"Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita": Ella e John, sposati da decenni, hanno preso seriamente la promessa fatta. Quando la malattia di lui, affetto da Alzheimer, rischia di separarli, i compagni di una vita prendono il loro camper, battezzato The Leisure Seeker, e scappano alla volta del museo di Ernest Hemingway, in Florida.
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Ispirato al romanzo In viaggio contromano di Michael Zadoorian, Ella & John - The Leisure Seeker, presentato in concorso alla 74esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, nelle sale italiane dal 18 gennaio, segna l'esordio americano di Paolo Virzì, che ha girato il film negli Stati Uniti dirigendo una coppia di protagonisti eccezionali, i premi Oscar Helen Mirren e Donald Sutherland.
Abbiamo incontrato il regista a Milano, dove ci ha parlato della sua esperienza a stelle e strisce: "Il metodo di lavoro dell'American Movie Industry è più rigido, più sindacalizzato, tutti seguono gli schedule. Noi siamo più flessibili, più pronti all'improvvisazione, a cambiare programma. Il metodo di lavorazione che è venuto fuori è meticcio: ho imparato ad apprezzare molto la straordinaria serietà dei bravissimi professionisti americani, che prendono davvero sul serio il cinema, non come noi, che sentiamo sempre in sottofondo la sensazione di stare facendo un gioco, una mascalzonata. Gli americani sul set vanno in battaglia, come se dovessero conquistare il Vietnam, e non come guerriglia, ma da esercito organizzato e addestrato".
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"Puoi dire di amare davvero una persona se l'hai anche odiata profondamente"
Il rapporto tra i due protagonisti è commovente e fa pensare a quanto bisogna lottare ogni giorno per far durare una relazione per tutta la vita: "È un mistero che mi affascina: per questo l'ho raccontato. Non si tratta di un idillio: un grande amore, soprattutto se dura tutta la vita, è fatto anche di ombre, di sfide, di litigate continue, di insofferenza, di mancanze, di recriminazioni, di ossessioni... un amore non è una canzonetta lieta: è un romanzo tumultuoso, è la conquista, la perdita, la riconquista, il ritrovarsi, il sentirsi distanti e vicini. È la devozione, il prendersi cura, ma è anche il detestarsi: puoi dire di amare davvero una persona se l'hai anche odiata profondamente".
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Lacrime e libertà
La pellicola di Virzì fa ridere e piangere, come gran parte della sua opera: qual è quel film che invece, puntualmente, fa commuovere il regista? "Voglia di tenerezza" ci ha risposto senza alcun dubbio, proseguendo: "C'è una scena in cui Debra Winger fa entrare i figli per salutarli, lei è malata di cancro, e si trucca per farsi vedere carina. Dei due figli il più piccolo ha voglia di abbracciarla e di piangere, mentre il più grande è orgoglioso e la respinge. Quando vedo quella scena, è matematico, non riesco a non piangere: se la guardo la guardo da solo, sennò devo correre in bagno".
Alla fine del film viene voglia di abbracciare i propri genitori o i propri nonni: dovremmo farlo più spesso se ne abbiamo ancora la possibilità? "Il film suggerisce anche l'idea di lasciarli liberi, di non pretendere da loro, specie se sono i genitori, un'attenzione continua: è una forma di egoismo pretendere che si dedichino a te per tutta la vita. Bisogna lasciarli liberi di sbagliare, di essere incoscienti, di essere anche matti. Quindi sì, bisogna abbracciarli, ma volergli bene tanto da lasciarli andare".
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