Correva l'anno 2019, e la Sony Pictures lanciava un nuovo universo cinematografico in ottica horror, applicando il filtro del brivido al vero concetto della escape room, un luogo dal quale bisogna "fuggire" decifrando vari indizi. Un filtro che al pubblico evidentemente piacque: costato 9 milioni di dollari, il film incassò 155 milioni a livello globale solo al cinema, rendendo inevitabile l'approvazione del sequel, sempre con Adam Robitel alla regia, che arriva ora nelle nostre sale - motivo per cui state leggendo questa recensione di Escape Room 2: Gioco mortale - dopo aver debuttato in patria nel periodo estivo (con la scelta di non fare distribuzione ibrida, per un motivo molto particolare oltre alla filosofia del regista secondo la quale gli spaventi sono più efficaci se vissuti collettivamente nel buio della sala). Anche qui il successo c'è stato, seppure in misura minore a causa della situazione legata alla frequentazione dei cinema: al momento il film ha incassato poco meno di 50 milioni di dollari nel mondo (con un budget di 15 milioni), ma vari fattori suggeriscono che un terzo episodio sia già in cantiere.
Minos contro tutti
Escape Room 2: Gioco mortale inizia con il riassunto delle puntate precedenti, molto televisivamente, tramite materiale d'archivio che ci ricorda l'esperienza di Zoey, Ben e gli altri alle prese con le misteriose stanze mortali della Minos, e la voce narrante dell'ormai defunto Gamemaster che spiega il nostro innato gusto per lo spettacolo violento e la logica dei giochi, concepiti per il divertimento e le scommesse di clienti facoltosi (praticamente un incrocio fra il mondo di Saw - L'enigmista e quello di Hostel, in particolare il terzo capitolo ambientato nel Nevada, simbolo del gioco d'azzardo). Zoey è ancora determinata a farla pagare ai mandanti della partita di cui lei e Ben sono gli unici superstiti, e insieme i due si recano a New York per indagare sulla presunta sede della Minos. Inseguendo un borseggiatore si ritrovano in una carrozza della metropolitana insieme ad altre quattro persone, e si rendono presto conto di essere finiti in un'altra trappola: sono tutti vincitori di partite precedenti, e questo è il torneo dei campioni, come dice anche il titolo originale del film.
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Tutto è collegato
Il primo Escape Room era più una promessa intrigante che un film riuscito in sé, con qualche indizio su come espandere la storia e creare un nuovo franchise incentrato sull'ingegno umano e sulle macchinazioni di un'organizzazione dai fini sinistri. Difatti, il difetto più grande del capostipite era la scelta di sacrificare alla fine il potenziale villain ricorrente, anche se ucciderlo rientrava nella logica del film, con noi spettatori assetati di sangue esattamente come i clienti della Minos. Il sequel applica lo stesso criterio, con sequenze ancora più spettacolari che giustificano il prezzo del biglietto se si è appassionati di horror (con la doverosa postilla che, salvo Zoey e Ben, i personaggi vanno dal vacuo all'insopportabile). La Sony diventa l'avatar della Minos e noi quello dei clienti, all'interno di un perverso ed efficace meccanismo ludico che non rientra certo fra le esperienze horror imprescindibili di quest'anno, o meglio, lo fa ma per motivi che esulano dal ritrovare i brividi in sala (insieme a titoli della scuderia Universal come La notte del giudizio per sempre e Candyman).
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A rendere affascinante il gioco ideato da Robitel e dagli sceneggiatori, infatti, è la duplice natura del progetto, che si ricollega alla modalità di fruizione: negli Stati Uniti è ora disponibile la versione digitale del film, in attesa dell'edizione home video fisica che arriverà a breve, e la visione domestica dà l'opzione di una extended version che, pur durando solo qualche minuto in più, contiene quasi mezz'ora di materiale inedito, tra cui inizio e finale alternativo che cambiano in modo non indifferente la trama e contengono elementi ancora più interessanti in vista del futuro del franchise. E così l'invito a scoprire i nuovi intrighi della Minos in sala non è solo una visione romantica del luogo canonico per l'esperienza collettiva, ma anche e soprattutto la prima parte di una strategia che non si discosta più di tanto da quella del labirinto presente nel film: crediamo di esserne usciti una volta rientrati a casa, ma poi ci aspetta un altro inganno, simile ma non del tutto, che ci trascina nuovamente in un meccanismo che a questo punto ha tutte le carte in regola per non finire mai.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Escape Room 2: Gioco mortale, sottolineando come si tratti di un sequel ambizioso che aumenta il tasso di spettacolarità con l'intento di ampliare il franchise. Un'operazione riuscita a metà, poiché non è detto che la versione arrivata nelle sale sia quella più interessante sul piano puramente mitologico.
Perché ci piace
- Le sequenze ambientate nelle escape room sono molto ben realizzate.
- Gli spunti da franchise non sono privi di interesse...
Cosa non va
- ... ma l'esistenza di una versione diversa che arriverà solo in home video lascia sconcertati sulla direzione in cui andranno i capitoli successivi.
- I nuovi personaggi non sono particolarmente coinvolgenti.