Emily in Paris 4, la recensione della prima parte: tra cilché e fascino, una stagione all'insegna delle scelte

I nuovi episodi recuperano brio, ma sono anche inzuppati nei soliti cliché, mentre la serie si ricorda che dovrebbe parlare (anche) di comunicazione. In streaming su Netflix.

Lily Collins nell'immagine promozionale di Emily in Paris 4.

Due anni fa (all'inizio della terza stagione) ritrovavamo la protagonista di Emily in Paris alle prese con un'importante scelta professionale, divisa tra il suo ex capo a Chicago e la sua attuale dirigente nella capitale parigina. Alla fine, come quasi tutto nella sua vita, era stata quest'ultima a scegliere per lei, facendo innervosire non poco gli spettatori. Ora all'inizio della quarta stagione - divisa in due parti come oramai tutte le hit di Netflix, la seconda arriverà il 12 settembre - dopo gli sconvolgenti colpi di scena a ripetizione del finale del terzo ciclo, la ragazza deve fare i conti con quanto è successo e stavolta viene messa davanti ad un bivio sentimentale. Riuscirà a compiere una scelta almeno questa volta?

Questione di opzioni

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Emily in Paris: Lily Collins e Lucien Laviscount nella stagione 4

Camille (Camille Razat) e Gabriel (Lucas Bravo) non si sono sposati, lei è incinta di un figlio suo, Alfie (Lucien Laviscount) è convinto che tra lo chef e la giovane responsabile della comunicazione ci sia qualcosa di più di un'amicizia, anche mentre loro due stavano insieme. Mentre deve affrontare nuove crisi professionali, la nostra Emily a Parigi è chiamata a guardare dentro al proprio cuore e - per una volta, udite udite! - riuscirà a farvi chiarezza. Ovviamente questo non semplificherà l'allargamento dei problemi attorno a lei, semmai tutto il contrario, ma almeno darà ritmo e vivacità a questi nuovi episodi; aiuta anche il fatto che siano solamente cinque, nonostante alcuni sviluppi prevedibili e i soliti problemi che accompagnano oramai la scrittura di Darren Star.

Una Parigi sempre da cartolina nella serie Netflix

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I mitici outfit della protagonista non si smentiscono mai

Non cambiano i difetti di Emily in Paris, e forse sono solamente attenuati in questa prima parte di stagione. Dopo tre annate gli autori si ricordano dell'esistenza di TikTok nella comunicazione, che però ritorna maggiormente centrale nella vita della nostra protagonista vestita in modo sempre eccentrico e allo stesso tempo impeccabile - ricordando molto il lavoro fatto su Sarah Jessica Parker in Sex and the City. Uno dei motivi che l'ha resa un'icona della moda, e infatti guarda caso le due comedy al femminile hanno in comune lo stesso creatore. I personaggi hanno problemi economici eppure non mancano - con un pretesto o con un altro, come il fidanzato milionario di Mindy (Ashley Park) - di indossare sempre abiti firmati e recarsi in ristoranti prestigiosi.

A proposito di stelle Michelin, Gabriel continua il suo percorso per provare ad ottenerne una per il suo ristorante, mentre anche l'aspirante cantante insieme alla sua band fa di tutto per riuscire ad andare all'Eurovision. Non mancano come sempre gli stereotipi e cliché, come quelli che caratterizzano oramai Julien (Samuel Arnold) e Luc (Bruno Gouery), non mancano gli scorci da cartolina di una capitale francese sempre magica e piena di possibilità in cui tutti vorremmo vivere guardando lo show. E non manca l'atteggiamento a volte fastidioso della protagonista a cui però Lily Collins dona tutta la propria dolcezza.

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Emily in Paris: comunicazione e attualità

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Quella di Sylvie è l'altra storyline più convincente di questa prima parte di stagione

Come dicevamo, in quest'avvincente incipit del quarto capitolo della comedy Netflix (criticata ma che non possiamo smettere di guardare), gli autori si ricordano della parte comunicativa, ovvero il lavoro di Emily, divisa tra presentazioni esclusive, promozioni a livello marketing, campagne social e coinvolgimento di influencer per photo opportunity. Parallelamente si tratta un argomento molto attuale - inserito se vogliamo con un certo ritardo ma che purtroppo non passa mai di moda - ovvero quello di un ambiente di lavoro sessista e tossico da denunciare, in cui si ritroverà coinvolta Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu), costretta anche lei a compiere un'importante scelta di carriera e visibilità, che potrebbe colpire anche il marito e la propria agenzia, l'Agence Grateau, che si sta ancora facendo largo nella competitiva scena parigina. Insomma le carriere di molti saranno a rischio in questi cinque episodi. Una svolta che permette al serial di parlare anche di salto generazionale, ovvero di come padre e figlio possono affrontare in modo diverso una situazione scomoda e potenzialmente legale, e mostrare che il cambiamento in un'azienda può esistere e attuarsi, se dietro c'è una vera volontà.

Conclusioni

La prima parte della quarta stagione di Emily in Paris su Netflix torna più frizzante della precedente, permettendo finalmente alla protagonista di fare una scelta chiara almeno in campo sentimentale, senza continuare con inutili e (dopo un po’) noiosi tira e molla. Si dà così opportunità ai personaggi di crescere un minimo e ritornare agli argomenti che avevano caratterizzato il ciclo inaugurale della serie: la comunicazione e l’attualità. Nuovi segreti e colpi di scena attendono Emily in vista della seconda parte, che già sappiamo sarà ambientata in Italia.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • La scelta di Emily e le sue implicazioni in campo sentimentale.
  • La storyline di Sylvie collegata a quella di Mindy (non in campo musicale).
  • Il rimettere un po’ più al centro il lavoro della protagonista.

Cosa non va

  • Quelli di sempre: cliché, stereotipi, poco approfondimento dei personaggi, una Parigi sempre impeccabile.
  • Si parla di problemi economici ma non si vedono mai per davvero.
  • Il finale è prevedibile.