Tre anni dopo l'anteprima alla Festa di Roma di Rapiniamo il Duce Pietro Castellitto torna per presentare un altro heist movie originale Netflix che riscrive a proprio modo fatti e cronaca. Si tratta de Il falsario, che arriverà in piattaforma il 23 gennaio.

Prodotta da Cattleya, la pellicola dal respiro internazionale parte dal libro Il Falsario di Stato di Nicola Biondo e Massimo Veneziani. Gioca sul carisma strafottente del suo protagonista e riesce ad essere tanto "algoritmica" quanto, a suo modo, centrata, facendoci fare un tuffo nell'Italia del delitto Aldo Moro.
Il falsario: un heist movie sui generis
Il film ha più di qualche elemento produttivo in comune con Rapiniamo il Duce: il viaggio nel passato, la grande produzione messa in campo, la cura per la ricostruzione storica, il carisma degli interpreti e il fascino di certe storie vere. O almeno una delle "possibili versioni", come da disclaimer iniziale. D'altronde, per essere un bravo truffatore devi saper mentire. O copiare.
Siamo nella Roma degli anni '70 e Toni, insieme ai due migliori amici con cui è cresciuto, lascia il Lago della Duchessa per realizzare il proprio sogno nella Capitale: diventare un pittore famoso. Qui un incontro fortuito con una gallerista "nel giro" gli fa capire il suo vero talento: realizzare dei dipinti falsi che sembrano veri. Col tempo questa sua bravura viene sfruttata da amici e conoscenti per altre occasioni. Qualsiasi cosa si possa copiare lui lo sa fare meglio di tutti. Purtroppo però "chi ottiene di più, vuole sempre di più" come ci dice da subito la sua voce fuoricampo, e questo lo porterà ad avere a che fare non solo con la storia del nostro Paese ma anche con la criminalità organizzata.
Un film che piace all'algoritmo... ma anche al pubblico

Sandro Petraglia propone dialoghi non banali. Dove il film vacilla è invece nello sviluppo della trama, soprattutto nella seconda parte, poco ritmata e prevedibile, per quanto perfettamente in linea con il tema principale e con il profilo di Toni. Anche gli intrecci con la storia italiana, per quanto stuzzicanti, non lasciano il segno.
Stefano Lodovichi punta ad una regia di ampio respiro. La forza del regista va a braccetto con quella del cast: Pietro Castellitto si conferma perfetto giggione, e poi con lui Giulia Michelini, Edoardo Pesce e Claudio Santamaria che interpretano due criminali sopra le righe. E citiamo Andrea Arcangeli in un'inedita versione in abito talare e Aurora Giovinazzo come giovane femme fatale.

Dalla tradizione all'italianizzazione
Siamo ancora una volta di fronte ad un film italiano che ammicca agli americani. Non sempre riuscendoci ma portando ogni elemento al proprio posto. Il falsario cita gli heist movie senza esserlo fino in fondo. Utilizza un voiceover a volte ridondante ma che serve a farci entrare nella mente e nel cuore del protagonista. Meno corale rispetto ad altre operazioni, punta all in sul carisma di Castellitto, ma allo stesso tempo non dimentica gli altri interpreti.

Si tratta di un esperimento interessante che dimostra ancora una volta quanto i film originali Netflix italiani stiano riuscendo ad incanalare meglio gli archetipi internazionali, senza risultare totalmente costruiti a tavolino. Il film, infatti, fa il suo: incuriosisce lo spettatore sopratutto alla fine della storia. Anche quando si pensa di aver capito tutto, Toni è sempre avanti di un passo.
Conclusioni
Il falsario è un film che mescola heist movie e period movie per mettere in scena una storia totalmente vera ma anche pressoché falsa, come il suo protagonista. Racconta la figura per molti inedita di Toni, la cui vita si intreccia con gli avvenimenti più importanti degli anni ’70 nel nostro Paese. Funziona più nella prima parte che nella seconda, che pecca di ritmo e risulta un po’ troppo prevedibile. Il cast, a partire da Pietro Castellitto e Giulia Michelini, convince anche se sembrano tutti oramai incasellati in alcuni ruoli-tipo. Un intrattenimento leggero che non fa male a nessuno.
Perché ci piace
- Il tema del copiare il talento degli altri.
- La costruzione scenografica e registica.
- Alcune invettive nei dialoghi.
- Pietro Castellito gigioneggia…
Cosa non va
- …ma ad alcuni potrebbe dare fastidio.
- Il cast funziona ma è fermo in alcuni ruoli-tipo.
- La seconda parte, poco ritmata e prevedibile.