Surreale, macchiettistico e grottesco. Come quell'incontro improbabile che sarebbe stato consegnato alla storia dall'unico scatto ufficiale custodito gelosamente negli archivi di stato statunitensi e che avrebbe segnato la fine del sogno americano così come era stato concepito fino a quel momento. Era il 21 dicembre 1970 e quella stretta di mano tra il presidente Richard Nixon e la leggenda del Rock 'n' Roll Elvis Presley, entrava prepotentemente nella memoria storica di un paese che di lì a poco avrebbe rivelato le sue profonde contraddizioni.
Un momento iconico e nello stesso tempo bizzarro, come il film Elvis & Nixon che ripercorre le 36 ore precedenti quell'incontro fortemente voluto da Elvis tanto da scrivere una lettera di sua pugno, precipitarsi senza preavviso davanti alla porta della Casa Bianca e convincere le guardie a consegnarla al presidente. Una lettera in cui chiedeva a Nixon di essere ricevuto nello Studio Ovale ed essere nominato agente federale sotto copertura; già, il Re doveva avere una vera e propria ossessione per il distintivo del Bureau of Narcotics and Dangerous Drugs, insieme a quella per le sue pistole da cui non si separava mai. Neanche quando in compagnia dell'amico fedele Jerry Schilling riuscì a mettere piede alla Casa Bianca presentandosi al presidente con una Colt calibro 45 automatica della seconda guerra mondiale.
Signor Presidente, innanzi tutto vorrei presentarmi, sono Elvis Presley, l'ammiro, ho molto rispetto per la sua carica e vorrei diventare un agente segreto del governo!
Tutto vero e minuziosamente documentato dagli appunti del consigliere di Nixon Egil 'Bud' Krogh e dal libro di memorie di Schilling "Me and a guy named Elvis", due fonti necessarie allo sviluppo della storia. Liza Johnson, qui al suo terzo film - il primo a essere distribuito in Italia con buona pace dei suoi lavori precedenti Returne Hateship Loveship - ricostruisce con dovizia di particolari quel confronto, ma senza velleità documentaristiche: la regista preferisce infatti affidare i toni della narrazione alla commedia e ad un ritratto straordinariamente pop.
Elvis vs Nixon: il match
Il resto lo fanno gli interpreti di questo scontro ai vertici, Michael Shannon e Kevin Spacey, titanici nello sforzo di restituire un'immagine inedita di Elvis e Nixon, che soli in una stanza si studiano a distanza, condividono preoccupazioni comuni per le nuove generazioni deviate dalle droghe e da quegli "antiamericani" dei Beatles, si incalzano a vicenda e capitolano in un comico abbraccio finale.
Lo Studio Ovale diventa un'arena immaginaria, il ring deputato allo sfoggio del talento attoriale; Shannon e Spacey non si sottraggono, anzi cavalcano l'occasione regalando una delle sequenze più divertenti e significative del film: sono loro a dettare tempi e ritmi comici, infilando una battuta dopo l'altra. "Mi infiltrerò nei gruppi rock per fare la spia, passerò da un gruppo all'altro e poi li spezzo" dirà Elvis/Shannon addobbato con tanto di collane d'oro, occhiali scuri e giacca di velluto nero, al presidente Nixon che qualche minuto dopo avrebbe barattato il distintivo di agente della narcotici con un autografo per la figlia ventenne, non senza aver urlato prima a uno dei suoi consiglieri: "Il leader del mondo libero che prende ordini da una studentessa di venti anni".
Oltre la leggenda
Elvis & Nixon si regge sulla loro perfomance fisica capace di scoprire l'infinita fragilità umana, i vezzi e le ossessioni di due figure iconiche,
cristallizzate nell'immaginario collettivo, l'una come il leader paranoico e rancoroso dello scandalo Watergate, l'altro come il ribelle del Rock.
Qui un ingobbito Kevin Spacey e un biascicante Michael Shannon con un marcato accento del sud ne restituiscono gesti e debolezze, facendo appello al buffo che rispolvera ad ogni siparietto sfumature altrimenti irraccontabili.
Ambedue manipolatori e anticomunisti, entrambi immortalati a scoprire molti più aspetti in comune di quanto pensassero, due maschere che per mezz'ora si sarebbero guardate e parlate misurando ogni mossa, salvo alla fine contravvenire ad ogni protocollo - almeno secondo le cronache del tempo.
Ed in chiusura, sui titoli di coda e su quell' unica immagine che li ritrae mentre si scambiano una cordiale stretta di mano, riecheggeranno le parole di Elvis all'inizio del film: "Esisterebbe un Elvis se questo fosse stato un paese comunista?".
Movieplayer.it
3.0/5