuperare la relazione con sua moglie (che spesso rincasa tardi la sera...), almeno fin quando un individuo entra nella loro abitazione, provando a far fuori Derrick. Ecco che Doppio Inganno prende la piega che il pubblico aspettava (da almeno mezz'ora). Ad indagare sul tentanto omicidio c'è la detective Val Quinlan (Hilary Swank, anche produttrice), che guarda caso è la stessa donna con cui Derrick ha passato la notte a Las Vegas. Cosa c'è sotto? Molto, pure perché si aprono diverse parentesi che sfuggono via, senza essere poi chiuse a dovere. Comunque, non vi riveliamo altro, qualora non aveste già capito come stanno le cose...
Sfiorando il guilty pleasure
È chiaro quanto la regia di Deon Taylor voglia rifarsi ai torbidi thriller a tinte erotiche degli anni Ottanta e Novanta, ma vi avvisiamo: qui di erotico non c'è nulla, se non una atmosfera intiepidita dalla relazione proibita tra Derrick e Val che, quando può, prova a tenere in piedi la sceneggiatura. Il problema di Fatale è che in piedi non riesce a starci quasi mai, a dispetto della buona presa che inevitabilmente riesce ad avere nei confronti del pubblico (missione compiuta: c'è dell'intrattenimento). Dunque, sì: quella di Taylor è un'operazione che ha la sua funzione logica nel contesto che sceglie di perseguire, una storia scenografica che gira su se stessa, puntellando però gli agganci giusti che derivano innanzitutto dalla sequela di avvenimenti che si susseguono nell'ultima ora, dando dinamicità ad un film fino a quel momento bloccato e stantio.
E poi? Poi potremmo citare la presenza di Hilary Swank: dopo il tripudio di inizio millennio (due Oscar in cinque anni), l'attrice - se escludiamo La truffa dei Logan di Soderbergh - non è riuscita a mantenere alte le aspettative (almeno al cinema), intraprendendo una carriera decisamente incostante. Dunque, un valore aggiunto per Fatale? Fino ad un certo punto. E il motivo è presto detto: nella sua smaccata artificiosità, questo non è di certo un film che vive di interpretazioni, né di credibilità. Fatale è, invece, il paradigma di un cinema post-moderno che trangugia il passato (compreso Hitchcock, sigh!), rivedendolo in una chiave moderna che punterebbe a rivelarsi come possibile guilty pleasure. E mai come in questo caso, il condizionale è d'obbligo.
Conclusioni
Come scritto nella recensione di Fatale – Doppio inganno, il film sfiora il guilty pleasure nella sua ricerca costante del plot twist, costruendo una trama di per sé prevedibile, ma che ha l'obbiettivo di puntare all'intrattenimento e allo svago. Ovviamente, non tutto sta in piedi (anzi), e l'esagerata messa in scena scenografica rende il tutto ancora più assurdo. Un'ora e quaranta di puro svago, da accettare per quello che è.
Perché ci piace
- Le note da guilty pleasure.
- Diversi plot twist che tengono alta l'attenzione.
Cosa non va
- Niente thriller torbido, bensì molto patinato.
- Il cast fatica.
- Decisamente prevedibile.