Recensione Perdona e dimentica (2009)

Ancora una potente riflessione di Todd Solondz sui nostri tempi, che resta spietato ma trasuda anche una necessaria dolcezza.

E' giunta l'era del perdono

Undici anni fa il New Jersey testimoniò l'amara demolizione della famiglia Jordan, folto gruppo di anime in pena alla ricerca di una felicità impossibile, le cui vite finirono inevitabilmente corrose dallo squallore dell'età contemporanea e della sua quotidianità. Todd Haynes le ritrasse in un film intitolato beffardamente Happiness - Felicità, e da allora i personaggi hanno cominciato a vivere di vita propria: i volti sono cambiati, come in un disperato tentativo di rimuovere il passato fin dal proprio corpo, così come il New Jersey si è cercato tenacemente di confinarlo nell'oblio. La vergogna e la disperazione come macchie da lavar via. Oggi Solondz riprende in mano le redini di quelle storie e le trasferisce in un altro sobborgo, tra le palme della Florida, in un ambiente che risplende di un'intensa luminosità e di colori accesi che vanno ad infiammare la resa dei conti di quelle figure col proprio passato.

Insieme al suo predecessore, Life During Wartime è un'opera che si consegna al cinema come vero e proprio patrimonio, perché racconta i nostri tempi e lo fa nel solo stile possibile, quello di una brillante, intelligente black comedy che sostituisce alla cattiveria del passato un'inedita audacia che spinge i protagonisti verso il superamento di ciò che stato, verso un cambiamento che dopo il dolore è forse oggi divenuto possibile. E il punto di partenza non può che essere il confronto col padre: la distanza che si cerca di ricucire tra il pedofilo appena uscito di galera e i suoi figli, in quella disperata ricerca di un motivo che giustifichi il perdono, è senza dubbio l'intuizione più illuminante e commovente di un film che non perde mai mordente nei dialoghi, ancora significativi e ricchi di quell'umorismo nero proprio solo dei geni come Todd Solondz. Nel cinema corale artico del regista del New Jersey lo scontro tra diverse generazioni è una tappa obbligata e qui diventa il cuore dell'opera: il ragazzino vuole capire dove ha sbagliato il padre perché ha bisogno di perdonarlo; e questi ha bisogno di assicurarsi che il figlio più grande non sia diventato un mostro come lui, l'unica possibilità per perdonarsi.

Morte, oblio, perdono, questi i temi principali di Life During Wartime, ricamati sullo schermo in maniera elegante, apparentemente glaciale, mai urlata, riuscendo così ad annodare una smorfia di amarezza ad ogni sorriso strappato dall'originalità di dialoghi e situazioni. Grazie anche alle potenzialità di quel meraviglioso giocattolo che è la camera RED, Solondz può schiudere la sua regia, far parlare gli ambienti continuando ad avvolgere i personaggi, e può permettersi di aprire parentesi visionarie nelle quali si torna a fare i conti col dolore del passato: dimenticare, ricominciare a ricordare, perdonare. Le lacrime che continuano a scorrere sul volto di Joy hanno bisogno ora di trovare sollievo e l'unico modo per asciugarle è un confronto sempre aperto coi propri fantasmi. Solondz universalizza il suo discorso, superando i limiti identitari dei personaggi interpretati ora da attori diversi, perché ciò di cui parla sono quelle cose con le quali tutti noi siamo costretti a confrontarci. Ancora una potente riflessione sui nostri tempi da parte di Solondz, che resta spietato ma trasuda anche una necessaria dolcezza. E' anche grazie a simili opere che siamo in grado di conoscere meglio noi stessi.