Scherzano tra di loro e si prendono gioco l'uno dell'altro Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè. La complicità è quella di chi è amico da sempre. Nel loro caso da trent'anni, quando cioè hanno iniziato a suonare insieme a Roma. I tre sono i protagonisti di Fabi Silvestri Gazzè - Un passo alla volta, documentario diretto da Francesco Cordio presentato in anteprima nella sezione Rosso di sera del Bif&st 2025 prima di approdare nelle sale il 7, 8 e 9 aprile con Fandango.

Il documentario racconta la storia personale e comune dei tre musicisti e quella del legame che li ha portati nel 2013 in Sud Sudan, un viaggio nel corso del quale iniziano a lavorare al loro disco collettivo, Il padrone della festa. Un progetto che li ha ha visti impegnati in un tour europeo oltre che nei palasport di tutta Italia e culminato, nel luglio del 2024, sul palco del Circo Massimo per celebrare il decennale del disco davanti a 50mila persone.
Un momento indimenticabile
"Anche noi abbiamo avuto la sensazione che quel giorno non ce lo saremmo dimenticato più", ammette Daniele Silvestri riferendosi alle immagini che aprono il documentario dedicate ai fan che hanno vissuto quel live come un momento indimenticabile. "È il motivo per cui ci è sembrato giusto documentarlo e farlo vivere come un vero racconto. Anche chi avevamo difronte a noi era in uno stato d'animo particolare, con un'atmosfera raccolta e familiare nonostante tutte le persone presenti di generazioni diverse. Il mondo in cui lo spazio era occupato era diverso. Volevano vivere quel momento, invece di condividerlo sui social".

"Quella scena iniziale è molto evocativa", riflette Max Gazzè. "Abbiamo notato in questi anni come le persone intorno a noi sono cresciute e hanno coinvolto anche i loro familiari. È un'immagine molto toccante. Il tempo che passa viene sancito proprio da questi eventi e cambiamenti"_.
"Non credo però che la cosa che contraddistingua quel concerto sia l'emozione del pubblico o la presenza simultanea di tante persone perché succede in tantissimi live", precisa Fabi. "La differenza era che le persone presenti sul quel palco celebravano un percorso parallelo lungo 30 anni iniziato in un localino di 10 metri quadri al centro di Roma. Siamo tre persone con la fedina musicale pulita che si sono ritrovate unite e in maniera sincera godono della condivisione musicale".
La musica contemporanea

Rappresentanti di un cantautorato che ha fatto la storia della musica italiana degli ultimi trent'anni, che rapporto hanno Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè con l'attuale scena musicale? "Per me non sono diversi i musicisti, sono i tempi che sono cambiati", spiega Gazzè. Noto che ci sono tanti giovani musicisti che stanno cercando di fare cose molto interessanti, ma gli spazi che hanno a disposizione sono diversi rispetto a quelli che avevamo noi. Il loro rischio è di rimanere emergenti a lungo. Ma credo anche che più avanza la musica 'posticcia' più c'è un'esigenza naturale nel voler ascoltare cose autentiche. Ogni forma di decadentismo implica un rinascimento. Le montagne esistono perché ci sono le vallate"_.

"Non sono d'accordo", ribatte Silvestri. "Questo è quello che vediamo e che vogliamo vedere. In parte creo anch'io ci sia una reazione inevitabile al posticcio, a tutto quello che è fin troppo facile, veloce e meno autentico. Però non ci si può neanche arrogare il diritto di definire cosa sia autentico o meno. C'è un linguaggio che è totalmente diverso dal nostro. Detto questo, se c'è stato qualcosa di un pochino vanaglorioso nel nostro approccio a quel concerto stava proprio nel voler mostrare a qualche ragazzino che quel modo di pensare la musica e condividere lo spazio con gli strumenti in mano ha un senso, paga, comunica e ha un futuro più lungo. Era la nostra ambizione".
"Siamo una generazione che corre il rischio di rapportarsi al contemporaneo in una maniera pericolosa", aggiunge Fabi. "Ci si può dividere fra un atteggiamento nostalgico o un amore spassionato per la contemporaneità. Da un punto di vista della percezione è vero che la sensazione di base è che viene narrata sempre la parte più visibile della musica giovane, quella che fa più scalpore perché crea un contrasto generazionale. Basti pensare a Tony Effe e l'autotune. Mentre in realtà la musica è molto più sfaccettata. La tecnologia ha dato la possibilità a tutti di esprimersi. È il limite e il vantaggio della democrazia. Non tutti hanno la stessa cosa da dire. In genere riconosco una mancanza del sogno nella scrittura. Sento molto realismo, una narrazione fotografica di quello che è la realtà molto simile all'ingresso dei social network fatto di testimonianze fotografiche e commenti molto brevi".
L'assenza di rivalità
La storia della musica è caratterizzata da grandi rivalità alimentate nel corso delle carriere degli artisti più disparati. Qualcosa che, però, non è parte dei protagonisti di Fabi Silvestri Gazzè - Un passo alla volta. "Il nostro credo sia un caso abbastanza speciale dal punto di vista della naturale complementarità dei nostri caratteri e del nostro linguaggio artistico che per una combinazione fortuita si incastra senza che nessuno di noi faccia sforzo nella narrazione, anche se abbiamo dei temi comuni", sottolinea Fabi.
"Credo però che ognuno di noi, senza una particolare forzatura, occupi una parte che l'altro non desidera occupare. E quindi il quadro che ne viene fuori è composito. Il cantante ha una forma mentale emotiva particolare e noi siamo molto poco cantanti. Nasciamo come musicisti e strumentisti e credo che nessuno di noi abbia la psicologia del cantante. Quello cioè che deve occupare il centro della scena. Quando Max canta i suoi pezzi non sto da una parte aspettando che finisca per poter cantare i miei. Mi diverto molto di più a suonare i suoi".
La pressione sui giovani artisti

Da Sangiovanni ad Angelina Mango sono molto i giovani artisti che negli ultimi hanno deciso di fermarsi per salvaguardare la loro salute mentale. "Questi ragazzi vivono in un sistema in cui i social network sanciscono quanti follower e quindi quanto successo hai", spiega Gazzè. "Molta gente non riesce a gestire bene questa pressione. È una situazione drammatica perché è limitata e limitante per molti artisti se non hanno quel riscontro social. Se non ci sei non esisti. La trovo una cosa raccapricciante. Sono fiducioso per le generazioni future, sono convinto ci sarà un aumento della coscienza degli esseri umani. E più aumenta la coscienza, più queste cose diventano piccole".
"Alcune delle storie recenti di qualche ragazzo che ha denunciato di non farcela sono molto diverse", sottolinea Silvestri. "Quando sei fragile, quando non hai costruito tanto e ti ritrovi sballottato in qualcosa di enorme c'è ovviamente una fragilità maggiore"-
"L'argomento mi tocca molto perché la fragilità dei ragazzi mi sembra evidente", chiosa Fabi. "I giovani cantanti sono ancora più esposti. Ci sono tanti di loro che a vent'anni passano dalla cameretta allo stadio Olimpico. Non può essere un'esperienza facile da digerire se non hai attorno a te delle persone sia a livello professionale che personale che ti sanno stare accanto".