È stata presentata Pescara E poi il silenzio - Il disastro di Rigopiano, la docuserie di Sky Italia, Sky TG24 e Chora Media in onda il 20, 21 e 22, il più vicino possibile ai luoghi che sono stati teatro della tragica vicenda che ha portato alla morte di ventinove persone rimaste sepolte da una valanga insieme alle macerie dell'Hotel Gran Sasso. La conferenza e la serata dedicata alla premiere dei primi episodi sono stati momenti preziosi sia per rendersi conto del lungo lavoro dietro questo titolo, sia per comprendere un po' di più la vicenda e tutti quegli elementi che decenni fa hanno messo in moto una catena di eventi che hanno portato al tragico epilogo. Davanti ai giornalisti, infatti, c'erano Pablo Trincia, Debora Camanella e Paolo Negro, insieme ai superstiti e ai parenti delle vittime.
E poi il silenzio: la necessità di raccontare lo stato emotivo
"Puntavamo molto sulla partecipazione emotiva, specialmente nella prima parte. Volevamo raccontare questa storia dal punto di vista umano: è una storia di famiglie spezzate, di legami spezzati. In quell'hotel potevamo esserci noi, potevate esserci voi, chiunque. Questa è una storia di persone e quelle persone devono avere voce." Così esordisce Pablo Trincia durante l'incontro stampa aggiungendo poi: "Bisogna semplicemente ricordarsi che all'interno di un racconto lo stato d'animo delle persone va sempre raccontato, perché è parte di quello che accade, parte della storia e quindi anche i sentimenti di ansia, di paura, di dolore, sono qualcosa che va inserito."
Trincia racconta anche come è nata l'idea di indagare e raccontare la vicenda di Rigopiano: "È stata una chiamata. Ci è arrivata dal pubblico: dopo il racconto della concordia molti hanno cominciato a scriverci chiedendo di occuparci del caso. Molti anche non abruzzesi, ne avevano sentito un racconto frammentario e quindi siamo venuti incontro ad un'esigenza degli ascoltatori"
Proiettare le immagini sulle macerie
Ne avevamo parlato anche nella recensione di come alcune scelte di regia interessanti abbiano caratterizzato la docuserie. Paolo Negro, regista, ha infatti sottolineato come alcuni elementi introdotti avessero il preciso scopo di far sentire l'esigenza di giustizia per le vittime, in modo particolare la scelta di proiettare alcune immagini sulle superfici rimaste della struttura: "Guardando i video girati dagli occupanti dell'hotel mi sono accorto di una cosa piuttosto banale: chi fa i selfie guarda e parla in macchina. È banale, certo, ma vedere quel tipo di video di persone che non ci sono più mi ha turbato. Quelle immagini rientrano nelle categorie del fantasma: persone che tornano negli stessi luoghi e chiedono giustizia. Mi è sembrato necessario e utile proiettarle lì, in quel luogo che per loro è stato l'ultimo abitato. Vederli di nuovo lì mi è sembrato una atto dovuto e necessario anche per il loro bisogno di giustizia."
La mancata giustizia
A far sentire la propria voce anche i sopravvissuti al disastro: donne e uomini che hanno vissuto un'esperienza oltremodo traumatica e che allo stesso tempo hanno perso delle persone care. Le vicende giudiziarie legate alla tragedia non sono ancora concluse ma le sentenze per ora emesse non hanno portato di certo a condanne esemplari. Giampaolo Matrone, estratto dalle macerie dopo 62 ore, è stato chiaro: "La settimana prossima ci sarà la sentenza di cassazione e non so cosa aspettarmi, se confermeranno ciò che è stato fatto fino ad ora no, non è stata fatta giustizia. Se si ribalterà la sentenza, invece, sarà un percorso lungo che forse andrà in prescrizione. Nessuno pagherà, questa è la nota più dolente."
Marco Foresta, che ha perso entrambi i genitori in questa tragedia sembra concordare con Matrone: "Non sento che su Rigopiano sia stata fatta giustizia e sono convinto che tra una settimana in cassazione non cambierà nulla. Abbiamo lottato contro i mulini a vento. La nostra idea di giustizia ora è far sapere ciò che realmente è accaduto e ciò che abbiamo passato."