Uno sguardo poetico sul tema dei migranti in un'opera prima fuori dai canoni, come evidenzia a nostra recensione di Easy Living - La vita facile. Ancora due fratelli intenti a svecchiare la produzione italiana: dopo i gemelli D'Innocenzo, col loro gusto grottesco e surreale, e dopo i De Serio, e il loro rigore neorealista, ecco i cosmopoliti Orso e Peter Miyakawa, cresciuti tra Torino, Milano e Tokyo e formatisi negli Stati Uniti. I due cineasti, alla loro prima prova sul lungometraggio, affidano al fratello minore James Miyakawa il ruolo di sguardo narrante della vicenda che vede un migrante speranzoso di nome Elvis, un maestro di tennis amante del sesso e una bella contrabbandiera uniti in un improbabile triangolo (non amoroso).
Il topos dello sguardo infantile e adolescenziale funge da motore della vicenda che affronta con tono leggero e piacevole un tema delicato come quello dei migranti che cercano di passare il confine tra Italia e Francia. Lo scanzonato Elvis aspetta con pazienza l'occasione per lasciare Ventimiglia e recarsi a Parigi per riunirsi alla moglie incinta. Elvis è una conoscenza di Camilla, che sbarca il lunario trasportando alcool e farmaci di contrabbando dalla Francia all'Italia e che stavolta è costretta a portare con sé il fratellino Brando, il quale prende subito a cuore il dramma di Elvis. E poi c'è Don, aitante maestro di tennis americano che ama sedurre le sue ricche allieve finché non rimane abbagliato dalla bionda Camilla.
Una commedia atipica che cerca una voce differente per dire la sua sul presente
Easy Living - La vita facile va in cerca di un linguaggio inedito per affrontare un tema drammatico. La pellicola si prende il tempo necessario per costruire le sue premesse giocando con lo spettatore che, per tutta la prima parte del film, pensa di trovarsi di fronte a un'astrusa commedia popolata da buffi personaggi. A tratti, sembra di assistere a una moderna slapstick comedy. Don, in particolare, col suo improbabile italiano, la sua goffaggine che sfiora il ridicolo quando si pavoneggia sul campo da tennis sembra una macchietta. Le gag piazzate qua e là, l'ironia garbata, il tono surreale sono figli della mescolanza culturale, ribadita dalle numerose lingue usate nel film che passa dall'improbabile italiano-americano di Don al francese zoppicante parlato oltre frontiera.
Di fronte ad adulti pasticcioni, confusionari, incapaci di fare ordine nelle proprie esistenze, lo sguardo della gioventù si conferma puro e limpido. Brando sorride bonariamente chiudendo un occhio sui traffici illegali della sorella o sui maldestri tentativi di corteggiamento di Don. Sarà proprio lui a far aprire gli occhi agli adulti, a impedir loro di disinteressarsi del dramma di Elvis arrivando a convincerli a sfidare la legge per aiutarlo a passare la frontiera. Il tutto senza mai rinunciare alla leggerezza, che rimane il tono dominante del film.
Un finale aperto praticamente perfetto
Al netto di qualche sbavatura nello script e nella recitazione, Easy Living - La vita facile trasuda simpatia. Lo scopo del film, veicolare un messaggio di ottimismo, altruismo e coraggio, ci invita a chiudere un occhio sulle incertezze. L'invito a prendersi cura del prossimo anche a costo di rischiare in prima persona, ma sempre col sorriso sulle labbra, ci mette il buon umore. In fin dei conti bisogna essere degli eroi per salvare il mondo, tutt'altro, basta un piccolo gesto che, seppur nella nostra imperfezione ci renderà migliori (per poco). Easy Living fa tesoro di questo assunto. Dopo una partenza incerta la pellicola cresce fino a regalare allo spettatore un emozionante climax seguito da un finale aperto praticamente perfetto.
Conclusioni
La recensione di Easy Living – La vita facile mette in luce le buone qualità di un'opera prima che, nonostante qualche incertezza, si propone come esempio edificante per trattare con leggerezza i drammi del nostro presente. Con dinamiche che strizzano l'occhio alla moderna slapstick, il film racconta di un curioso triangolo che si riunisce per aiutare un migrante speranzoso a passare il confine. Il punto di vista è affidato all'adolescente Brando, ribadendo ancora una volta che i ragazzini sanno essere più saggi e lucidi degli adulti. Il finale aperto è il giusto coronamento di una vicenda a suo modo edificante.
Perché ci piace
- Pellicola vivace, edificante, che tenta una nuova via nel panorama asfittico della commedia italiana contemporanea.
- Si propone di toccare un tema importante come la sorte dei migranti, ma lo fa senza mai indulgere nel pietismo.
- I toni delicati e garbati veicolano un messaggio positivo, rafforzato dall'afflato multiculturale che si respira nel film.
Cosa non va
- Tante le incertezze a livello stilistico, narrativo e soprattutto nella recitazione. A tratti i personaggi sembrano esili marionette.
- La prima parte tarda a svelare dove vuole andare a parare.