E la chiamano Estate: Paolo Franchi parla del suo film

Una chiacchierata esclusiva con il regista del film, che ci ha parlato sia degli aspetti tecnici e narrativi del suo ultimo lavoro, dei paragoni con 'Shame' e del confronto con la stampa: 'Ai festival italiani non metterò più piede'.

Al suo debutto in sala, il nuovo film di Paolo Franchi arriva preceduto dalle controversie e dai riconoscimenti che hanno caratterizzato la sua presentazione al settimo Festival di Roma. Il confronto tra il regista e la critica già non era stato dei più sereni, e si è fatto ancora più acceso quando al film sono stati attribuiti due riconoscimenti importanti, per la regia e per l'interpretazione di Isabella Ferrari. Abbiamo fatto una chiacchierata con Franchi per parlare con lui di quello che è successo a Roma, ma soprattutto degli aspetti tecnici e narrativi del suo E la chiamano estate, e sui paragoni con altre opere che affrontano il tema della sessualità compulsiva. Ci ha parlato della struttura del film, della fotografia e di altri aspetti del suo ultimo lavoro.

E la chiamano estate si caratterizza per alcune scelte cromatiche molto ricercate, in particolare l'utilizzo di un bianco acceso e accecante in alcune sequenze. Che ruolo simbolico assume la fotografia nel suo film? E come ha lavorato dal punto di vista tecnico?
Il bianco è l'unione di tutti i colori, l'utilizzo accecante appositamente così, molto luminoso e in contrasto con altre parti del film che sono più livide e scure. Rappresenta anche un po' il contrasto del protagonista.

Un altro aspetto caratteristico è l'utilizzo di una narrazione non lineare, in cui la storia del protagonista viene raccontata in flashback, e dove le reiterazioni di una stessa sequenza (come quella della lettera) assumono un significato particolare. Da cosa deriva questa scelta? C'è forse un'analogia tra il pensiero frammentato e contorto del personaggio di Dino e questa specifica modalità di racconto?
La struttura circolare della narrazione ci sembrava molto interessante, come un album di foto un po' disordinato, come un rebus. La reiterazione della lettera rispecchia il lato ossessivo del personaggio. In fondo se ci pensate quando scriviamo una lettera ci pensiamo molto prima, e spesso la rileggiamo molte volte.

Si è scelto volutamente di non descrivere il background di Dino, lasciando deliberatamente privo di spiegazioni e di motivazioni il suo comportamento, con la sola accezione di alcune fotografie che rivelano piccoli tratti del suo passato. Come mai ha scelto questa via così particolare per delineare il suo protagonista?
Sì, è stato fatto per lasciare libero lo spettatore di considerere Dino non un personaggio "realistico" ma il tramite, il simbolo di una relazione.

Sotto alcuni aspetti la vicenda raccontata in E la chiamano estate richiama quella vissuta dal protagonista di Shame di Steve McQueen. Lei ha avuto modo di vedere questo film durante la lavorazione, e magari ha rappresentato per lei una fonte di ispirazione? Se così non è stato, ci sono delle opere cui ha fatto riferimento? Shame è stato presentato a Venezia mentre noi stavamo girando. Questo copione io l'ho scritto nel 2009 e ho visto Shame dopo avere montato il mio film. A dire il vero non ho trovato tante analogie perchè Shame è un racconto lineare e classico, è una storia di una solitudine e di un incesto. Con la mia storia c'è in comune solo l'ossessività e compulsività sessuale però come tema e linguaggio verte in tuttaltra direzione. Mi sono ispirato a un certo cinema anni '60 italiano e francese.

La presentazione del suo film al Festival di Roma ha movimentato la kermesse, soprattutto per il confronto che c'è stato tra lei e la critica, che non ha accolto positivamente il film, che però è stato premiato con due riconoscimenti importanti. Ritiene che questo scontro influenzerà in qualche modo le sue produzioni future, o il modo in cui deciderà di presentarle?
Il modo in cui deciderò di presentarlo sicuramente, ai festival in Italia non metterò più piede.

A suscitare particolare clamore, sono state le sequenze in cui Isabella Ferrari appare nuda, tanto che poi l'attrice è stata persino oggetto di contestazioni quando ha ricevuto il premio per la sua interpretazione. Possibile che al giorno d'oggi un nudo possa suscitare tanto scalpore, o secondo lei gli attacchi all'attrice erano motivati da altre questioni?
Erano motivate da profondissima maleducazione e ignoranza, episodi come questo mi fanno vergognare di essere italiano. Se fosse stato un film straniero la reazione sarebbe stata diversa.