Che cos'è un regista? Un regista è uno a cui vengono fatte in continuazione domande, domande su qualsiasi cosa. A volte lui sa la risposta, a volte no.
Una strada di Nizza, in pieno giorno, con la gente che percorre il marciapiede, porta a spasso i cani, entra ed esce dal sottopassaggio della metropolitana. All'improvviso, un ragazzo si para di fronte un uomo più maturo e gli assesta un (falso) schiaffo sul volto. Lo Stop! del regista interrompe di colpo questo intero minuto in piano sequenza, in cui sembrano affrontarsi due istanze diametralmente opposte: la riproduzione del reale e l'enfasi della finizione, il cinéma vérité e il melodramma. La scena d'apertura di Effetto notte, preceduta dal cartello che rende omaggio a Dorothy e Lillian Gish, non costituisce soltanto un esempio paradigmatico di metacinema, in cui a segnare l'incipit del (vero) film è il ciak di un (fittizio) regista, ma per certi versi sintetizza la poetica di François Truffaut a quattordici anni di distanza dal suo debutto: le riprese en plein air, volte a cogliere la quotidianità dei luoghi e della gente comune, e l'irruzione esplosiva delle passioni che travolgono personaggi dominati dall'amour fou.
Se all'epoca de I 400 colpi, la sua rivoluzionaria opera d'esordio, François Truffaut era il giovane regista incendiario pronto a fare a pezzi i canoni tradizionali in virtù dei principi della Nouvelle Vague, in Effetto notte è Truffaut stesso a dichiarare, con una vena di rammarico, che "scompare tutta un'epoca del cinema: i film si gireranno per le strade, senza divi e senza copione. Non si faranno più film come Vi presento Pamela". Vi presento Pamela è il titolo del "film nel film" che Ferrand, interpretato appunto da Truffaut, ha l'arduo compito di girare a Nizza nell'arco di sette settimane di lavorazione, in una corsa contro il tempo che deve tener conto di piccoli e grandi imprevisti: una storia di amori proibiti - nello specifico, quello fra la Pamela del titolo e il padre di suo marito - in cui pare riflettersi l'inclinazione di Truffaut per il melodramma e per le tragiche passioni narrate in pellicole quali Jules e Jim, La calda amante e Le due inglesi.
I "treni nella notte" di François Truffaut
Scritto da François Truffaut insieme a Jean-Louis Richard e Suzanne Schiffman, Effetto notte viene presentato il 14 maggio 1973 al Festival di Cannes, fuori concorso, per poi approdare dieci giorni più tardi nelle sale francesi, mentre il 7 settembre viene distribuito in Italia. Sull'onda del diffuso entusiasmo europeo, Effetto notte si rivelerà un successo anche negli Stati Uniti, dove ottiene il premio Oscar come miglior film straniero su un totale di quattro nomination. Un plebiscito legato probabilmente, oltre alla grazia narrativa dell'opera, al senso di affetto e di partecipazione con cui Truffaut mette in scena il "mestiere del cinema", con uno sguardo che abbraccia tutte le diverse professioni di cui si compone la vita su un set: i divi, senz'altro, ma pure la troupe, gli assistenti di ogni ordine e grado e tutti i membri di un microcosmo ritratto nella sua ordinarietà spesso frenetica, in un sapiente equilibrio fra leggerezza e dramma.
I 400 colpi: François Truffaut e la "nuova onda" del cinema
Ferrand, alter ego di François Truffaut, paragona i film a "treni nella notte" e sogna (in bianco e nero) di essere un bambino che, nottetempo, ruba delle fotografie di Quarto potere di Orson Welles dalla vetrina di un negozio. Ma questo suo romanticismo cinefilo convive con l'ineluttabile pragmatismo di chi ha il compito di mandare avanti il treno, trovando la soluzione per aggirare gli ostacoli: si tratti di un gatto che non vuole saperne di bere da una scodella di latte o della morte di un attore, due eventi che, nell'economia delle riprese, assumono la medesima rilevanza. Il titolo stesso, La Nuit américaine, deriva dall'espediente usato per filtrare la luce in modo da ricreare un'ambientazione notturna (l'effetto notte, per l'appunto); a sostenere le ragioni dell'arte sono dunque gli strumenti di una sorta di 'artigianato', in una routine da cui scaturisce il potere immaginifico del cinema, ma sempre facendo i conti con le difficoltà del caso. In fondo, commenta Ferrand, "La lavorazione di un film somiglia al percorso di una diligenza nel Far West: all'inizio uno spera di fare un bel viaggio, poi comincia a domandarsi se arriverà a destinazione".
Un grande film sull'amore per il cinema
Rispetto al Federico Fellini di 8½, altro supremo esempio di affresco metacinematografico, in cui però la dimensione autobiografica sovrasta tutto il film, il François Truffaut di Effetto notte fa leva su un approccio corale che tenta di restituire il fattore umano nella sua complessità, talvolta anche contraddittoria o vagamente ridicola. È il caso di Alphonse, il giovane e umorale attore di Vi presento Pamela, che ha il volto del fedelissimo Jean-Pierre Léaud: innamorato della segretaria di produzione Liliane (Dani), al tradimento della ragazza Alphonse si tufferà fra le braccia della sua co-protagonista, la diva inglese Julie Baker, ruolo affidato da Truffaut all'eleganza leggiadra di Jacqueline Bisset. E Julie, a cui spetta il compito di interpretare la volubile Pamela, a sua volta cela fragilità e inquietudini che riecheggiano quelle del suo personaggio; l'opposto della Joëlle di Nathalie Baye, l'assistente-tuttofare di Ferrand, che anziché i turbamenti dell'animo ha il compito di risolvere problemi ben più immediati.
L'amore e il cinema: ricordando François Truffaut nel trentennale dalla scomparsa
Ma la prospettiva di François Truffaut sugli attori, per quanto venata di ironia, non scivola mai nel sarcasmo o nella satira; in fondo, Alphonse e Julie cercano nella finzione dell'arte delle risposte sulla verità dei propri sentimenti. Ed è un'analoga, bonaria tenerezza quella riservata a Séverine, diva di mezza età con problemi a memorizzare le battute e a distinguere una porta da un armadio: una figura tratteggiata con temperato istrionismo da una splendida Valentina Cortese, candidata all'Oscar come miglior attrice supporter. Se in generale Effetto notte è un film attraversato da una straordinaria levità, perfino quando si tratta di confrontarsi con la morte, in esso non c'è spazio per il cinismo: troppo alto è il rispetto di Truffaut per l'oggetto del proprio racconto, e troppo profondo l'attaccamento al mondo di cui fa parte e a cui dedica una delle più belle "lettere d'amore" che siano mai state scritte su pellicola.