Non ne facciamo mistero fin dall'inizio della recensione di Fargo 5. Chi scrive ama moltissimo la scrittura e la mente di Noah Hawley, una delle penne più interessanti dell'industria televisiva degli ultimi anni nonché uno degli showrunner più sagaci. Lo conferma del resto (dopo l'ottima, surreale e psichedelica Legion e in attesa del suo adattamento tv dal franchise di Alien) Fargo, la sua serie antologica che ha incredibilmente portato sul "piccolo" schermo le atmosfere del film omonimo del 1996 dei fratelli Coen insieme ad altri loro cult. Riesce a farlo per la quinta volta, dal 22 novembre in contemporanea con gli Usa su Sky Atlantic e in streaming solo su NOW, almeno dalle prime puntate viste in anteprima, per un giro sulle montagne russe dell'attualità (arriviamo per la prima volta ai giorni nostri) ed un racconto che - viste le notizie di questi giorni nel nostro Paese - risulta ancora una volta tristemente centrato.
In fuga dal passato
Facciamo presto la conoscenza di quelli che saranno i due volti principali in questa stagione all'inizio di Fargo 5. La trama si dipana tra i loro due mondi e le loro due storie che inizialmente non capiamo come siano collegate. Juno Temple, smessi i panni di Keely Jones in Ted Lasso, diventa Dorothy Lyon, una casalinga del Midwest apparentemente come tutte le altre, ma che fin da un assalto durante una riunione comunale e il conseguente stato di fermo al commissariato locale, dimostra di avere molta più determinazione di quanta gliene avremmo associata. Un po' come la sua Keely, solo che Dorothy non è il risultato di dolcezza ed eccesso, bensì di qualcosa di molto doloroso. Il marito, il bonario Wayne (David Rysdahl), è il rampollo un po' ingenuo di una ricca famiglia benestante e ancorata ai vecchi valori capitanata dalla matriarca Lorraine (una splendida Jennifer Jason Leigh, una donna legata terribilmente alle apparenze e senza scrupoli, nemmeno col proprio figlio). CEO della più grande agenzia di recupero crediti del paese, non ha mai remore a dimostrare la disapprovazione nella scelta della nuora.
Parallelamente ci viene presentato il personaggio di Jon Hamm (che abbiamo appena salutato nella terza stagione di The Morning Show), Roy Tillman, uno sceriffo che si preoccupa di mantenere l'ordine nella propria città e di proteggere le famiglie che vi abitano, soprattutto dai mariti violenti e ubriachi. O almeno, così sembra. È da queste piccole grandi trovate che la scrittura di Noah Hawley si dimostra ancora una volta sagace, puntuale nel presentare le caratteristiche di determinati personaggi che rappresentano persone della nostra realtà e comunità, così come la sua regia attenta tanto ai dettagli e alle soggettive quanto ai campi lunghi e lunghissimi. Persone che in questi giorni stiamo sentendo tristemente ai telegiornali e leggendo sul web e sui social. Al suo fianco il figlio Roy, nonché suo assistente e secondo in comando (un inedito Joe Keery in attesa di rivederlo nell'ultima stagione di Stranger Things), un ragazzo che sembra aver imparato la lezione di vita (ma sarà quella giusta?) proprio dal padre e che cerca disperatamente la sua approvazione.
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L'inetto e il risolutore
Fin dal film e fin dalla prima stagione di Fargo, Noah Hawley ha ripreso due figure dalla filmografia dei Coen applicandole e spesso ribaltandone i ruoli nei propri personaggi: l'inetto e il risolutore. Due figure a volte intercambiabili, a seconda delle situazioni. La quinta stagione di Fargo non fa eccezione e Dot e Roy possono essere entrambe le facce della medaglia, mentre la matriarca Lyon è sicuramente una donna che non aspetta che siano gli altri a risolvere i problemi per lei, a meno che non sia il suo fido avvocato (Dave Foley).
Non potevano mancare nel quadro generale dipinto da Hawley due figure che rappresentano la legge, una legge spesso non capita e non ascoltata per discriminazione e pregiudizio di inesperienza, a differenza del personaggio di Hamm (che ad interpretare gli uomini che non devono chiedere mai, riesce proprio bene fin dai tempi di Mad Men). Queste sono rappresentate dall'agente Indira Olmstead (Richa Moorjani), sposata con l'irresponsabile Lars (Lukas Gage di You), e dal poliziotto nero Witt Farr (che piacere ritrovare Lamorne Morris di New Girl). Loro potrebbero essere la voce della ragione che però, proprio come i loro predecessori su grande e piccolo schermo - su tutti Marge Gunderson e Molly Solverson - dovranno imparare a lottare per le proprie idee e per ciò in cui credono e soprattutto imparare a farsi ascoltare.
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Si(c)pario
Tra inetti e risolutori non potevano mancare i sicari di turno, come in questo caso Ole Munch (Sam Spruell), un avido e pericoloso vagabondo non troppo intelligente. Ed è ancora una volta tutta qui che si dipana la narrazione di Hawley che guarda all'oggi più che mai, sempre nei paesaggi innevati del North Dakota e del Minnesota, su cui il sangue si sparge inesorabile quasi come un monito, complice l'ambientazione tra Halloween e Natale che la rende perfetta per la messa in onda in questo periodo dell'anno, dopo i rinvii per lo sciopero. Fargo è una delle più lucide e grottesche esibizioni dell'inettitudine umana e, per quanto resti fortemente ancorata a terra, risulta altrettanto surreale per i personaggi sopra le righe che mette in campo: eppure quei personaggi siamo proprio noi, umanità tutta, con i nostri vizi e le nostre debolezze e col nostro istinto di sopravvivenza, che a volte supera limiti che non ci saremmo mai immaginati.
Conclusioni
Alla fine della recensione di Fargo 5, almeno dai primi episodi visti, possiamo confermare come la mano di Noah Hawley si sappia distinguere ancora una volta, tanto nella scrittura quanto nella regia, mostrandoci nuove sfaccettature dell’inettitudine umana e andando a rincorrere un argomento tristemente attuale. Due ottimi interpreti principali sono a capo di un cast di tutto rispetto che offre gradevoli sorprese e qualche conferma.
Perché ci piace
- Juno Temple e Jon Hamm si confermano due interpreti che sanno tenere la scena.
- Il resto del cast sorprende, come Joe Keery, o affascina, come Jennifer Jason Leigh.
- Le figure ricorrenti della narrativa di Fargo e il ruolo della legge.
- I paesaggi suggestivi e l’ambientazione natalizia.
Cosa non va
- Se non vi piace lo stile di Hawley e la ripetizione dei topoi di Fargo, difficilmente vi piacerà questa stagione.
- Il ritmo è un po’ compassato (ma fa parte del gioco).